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COME SI FA UN FESTIVAL INTERNAZIONALE

Spallacci e Ricciardone di Club to Club. Sul tavolo il caffé incriminato
E niente: visto che tanto se n'è straparlato, mi son detto vabbé, andiamo a vedere com'è un festival di respiro internazionale. Torino ha tre festival di respiro internazionale vero. Sono View, Movement e Club to Club. Tutti e tre bellamente ignorati o trascurati dalle istituzioni, i cui rappresentanti, poverelli, non riescono a capire di che cosa esattamente si occupino, e in base al principio per cui "se non lo capisco non esiste" si comportano in pratica come se View, Movement e Club to Club non esistessero.
Non è un caso se gli altri due festival torinesi con una certa visibilità internazionale - Tff e Cinema Gay - ricevono un minimo d'attenzione in più dai palazzi del potere (ma già CinemAmbiente e Sottodiciotto hanno gramo destino). Sono festival che si occupano di cinema, e persino un assessore sa che cos'è il cinema. Però cinema tradizionale. Perché pure View si occupa di cinema: ma di quel cinema della computer graphic che è il cinema di oggi e di domani, troppo difficile da spiegare agli assessori. Di conseguenza, pare che quest'anno a View verrà ulterirmente tagliato il già risibile contributo (vedi la terza pagina, secondo capoverso, della già linkata e delirante delibera comunale).

Punto uno: quando la star ti chiede di suonare

Ad ogni modo. Volendo capire com'è un festival internazionale, vado a sentire quelli di Club to Club, che dopo il colpaccio di Thom Yorke sono gli eroi del momento.
Allora, innanzitutto scopro che un festival internazionale è fatto che un bel dì, senza che tu neanche lo abbia cercato, ti chiama Thom Yorke e ti fa "oh raga, a me piace molto il vostro festival, mica che mi ci fate suonare?".
Ricciardone con la rassegna stampa 2014
Uno magari non ci crede, eppure quelli di Club to Club mi giurano che è andata così. Due anni fa li ha cercati il frontman dei Radiohead. Poi ci sono stati due anni di lavoro, perché una rockstar internazionale mica che ti arriva subito, bella lì, cotta e mangiata. Ci sono i tour, gli impegni, eccetera. Ma alla fine si fa. Thom Yorke in questo periodo sta registrando il disco nuovo, ma il tempo per lo show a Torino il 6 novembre se l'è trovato. Anzi, arriverà pure il giorno prima, che magari ci scappa un giretto turistico. Insomma, se un festival funziona e piace alla gente dell'ambiente, diventa più facile arrivare alle superstar. Saltando pure costosi intermediari. Si chiama autorevolezza. Credibilità.

Punto due: tanti sponsor, e pochi soldi pubblici

Quelli di Club to Club sono Sergio Ricciardone, Roberto Spallacci e Giorgio Valletta, ovvero l'associazione Xplosiva - di nome e di fatto. Si sono inventati Club to Club nel 2001, era una piccola cosa, ma innovativa e intelligente. In quindici anni, crescendo senza strappi, è diventato un colosso che si espande con eventi all'estero - Istanbul, Londra, prossimamente New York - e che nella scorsa edizione ha raccolto una rassegna stampa (vera) spessa come un dizionario: 900 pagine.
Eppure questo festival che attira l'attenzione e il rispetto della scena, del pubblico e della stampa internazionali ha un budget che è meno della metà della media dei suoi competitor planetari. L'anno scorso, mi dicono quelli di Club to Club mostrandomi carte e conti (ebbene sì, c'è ancora gente che anziché le foto dei bambini estasiati è capace di mostrare ai giornalisti carte e conti, per spiegare chi è e che cosa fa), insomma, l'anno scorso il budget totale del Festival è stato di 800 mila euro: e appena il 13 per cento del denaro proveniva dagli enti pubblici e dalle fondazione bancarie. Il Comune di Torino dà circa 20 mila euro, la Regione (che tecnicamente sarebbe meno tenuta, poiché C2C è assai "Torino centrica") fa uno sforzo maggiore, tra i 40 e i 60 mila euro. E tante parole d'apprezzamento, beninteso. Il resto dei soldi arriva dagli sponsor - importanti: Absolut, Carlsberg e così via... -  e dalla biglietteria.
Ricciardone e Valletta davanti al poster di C2C dell'anno scorso

Punto tre: il 65% del pubblico da fuori Piemonte

I biglietti - venduti tramite Mailticket, che consente di registrare la provenienza degli acquirenti - non soltanto rappresentano una parte importante del bilancio (quest'anno gli abbonamenti per l'intero festival sono già sold out, e se fossi in voi non aspetterei troppo a comperare quelli per le singole serate...) ma tracciano anche un quadro realistico e credibile dell'effettivo richiamo extracittadino di Club to Club.
Lo scorso anno, ad esempio, su quarantamila partecipanti alle varie attività (gratuite e a pagamento, a Torino e fuori, con 11 mila biglietti venduti), il 35 per cento del pubblico era torinese o piemontese, il 55 per cento arrivava dal resto d'Italia, e il 10 per cento dall'estero. I giornalisti accreditati erano 250, di cui 50 stranieri.

Punto quattro: la ricaduta economica

L'ufficio dove si fa Club to Club
Altri dati significativi vengono da uno studio statistico ad hoc, su un campione casuale di mille spettatori: si calcola un totale di 3000 camere occupate a Torino e dintorni dal pubblico del Festival; la permanenza media è di 2,7 notti, il 45% in camere a pagamento e il 55% ospiti di amici; il 37% dei pacchetti ticket+hotel è stato acquistato dal pubblico straniero. Ricaduta economica sul territorio, circa due milioni di euro. Fatti, non pugnette.

Punto cinque: lo stile e il lavoro

Quelli di Club to Club però mantengono l'understatement: non si lagnano e non esigono, non aspettano la manna dal cielo degli assessorati e non maledicono i media distratti, si godono il successo e tirano avanti: non hanno tempo per polemiche o seghe mentali su Facebook.
Già: va da sé che un successo simile non si costruisce in tre mesi. L'ufficio di Club to Club - il cui costo, mi assicurano, rientra nel budget citato di 800 mila euro complessivi - è al lavoro tutto l'anno, e occupa otto persone, che si sbattono ben oltre gli orari sindacali.
Adesso so com'è un festival internazionale. Me l'hanno spiegato quelli di Club to Club ieri pomeriggio, offrendomi pure un caffé. Prova lampante che ne parlo bene perché mi hanno corrotto (gomblotto!).

Commenti

  1. Ho cercato questi dati di affluenza un po' ovunque ma li ho trovati solo qui, grazi Gabo, sentiamo cosa ne pensato i futuri assessori alla Cultura

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