Aggiornamento: Ferrero resta "per amore del Salone"
Stamattina di buon'ora ero in Comune. In Consiglio l'assessore Braccialarghe deve rispondere a un'interpellanza dei Cinquestelle sul Mao, figuratevi se me la perdo (ve ne parlerò nel prossimo post).
Ad ogni modo. Arrivo presto in Comune e incrocio il mattiniero Braccia. Voi sapete che mi sta simpatico, nonostante le spiccate divergenze d'opinioni. Così facciamo due chiacchiere, e va a finire che parliamo del Salone, e del rischio concretissimo che il direttore Ernesto Ferrero si dimetta, se non sarà pagato. Braccia allarga metaforicamente se stesso, "la legge Madia è chiara, Ferrero è pensionato e quindi non può ricevere uno stipendio pubblico. Io l'ho detto fin da subito che è una legge assurda, che ci nega professionalità uniche. Ma è la legge. Non posso che sperare che Ferrero decida di rimanere comunque: ma è una scelta sua, personale, e non mi permetterei mai di giudicare, dipende solo da lui".
Io replico che la sua collega Parigi l'ha messa giù più dura, l'altro giorno mi diceva che se Ferrero si dimette sarebbe come "il capitano che abbandona il Titanic mentre affonda", al che le ho fatto notare che, per la precisione, il capitano Ferrero era stato sbarcato a Southampton lo scorso maggio, e semmai il capitano che ha abbandonato il Titanic, per restare nella metafora, è la Cogoli. Braccia sorride e glissa: "Io rispetterò le scelte di Ferrero".
Oh bravo. E se Ferrero sceglie di sbarcare, che fate? Incombe il collasso del Salone. Un direttore non si improvvisa, e all'orizzonte non vedo dei genii disoccupati.
E qui Braccia mi sorprende fino alla commozione. Dice esattamente quello che io penso da tempi non sospetti: "Per me Marco Pautasso sarebbe un ottimo direttore. L'ho già detto. Ma quando faccio il suo nome gli altri (presumo che gli "altri" siano Chiampa, Filura e fors'anche Antonellina, NdG) tirano fuori un'aria scettica, dicono sì, va be', però...". Concordo con Braccia: Pautasso (forse a causa del nome troppo da luogo comune piemontese) suona poco glamour. Eppure è lui che - in qualità di direttore per gli eventi e le attività culturali - ha materialmente fatto il Salone in questi anni: conosce la macchina alla perfezione ed è conosciuto da tutti i "players" del settore editoriale. Non è glamour. Per niente fighetto. Proprio no. Ma occhio ai fighetti: salvare il Salone sarà una battaglia piena di sangue, sudore e lacrime (e temo anche parecchia merda) e in quel genere di battaglie i fighetti o scappano o fanno danni.
Quindi io sto con Braccialarghe. Se Ferrero deciderà che, secondo logica e dignità, non gli garba di farsi un mazzo tanto aggratis, tutto il potere a Pautasso. A quel punto, «videant consules ne quid res publica detrimenti capiat». In parole povere, salviamo il salvabile. E che dio ce la mandi buona.
Stamattina di buon'ora ero in Comune. In Consiglio l'assessore Braccialarghe deve rispondere a un'interpellanza dei Cinquestelle sul Mao, figuratevi se me la perdo (ve ne parlerò nel prossimo post).
Ad ogni modo. Arrivo presto in Comune e incrocio il mattiniero Braccia. Voi sapete che mi sta simpatico, nonostante le spiccate divergenze d'opinioni. Così facciamo due chiacchiere, e va a finire che parliamo del Salone, e del rischio concretissimo che il direttore Ernesto Ferrero si dimetta, se non sarà pagato. Braccia allarga metaforicamente se stesso, "la legge Madia è chiara, Ferrero è pensionato e quindi non può ricevere uno stipendio pubblico. Io l'ho detto fin da subito che è una legge assurda, che ci nega professionalità uniche. Ma è la legge. Non posso che sperare che Ferrero decida di rimanere comunque: ma è una scelta sua, personale, e non mi permetterei mai di giudicare, dipende solo da lui".
Io replico che la sua collega Parigi l'ha messa giù più dura, l'altro giorno mi diceva che se Ferrero si dimette sarebbe come "il capitano che abbandona il Titanic mentre affonda", al che le ho fatto notare che, per la precisione, il capitano Ferrero era stato sbarcato a Southampton lo scorso maggio, e semmai il capitano che ha abbandonato il Titanic, per restare nella metafora, è la Cogoli. Braccia sorride e glissa: "Io rispetterò le scelte di Ferrero".
Oh bravo. E se Ferrero sceglie di sbarcare, che fate? Incombe il collasso del Salone. Un direttore non si improvvisa, e all'orizzonte non vedo dei genii disoccupati.
E qui Braccia mi sorprende fino alla commozione. Dice esattamente quello che io penso da tempi non sospetti: "Per me Marco Pautasso sarebbe un ottimo direttore. L'ho già detto. Ma quando faccio il suo nome gli altri (presumo che gli "altri" siano Chiampa, Filura e fors'anche Antonellina, NdG) tirano fuori un'aria scettica, dicono sì, va be', però...". Concordo con Braccia: Pautasso (forse a causa del nome troppo da luogo comune piemontese) suona poco glamour. Eppure è lui che - in qualità di direttore per gli eventi e le attività culturali - ha materialmente fatto il Salone in questi anni: conosce la macchina alla perfezione ed è conosciuto da tutti i "players" del settore editoriale. Non è glamour. Per niente fighetto. Proprio no. Ma occhio ai fighetti: salvare il Salone sarà una battaglia piena di sangue, sudore e lacrime (e temo anche parecchia merda) e in quel genere di battaglie i fighetti o scappano o fanno danni.
Quindi io sto con Braccialarghe. Se Ferrero deciderà che, secondo logica e dignità, non gli garba di farsi un mazzo tanto aggratis, tutto il potere a Pautasso. A quel punto, «videant consules ne quid res publica detrimenti capiat». In parole povere, salviamo il salvabile. E che dio ce la mandi buona.
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