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TORINO ALWAYS ON THE MOVE: STIAMO LAVORANDO ALLA PROSSIMA CRISI

"Andiam a lavorar...". CasTorino, icona della Torino che non stava mai ferma. Ora abita con le nutrie nel Po, ma Torino è always in the move
A pensarci su, quest'ultima minchiata del Salone del Libro non è proprio tanto tanto innocua. Sul subito, forte del mio innato ottimismo, ho pensato che se il Comune si chiama fuori e l'organizzazione ricade per intero sulle spalle del Circolo non muore nessuno. A parte, magari, quelli del Circolo che dovranno cantare e portar la croce.
Però, riflettendoci meglio, mi sono invece convinto che 'sta trovata - ammesso e non concesso che nell'immediato funzioni - in realtà spalanca affascinanti prospettive di disastro sul medio periodo.
Mi spiego.
La Regione, tramite il Circolo dei Lettori, organizzerà la prossima edizione. Il Comune ha rinunciato a qualsiasi partecipazione che non sia il puro sostegno finanziario. E fin qui, ci arrivo. 

Calcolo e consapevolezza

Ma mi sono convinto che alla base del forfait del Comune, in apparenza autolesionistica, non ci stia soltanto l'acclarato impaccio dell'amministrazione civica nel gestire i sistemi complessi. Un impaccio, peraltro, che trova ennesima conferma anche in queste ore.
Eppure secondo me c'è altro. C'è anche un calcolo politico. Magari cinico. Come ogni calcolo politico deve essere, per sua natura.

La cultura non porta voti

Chiarabella ha capito che il Salone le procurava soltanto grane, e nessun vantaggio. Lei ha superato la convinzione - tutta novecentesca e alla quale si adegua tuttora il Chiampa pur con evidente scetticismo - che il controllo delle politiche culturali renda in termini di consenso. I fatti dimostrano che non è vero: la cultura non porta voti. Ne sa qualcosa Fassino, che sulla cultura aveva impostato la sua propaganda elettorale, con i noti risultati. E qualcuno ricorda un assessore alla Cultura - anche meritevole - che sia riuscito a farsi rieleggere?
Dunque, pragmaticamente e senza rimpianti Chiarabella ha mollato al Chiampa la patata bollente del Salone.
Il disimpegno del Comune comporta però un rischio nel futuro prossimo.

Non dubito che, se i nostri zuavi riusciranno a non combinare altri casini, il Salone potrà sopravvivere in questa nuova condizione finché la Regione ci crederà. L'edizione 2019, almeno, non dovrebbe incappare in sciagure esorbitanti; benché l'ingegno dei nostri zuavi nel procacciarci gratuiti martellamenti dei coglioni mi abbia più volte sorpreso.

Il Circolo e le elezioni

Però nel 2019, dopo il Salone, ci saranno le elezioni regionali. Ed è possibile che pure chi le vincerà consideri il Salone più un problema che un'opportunità.
La nuova giunta regionale potrebbe anche decidere di farla finita, se non con il Salone, almeno con il Circolo dei Lettori e i suoi costi. Ne avrebbe facoltà.

Scomparso il Circolo dei Lettori, il Salone del Libro si ritroverebbe a fine 2019, per il quinto anno consecutivo, al ground zero, senza governance e senza prospettive, nell'attesa che i nuovi padroni decidano sul da farsi.

La variabile dei privati

Considerata l'affidabilità tipica della politica, mi appare dunque rassicurante la prospettiva di un ingresso dei privati nella proprietà del Salone, del marchio e delle strutture. Quantomeno ciò garantirebbe la stabilità e la continuità del Salone stesso, perché gli imprenditori ragionano con il metro dell'interesse delle loro imprese; e stabilità e continuità tutelano l'interesse delle imprese che lavorano per il Salone. Senza contare che il Salone non porta voti, ma porta visitatori paganti. E - contrariamente ai politici - agli imprenditori non interessano i voti, bensì i visitatori paganti.

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