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IL WEEKEND DEL TFF LANCIA IL PARTITO DELLA RICONFERMA

Della Casa con Servillo

Garibaldi partì da Quarto con mille uomini, e dopo quattro mesi arrivò a Napoli che ne aveva cinquantamila. Al Tff, invece, sono bastati tre giorni per chiamare in soccorso al vincitore quanti paventavano, prevedevano, o magari auspicavano, la sconfitta del generale Steve Della Casa, e ancora venerdì, appena terminata l'insolitamente amena serata d'apertura al Regio, frugavano fra il pubblico alla ricerca di giudizi sfavorevoli.
Ieri il Festival ha comunicato i numeri del primo weekend: 29.000 presenze e un incasso di oltre 80.000 euro netti (nel 2019 erano 162 mila, ma al lordo dell'Iva; inoltre quest'anno manca una sala di grande capienza, il Reposi, e la quota di ingressi in vendita è stata abbassata per non penalizzare troppo gli abbonati e gli accreditati).
Ma al di là dei numeri (ogni confronto pre/post covid è complicato) facevano ben presagire fin dalle prime ore di sabato le code davanti ai cinema, le sale affollate, i sold out. Nel volgere breve di un fine settimana, chi prima recalcitrava all'ipotesi di una riconferma del direttore Della Casa anche per il 2023, adesso scioglie peana all'indirizzo del Salvatore della Patria festivaliera. Dissolte come fiatelle nell'universo le intemerate barzotte dei politici in cerca di visibilità, ora s'affievolisce la voce di chi, per scegliere il direttore della prossima edizione, invocava il classico bando: taroccabile e alla bisogna taroccato, come ben sappiamo per lunga e dannosa esperienza.
Oggi anche negli ambienti steve-scettici va alla grande la parola “continuità”. Squadra che vince non si cambia, è assurdo fare e disfare e ogni anno ricominciare da zero. Logico, no? Il presidente del Museo del Cinema Enzo Ghigo si è sbilanciato per la riconferma con  felpata cautela, dichiarando che però l'ultima parola spetterà al Comitato di gestione "in piena autonomia". Seeee. Però l'impressione è che il buon senso stavolta potrebbe davvero spuntarla. Se il Festival continuerà ad andare a gonfie vele, ci vorrà una bella faccia di palta per mettersi di traverso, e ciò potrà ammorbidire pure le cervici più granitiche.
Steve Della Casa non s'appassiona al dibattito. Fin dall'inizio ha messo in tavola le sue carte: felice di fare questo Festival; disponibile per un secondo anno, così da preparare una successione senza scosse; ma il bando proprio no. Mi pare giusto: uno non arriva a settant'anni con un curriculum di quel livello e con risultati eccellenti, per poi sottoporsi a un esame come uno scolaretto di quinta elementare.
Intanto, incurante del futuro, l'Omone volteggia di sala in sala, intervista e viene intervistato, arringa le folle, parla in radio, dispensa facezie, pianifica strategie, intrattiene gli ospiti, galvanizza le truppe, anima le masterclass, e trasporta instancabile la sua massa imponente su e giù tra il Massimo e la Cavallerizza, in magico equilibrio sulla bicicletta stremata dallo sforzo. E se la ride d'una risata gargantuesca, sigla costante di un Festival che ha ritrovato l'allegria, e con l'allegria il suo pubblico.
"Certo, abbiamo ritrovato pure le lamentele di chi rimane fuori, di chi si sorbisce mezz'ora di coda, di chi si perde un film perché i biglietti sono esauriti dal giorno prima – ammette il caterpillar Piero Valetto, responsabile dell'organizzazione. - Ci dispiace: noi facciamo l'impossibile per evitare disagi e disguidi, compresi quelli inevitabili. Ma le lamentele sono anche, a ben pensarci, una medaglia. Da quanto tempo non vedevamo tante code davanti a un cinema? Le sale sono in crisi, semivuote, chiudono per mancanza di spettatori. E invece qui abbiamo di nuovo gente che si arrabbia quando in sala non riesce a entrarci”.
Riportare il pubblico al cinema era il primo obiettivo del Tff 2022. Fatto.

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