Dopo le mie vicissitudini, oggi riprendo con il mio blog. Non è ancora il momento giusto, mi serve tempo, e mi manca la voglia: ma ieri sera, per svagarmi, m'hanno trascinato al vernissage dell'esposizione dei disegni di Michelangelo alla Pinacoteca Agnelli. E a esserci, un po' di voglia di scriverne m'è venuta. C'era il cucuzzaro al completo, John e Ginevra e Lapo e pure l'anziano ma sempre-in-gamba papà Alain, e il consueto mazzetto di prezzemolini, e un paio di primedonne del sistema museale torinese - la direttrice dei Musei Reali Pagella, la neopresidente dell'Accademia Albertina Gribaudo - a benedire autorevolmente l'esposizione. Esposizione, sottolineo. Il termine "mostra" comporterebbe un progetto, uno studio, un pensiero che ho faticato - certo per inadeguatezza mia - a intravvedere nelle salette che accolgono dieci piccoli disegni di Michelangelo provenienti dalla collezione della fiorentina Casa Buonarroti.
Badate, non mi lamento perché da vedere ci sono soltanto quei dieci disegni, e stop. Trattasi di Michelangelo, mica Micio Micio, e dunque sono disegni preziosi, in particolare i due abbozzi delle figure di Adamo e di un Ignudo della Cappella Sistina, e i due schizzi della facciata di San Lorenzo in Firenze - facciata che in realtà non venne mai realizzata.
Proprio quei disegni - davvero significativi per la storia artistica di Michelangelo - hanno innescato il mio rimpianto. Una "mostra" come la intendo io - e per capire di che cosa sto parlando andate a vedere quella in corso all'Egizio - li avrebbe messi al centro di un progetto complesso, costruendoci attorno - butto lì un esempio, il primo che mi passa per la mente - un apparato iconografico e visuale tale da raccontare la genesi dell'opera d'arte, mostrandone l'evoluzione dalla prima intuizione dell'artista al risultato finale, il capolavoro della Sistina o il capolavoro mancato della facciata di San Lorenzo. Una narrazione, insomma.
Questo purtroppo non c'è, nell'esposizione michelangiolesca della Pinacoteca Agnelli. Ci sono i dieci disegni, appesi al muro (forse un po' troppo in alto...) e accompagnati da didascalie piuttosto stringate. Bene, vai alla Pinacoteca Agnelli e vedi i disegni di Michelangelo, e sarebbe un peccato lasciarsi sfuggire l'occasione. Ma al termine della (breve) visita, esci - almeno, io sono uscito... - con la netta sensazione di un'occasione mancata. Tutto qui?
Peccato.
Però va bene così. Meglio che niente. A Torino abbiamo imparato ad accontentarci.
Badate, non mi lamento perché da vedere ci sono soltanto quei dieci disegni, e stop. Trattasi di Michelangelo, mica Micio Micio, e dunque sono disegni preziosi, in particolare i due abbozzi delle figure di Adamo e di un Ignudo della Cappella Sistina, e i due schizzi della facciata di San Lorenzo in Firenze - facciata che in realtà non venne mai realizzata.
Proprio quei disegni - davvero significativi per la storia artistica di Michelangelo - hanno innescato il mio rimpianto. Una "mostra" come la intendo io - e per capire di che cosa sto parlando andate a vedere quella in corso all'Egizio - li avrebbe messi al centro di un progetto complesso, costruendoci attorno - butto lì un esempio, il primo che mi passa per la mente - un apparato iconografico e visuale tale da raccontare la genesi dell'opera d'arte, mostrandone l'evoluzione dalla prima intuizione dell'artista al risultato finale, il capolavoro della Sistina o il capolavoro mancato della facciata di San Lorenzo. Una narrazione, insomma.
Questo purtroppo non c'è, nell'esposizione michelangiolesca della Pinacoteca Agnelli. Ci sono i dieci disegni, appesi al muro (forse un po' troppo in alto...) e accompagnati da didascalie piuttosto stringate. Bene, vai alla Pinacoteca Agnelli e vedi i disegni di Michelangelo, e sarebbe un peccato lasciarsi sfuggire l'occasione. Ma al termine della (breve) visita, esci - almeno, io sono uscito... - con la netta sensazione di un'occasione mancata. Tutto qui?
Peccato.
Però va bene così. Meglio che niente. A Torino abbiamo imparato ad accontentarci.
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