Come avevo preannunciato, ieri sul Corriere è uscito un mio piccolo commento a proposito della conferma di Mimmo De Gaetano alla direzione del Museo del Cinema. Confesso di aver anche tentato di estorcere una dichiarazione a un esponente della giunta (la domanda puntale era "davvero vi sta bene?"), senza però ottenere una precisa risposta nel merito. Quindi non ho nulla da aggiungere a quanto scritto ieri sul Corriere. Poiché l'articolo non è al momento reperibile on line, lo riproduco qui sotto:De Gaetano (a dx) con Ghigo
Era largamente prevista e annunciata, la conferma per altri due anni di Mimmo De Gaetano alla direzione del Museo del Cinema. Si sapeva che il Consiglio d'indirizzo della Mole non si sarebbe sobbarcato, a pochi mesi dalla scadenza, l'impegno di pubblicare un nuovo bando e selezionare un nuovo direttore. Tanto meno dopo la tragicomica esperienza del 2019, allorchè - dopo quasi tre anni di sede vacante e due bandi falliti e infinite gherminelle - Appendino, con un atto di forza irrituale e biasimevole, riuscì a imporre alla direzione della Mole De Gaetano, allora fedelissimo cinquestelle (oggi non più, le cose cambiano come cambia il vento).
Secondo alcuni osservatori, dal canto suo Lo Russo avrebbe dato il via libera alla conferma di De Gaetano per non avvilire troppo i cinquestelle, rinunciando a far fuori uno dei loro nominati. Ma a questo punto, naufragata la fragile alleanza romana, non si vede perché il sindaco dovrebbe farsi tanti scrupoli, considerato che in Sala rossa i superstiti cinquestelle gli danno comunque il tormento, e sulle nomine non gliene perdonano una che sia una.
Personalmente non me la sento di affermare che finora la direzione di De Gaetano sia stata memorabile. Con buona pace del presidente Ghigo (“Rinnoviamo la fiducia al direttore De Gaetano per l’ottimo lavoro svolto”) resto dell'idea che in concreto il lavoro non è stato molto, certo per colpa del covid, e neppure ottimo: alcune cose hanno funzionato, altre meno, mentre tra il personale del Museo rimangono lacerazioni e maldipancia che, sospetto, sarebbero anche il reale motivo della fuga precipitosa di Stefano Francia di Celle dalla direzione del Tff.
Detto ciò, non mi permetto di dubitare dell'onestà intellettuale dei componenti del Comitato di gestione che - senz'altro dopo attenta valutazione, considerate le competenze professionali, le relazioni internazionali intessute, le fondamentali mostre organizzate, l'accresciuto prestigio dell'istituzione, nonché la soddisfazione dei dipendenti - hanno deciso in scienza e coscienza di confermare De Gaetano, con la benedizione dei soci fondatori e in particolare del sindaco di Torino, al quale per accordo non scritto spetta l'ultima parola sulla scelta del direttore, mentre alla Regione tocca la nomina del presidente. Sindaco peraltro rappresentato nel Comitato di gestione da un membro nominato dalla sua predecessora.
Vabbè, contenti loro...
Ma resta un rammarico, profondo: si è persa l'opportunità di restituire dignità e credibilità a un'istituzione e a chi la rappresenta. La scadenza a settembre del primo triennio degaetanesco era l'occasione perfetta per porre rimedio al peccato originale di una nomina chiacchierata che inevitabilmente ha costituito e continuerà a costituire un vulnus per l'autorevolezza del direttore. Per mondare quel peccato c'era un'unica, evangelica via: non confermare De Gaetano, così da consentirgli di partecipare a un nuovo bando. Visti i meriti che il Comitato di gestione gli riconosce, non avrebbe avuto difficoltà a vincerlo, libero finalmente dall'ombra del sospetto e forte di una nomina conquistata sul campo. Senza pettegolezzi né retropensieri maliziosi. Io, al posto suo, lo avrei preteso.
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