Pochi soldi e tanti bastoni fra le ruote. In compenso, sui titoli nobiliari non si lesina. Sembra il regno di Franceschiello. Anzi, di Franceschini, il ministro per caso che ha firmato sabato 23 gennaio il decreto con cui attribuisce un
nuovo nome al Polo Reale di Torino. Nascono così i Musei Reali di Torino.
Se ne sentiva l'impellente necessità, come abilmente fa notare il comunicato del MiBACT: "Nuove parole per rendere più trasparente la radice storica che unisce
le cinque grandi istituzioni culturali ospitate nell'antica residenza
torinese dei Savoia: il Palazzo
Reale con l'Armeria e la Biblioteca; il Museo di Antichità e la
Galleria Sabauda. Lo straordinario patrimonio custodito nei Musei Reali
affonda le sue radici nella storia della dinastia sabauda, da Emanuele
Filiberto, a cui si deve il trasferimento della capitale
da Chambéry a Torino, fino a Carlo Alberto, con il quale si compie la
trasformazione delle collezioni di famiglia in un museo pubblico. I Musei Reali sono oggi un distretto culturale confrontabile per superficie e ricchezza delle collezioni con i grandi musei
d'Europa
(Louvre, British Museum, Ermitage). Oltre 3 chilometri di percorsi
espositivi, più di 46.000 metri quadrati di pertinenze, 7 ettari di
giardini rappresentano un cuore pulsante
di natura e cultura, nel centro della città. Il nuovo nome è anche un nuovo inizio. Molto c'è ancora da fare per migliorare l'accoglienza e per adeguare i servizi dei Musei
Reali ai migliori standard internazionali, ma il cammino è tracciato".
Intanto Franceschiello ha respinto con sprezzo (del buon senso) la richiesta della direttrice dell'ex Polo Reale, Enrica Pagella, di sospendere la pratica autolesionista dell'ingresso gratuito ogni prima domenica del mese. I "Musei Reali di Torino" continueranno a rinunciare a quell'incasso, e di conseguenza a migliorare il servizio. Non avranno nuovi custodi. Però avranno un nuovo nome.
Fantastico.
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