La parola agli esperti: parla @mostramonet |
Oggi è il mio giorno fortunato. Gli esperti di internet mi
hanno insegnato ben due cose nuove.
1) Come tenere lo straniero all'oscuro delle nostre mostre
La prima cosa nuova l'ho imparata tramite twitter.
Ricordate? Ieri ho
scritto nel post "Monet sfonda quota 150 mila ma il sito non va
all'estero" che il sito www.mostramonet.it
- dedicato ovviamente alla mostra di Monet alla Gam - ha avuto finora, dopo oltre due mesi,
circa 200 mila visite, di cui appena il 3 per cento dall'estero. Ero molto
sorpreso per il numero delle visite dall'estero, che mi sembravano e continuano
a sembrarmi esigue (un migliaio ciascuna da Gran Bretagna, Svizzera, Francia e
Germania, 430 dagli Stati Uniti, 98 dal Brasile) quando il mio artigianalissimo
blog, gestito da un analfabeta informatico che usa un programmino standard per
dilettanti, ottiene ben altri risultati con i visitatori da altri Paesi, anche
assai esotici (per dire, oggi ho avuto due clienti dalla Corea del Sud, mica
pizza e fichi).
Per fortuna ci sono gli esperti a illuminarmi. Dall'account
della mostra (@mostramonet) ricevo una preziosa spiegazione: "Il sito è stato
pensato e indicizzato per il pubblico italiano". Ah, ecco. Quando si dice
il professionismo. Io analfabeta informatico mi faccio il blog con un progamma
gratuito for dummies, e poiché non so "pensarlo e indicizzarlo per il
pubblico italiano", finisce che mi leggono anche a Seattle (anche se
ignoro cosa gliene freghi a un seattliano di GabosuTorino...). Ma i
professionisti della rete mica sono fessi: i siti, loro, li sanno "pensare
e indicizzare per il pubblico italiano": non fosse mai che un francese o
un tedesco veda il sito della mostra di Monet e decida di venire a Torino per
visitarla. A me pare una stronzata, ma io sono un analfabeta informatico.
2) Come restare seri pensando al viaggio di una supposta
La seconda cosa su internet l'ho imparata stamattina alla presentazione
del nuovo sito www.facciamoculturismo.it,
voluto dall'assessorato regionale alla Cultura per "agevolare
l’acquisizione e la circolazione di informazioni, notizie, conoscenze e
opportunità". Lodevole inziativa, che vi riassumo con le parole del
comunicato stampa: "Nasce la piattaforma on-line Facciamo
Culturismo: un gioco di parole che esprime l’intento di unire Cultura e
Turismo quali sistemi che insieme danno forza al Piemonte. Un servizio rivolto
al sistema turistico e culturale (imprese, associazioni, enti o singoli
operatori), ma che coinvolge anche amministrazioni pubbliche, enti formativi,
fondazioni, fino ad arrivare a quei cittadini che guardano al settore come
opportunità per una nuova attività. Nel sito sarà possibile reperire, in modo
semplice e immediato, informazioni circa i progetti che la Regione
Piemonte sta conducendo, nonché i bandi in corso. Una sorta di
raccoglitore delle possibilità di sostegno disponibili sul territorio,
ma anche un collettore di buone pratiche che racconta case-history di
successo, per ispirare gli operatori attraverso modelli di sviluppo
concreti e possibili. La piattaforma propone anche un’agenda con
appuntamenti, eventi e occasioni formative per gli operatori, mini-guide
per alcune situazioni tipo, un motore di ricerca semplificato e
veloce per delibere, documenti e normative, oltre a F.A.Q. e Form per
chiedere informazioni e trovare risposta alle proprie domande". Il
sito è costato 14 mila euro tutto compreso, anche testi e grafica. Non uno
sproposito, mi dicono gli esperti internet. In realtà conosco anche dei nerd che
ti fanno un sito per 500 euro, ma forse i nerd non sono così esperti di
internet, e i loro siti non sono così complicati.
Comunque: ho assolto al dovere di cronaca. E ora vi dico
cos'ho imparato. Come ricorderete, nel
post "Facciamo cul-turismo. E non è una barzelletta" ho molto
ironizzato (e prima di me aveva ironizzato la rete) sul nome "facciamo
culturismo", e stamattina ero lì che ancora perculavo (appunto...) la Parigi,
chiedendole se il sito racconta il viaggio di una supposta; al che lei mi ha
presentato un signore dicendomi "è lui che lo ha ideato, veditela con
lui". Il signore (mi pare che si chiami Vaccà) mi ha domandato cos'avessi
da ridere, io gliel'ho spiegato e lui mi ha detto che non lo trovava divertente
e che sono battute da bambini dell'asilo; io ne ho convenuto, però continuando
a ridere. Poi, cercando di tornare serio, ho benevolmente commentato che
l'importante è che il sito funzioni, non come
il deprecabile www.inpiemonteintorino.it. Il signore mi ha chiesto cosa non
andasse in quel sito, ma solo a pensarci, a quel sito, mi è ricominciata la
ridarola e così la nostra conversazione si è simpaticamente conclusa.
Questa è la seconda cosa che ho imparato su internet: io
e gli esperti di internet abbiamo due idee diversissime del ridicolo.
Caro sommo,
RispondiEliminail problema è che indicizzare un sito anche per il pubblico inglese e francese vuol dire - se è un lavoro che hai già fatto un po' di volte - aggiungere al massimo 2 giorni di lavoro (e mi tengo largo perché io sui lavori noiosi ero un bradipo).
Insomma, non te la prendere, ma la mia umile opinione è che ti abbiano supercazzolato in versione 2.0 :D .
Mi correggo: il problema vero è dare un incarico a qualcuno per fare un sito senza scrivere nel contratto: indicizzazione sui principali motori di ricerca in Italiano, Francese e Inglese.
Clausola ormai praticamente standard, ma non si può pretendere che sia il professionista a segnalare al cliente questi errori.