Non c'è nulla di nuovo nella lettera aperta diffusa ieri da Alessandro Gaido (nella foto), presidente dell’Associazione Piemonte Movie e tra i fondatori del Comitato Emergenza Cultura, per denunciare la situazione drammatica che vivono le associazioni a causa dell'endemico ritardo con il quale gli enti pubblici versano i contribuiti già deliberati a sostegno delle attività culturali. Ritardo che costringe le associazioni ad anticipare di tasca propria i costi delle manifestazioni medesime: e spesso quei soldi sono costrette a farseli prestare dalle banche, facendosi carico degli interessi che nessuno gli rimborserà.
LETTERA APERTA SULL’ASSALTO NEOLIBERISTA ALLA CULTURA E AL WELFARE
IN PIEMONTE
Perché le realtà culturali e sociali fanno da banche agli enti pubblici
(Albert Camus, Combat)
I fatti
Le realtà culturali e sociali stanno facendo da banca agli enti pubblici. Non è giusto. Non è etico. Porto due esempi pratici che ci riguardano direttamente: la Regione Piemonte ci deve ancora saldare il contributo del Glocal Film Festival che abbiamo realizzato nel marzo 2022 e non ha dato neppure l’anticipo del Glocal Film Festival fatto nel marzo 2023; il Comune di Torino chiede il rendiconto antro fine mese (con tanto di fatture saldate ai fornitori) del progetto React 2022/23 e non ha versato ancora nulla. In quest’ultimo caso abbiamo anticipato noi tutti i pagamenti, anche se la delibera di assegnazione mette nero su bianco l’impegno comunale a fornire un anticipo del 50 per cento.
Una questione morale
Per legge gli enti pubblici dovrebbero saldare il dovuto entro 90 giorni. Lo scorso marzo abbiamo consegnato in Regione il rendiconto 2022 e presentato la nuova domanda 2023. Siamo già a 90 giorni di ritardo per il saldo 2022 e per l’anticipo 2023. Dal momento della realizzazione dell’evento finanziato al saldo finale, quando fila tutto liscio, passa, ormai da anni, oltre un anno e mezzo. Sul bando React del Comune di Torino non abbiamo invece nessuna indicazione. Viviamo nel limbo. Intanto i fornitori dei nostri progetti vanno saldati e non aspettano certo i tempi degli enti pubblici. Oltre al danno abbiamo quindi anche la beffa di doverci mettere la faccia per i loro ritardi. Stanno minando la nostra credibilità nei confronti di terzi. La situazione non è più sostenibile dal punto di vista economico e direi, soprattutto, morale.
Working class
Gli operatori culturali e sociali sono ridotti ormai a criceti dentro una ruota che gira a vuoto, con il miraggio che arrivino i contributi e la speranza che non si sfasci tutto prima. Sono perennemente sotto attacco e sotto scacco. Non hanno neppure più il tempo e la forza per protestare. Penso invece che sia giunto il momento di scendere da questa ruota e di guardare in faccia la realtà: bisogna lottare per cambiare le regole del gioco.
Fermare il gioco al massacro
La soluzione in realtà è semplice: bisogna riformare le leggi e soprattutto i regolamenti sulle tempistiche di pagamento. Quest’ultimo intervento deve farlo, non tanto il settore culturale, quanto le ragionerie e le tesorerie. Sono loro che dettano le regole e i tempi sulle erogazioni.
La politica ha fallito su questo fronte. Perché non è in grado o non vuole mettere mano a una riforma del sistema burocratico degli uffici pubblici. Le leggi fatte dalla politica per risolvere il problema si impantano negli apparati burocratici, diventando esse stesse parte del problema. E purtroppo non si vedono all’orizzonte dei Giustiniano o dei Napoleone capaci di mettere ordine in questo caos.
I Tavoli della Cultura come argine
Serve una commissione che metta insieme politici, dirigenti e funzionari pubblici, oltre ad esponenti delle realtà culturali. Un gruppo che lavori sodo per cambiare le regole del gioco, ma in tempi rapidi. Lo strumento per convocarla l’abbiamo già: sono i Tavoli della Cultura. Dobbiamo chiedere con forza la convocazione di questo organo consultivo, fatto inserire dal Comitato Emergenza Cultura nella nuova legge regionale. Anche le fondazioni bancarie dovrebbero però partecipare a questo confronto. Molte delle decisioni su cultura e welfare passano ormai dalle loro stanze.
Cultura e welfare: ultime terre di conquista del neoliberismo finanziario
Stanno “algoritmizzando” la cultura. Torino è un laboratorio anche in questo. In città è in atto una sorta di lotta tra due concetti di filantropia. Una è quella che porta avanti la filosofia delle vecchie Casse di Risparmio, da cui sono nate le fondazioni bancarie. Questa è incarnata soprattutto dalla Fondazione Crt. La loro gestione dei contributi, generalmente, si limita a selezionare, controllare e coadiuvare i progetti privati a finalità pubblica. Compagnia di San Paolo, negli ultimi anni, invece, ha svoltato verso la creazione di progetti in proprio, con un proprio management. In questo caso i contributi vengono concessi solo se si rientra nelle linee di progetto stabilite dai vertici. Quindi l’autonomia è molto limitata, sempre che si venga selezionati. Si sta facendo della cultura, come per il welfare, un territorio che sfugge al pubblico per finire, di fatto, nelle mani dei privati, delle multinazionali finanziarie.
Il punto è capire se il pubblico avrà la forza di reggere all’assalto dei privati. I ritardi nei pagamenti non fanno certo ben sperare. Sono un segnale molto preoccupante. Potrebbe essere il primo passo per una selezione non meritocratica dei soggetti finanziabili, con la conseguente proletarizzazione del comparto culturale, che diventerebbe, di fatto, basato sul censo.
La giusta lotta
Bisogna chiedere alle fondazioni bancarie, Compagnia di San Paolo e Fondazione Crt su tutte, di convincere i cda delle rispettive banche di riferimento (Intesa Sanpaolo e Unicredit) ad essere loro i garanti dei finanziamenti per le realtà culturali e del welfare, attraverso accordi con gli enti pubblici, dato che gli enti pubblici sono tutti clienti delle due banche. Quindi si tratterebbe "solo" di una partita di giro: soldi che escono da una tasca per entrare nell'altra, ma degli stessi pantaloni. Ma nè la logica nè il buon senso fanno parte di questo mondo......
RispondiEliminaL'annoso problema del ritardo nell'erogazione dei contributi è molto serio ed ha sempre messo in crisi molte realtà. Sul resto ci sarebbe molto da dire, diciamo che non sono per nulla d'accordo con la lettera aperta
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