Dopo Diabolik, le serie tv: quei due sacripanti di Luca Beatrice e Luigi Mascheroni portano una seconda mostra al Museo del Cinema, e stavolta mi pare che facciano centro. Insomma, Diabolik, con tutto il rispetto, era un soggetto un po' fané, molto boomer, e in fondo c'entrava relativamente con il cinema, anche a voler considerare certi filmetti del tutto dimenticabili. Le serie tv, invece, sono - oltre che pop, in linea con l'indole dei curatori - il nuovo cinema, un'altra forma di cinema: lo ha confermato pure Carlo Chatrian, nuovo direttore del Museo, che ha così dato l'imprimatur alla sua prima uscita pubblica per presentare la mostra, intitolata «#Serialmania». Sono cinema, e sono di moda, e piacciono a tutti, compresi i giovani, anzi soprattutto ai giovani, dunque la mostra funzionerà. E lo merita, perché è ben ideata, ben presentata, piena di cose curiose. Un percorso attraverso dodici serie che, a parer dei sacripanti, sarebbero le più significative, le più archetipe, le più iconiche, insomma, quella roba lì. Ovvio il giochino del «ma non c'è...» che coinvolgerà ogni visitatore, e penso che renderà la visita più interessante, consentendovi di litigare con gli amici su quale serie è stata ingiustamente omessa, e quale invece non meritava. Per dire, su dodici serie esposte, l'unica che avrei scelto anch'io sono i "Simpson", mentre deploro che "Friends" sia stato preferito a "Big Bang Theory", e protesto vibratamente per l'esclusione di qualsiasi serie crime e/o legal drama: io non avrei mai rinunciato a "Miami Vice", che ha inaugurato un nuovo corso e una nuova iconografia; e naturalmente pretenderei almeno una rappresentaza dei franchise "Csi" e "Ncis", per non dire della decana e amatissima "Law & Order. Special Victims Unit". A questo punto, suggerirei al Museo di attuare l'idea che il presidente Ghigo ha soltanto accennato come boutade: indire un referendum tra i visitatori perché compilino e introducano in apposita urna la top ten delle loro serie preferite. Scommetto che non ci sarebbero due top ten uguali.
Oggi a Roma c'è stata la conferenza stampa del Torino Film Festival prossimo venturo. Da tempo ormai il Tff ha dismesso la civile consuetudine della doppia conferenza stampa, a Roma e a Torino. E con sto piffero che io mi scapicollo fino a Roma scialando tempo e denaro per assistere all'inutile pantomima. Tanto l'unica novità che rivesta un qualche interesse è l'elenco dei selezionatori scelti da Base: in ordine alfabetico, Davide Abbatescianni, Martina Barone, Ludovico Cantisani, Elvira Del Guercio, Veronica Orciari e Davide Stanzione (alcuni li vedete nelle foto in alto, presa da Fb). Per me sono illustri sconosciuti, ma io sono ignorantissimo. Da un rapido giretto in rete mi è parso di capire che, casualmente e salvo abbagli, sono tutti romani, nativi o stanziali. Altre imprese d'alto profilo al momento mi sono sfuggite: garantisco che appena possibile e con la massima sollecitudine porrò rimedio alle mie lacune. Ma l'unica cosa davvero notevole e divertente
Se posso: la danese "1864" come serie di genere storico, l'americana "True crime" per l'impatto sul genere poliziesco, l'inglese "Peaky blinders" per il genere drammatico, l'americana "Band of brothers e la tedesca "Das boot" a pari merito come serie di guerra, l'inglese "Cobra" per il genere thriller e l'inglese "Black mirror" per il genere science fiction.
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