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LA FIERA DELLE VANITA' (QUARTA LETTERA DALLA SCOGLIERA)

 

E' trascorsa più di una settimana, dall'ultima volta che ho scritto su questo blog. Eppure cose ne sono successe.

Intanto un evento tristissimo: se n'è andato Ezio Gribaudo, artista immenso che Torino non ha davvero mai capito, né meritato.

E poi il solito tran tran.

Dopo due trienni Giulia Carluccio ha lasciato la presidenza dell'Aiace, e l'ha sostituita Barbara Bruschi: docente universitaria per docente universitaria.

Hanno modificato gli statuti dello Stabile e del TPE, così da poter prendere i soldi del Fus; e se per il TPE cambia poco o nulla, per lo Stabile cambia molto perché d'ora in poi presidente e direttore potranno essere confermati per due volte, e non più una soltanto, e questo significa un terzo mandato per Filippo Fonsatti, in scadenza l'anno prossimo.

Per dire che le notizie non mancavano, a volerle scrivere. Ma viste da qui, tra cielo e mare, le cose cambiano, le prospettive sono diverse, e risuona più forte l'ammonimento del Qohelet sulla vanità delle piccole miserie che ci angustiano mentre ci avviamo incuranti verso il destino prescritto e per tutti uguale.

Persino l'intemerata di Andrea "Stardust" Russi contro le immancabili nomine lorussiane di amici, sodali e trombati in fondazioni e partecipate varie m'aveva lasciato indifferente. Così fan tutti. A parte che una Luisa Papotti nel Consiglio d'indirizzo del Museo del Risorgimento è un vantaggio per il Museo del Risorgimento, non certo per l'ex sovrintendente che, pensionata e nonna, ha senz'altro di meglio da fare; e che pure una come Carola Messina nel CdA di Fondazione Cultura ha un suo perché (se non altro conosce il significato del termine "cultura"...); a parte i distinguo sui singoli nomi, dicevo, mi fanno abbastanza senso i politici che stando in maggioranza si fanno i comodacci loro e quando finiscono all'opposizione s'indignano e si sdegnano, tipo il bue che dava del cornuto all'asino.

E niente, proprio non mi veniva da scriverne. Me ne stavo sotto la veranda a guardare il mare, che c'era prima di noi e ci sarà quando noi avremo finalmente tolto il disturbo, e se lo ascolti ripetere all'infinito il suo sciabordare sulle rocce qua sotto capisci di essere niente - un punto al limite di un continente, direbbe un amico mio - e tutta la nostra storia e le nostre povere storie sono un battito di ciglia nei milioni di anni prima e dopo di noi, ridicole formiche umane.

Poi è arrivata la "notizia" della conferma, per altri due anni, di Mimmo De Gaetano alla direzione del Museo del Cinema. Notizia scontatissima: si sapeva da tempo e da tempo ne avevo scritto. All'epoca avevo pure elencato cinque possibili ragioni di tale conferma. Potete leggerle qui.

Quindi manco la conferma di De Gaetano alla Mole mi avrebbe riscosso dalla melvilliana malìa dei giorni che passano pigri se, nel pomeriggio graziato da un leggero maestrale, non m'avesse colto un pensiero laterale che mi sollecitava certe riflessioni che potreste, volendo, leggere domani sul Corriere (oppure a questo link). 

Ho scritto perché mi andava di farlo, pur sapendo che non conta nulla, non cambia nulla, e nemmeno a me m'importa più di tanto, nel vento che tocca il mare. Fra un altro battito di ciglia, di tante pene perdute non resterà neppure il ricordo.

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