Alessandro Moreschini |
Comunicazione del Museo Nazionale del Cinema in relazione alla nomina del direttore:
Il Museo Nazionale del Cinema comunica che, nonostante il positivo compimento delle procedure del bando di selezione per il nuovo direttore, non è stato possibile assegnare effettivamente l'incarico.
Il candidato individuato infatti, il Dr. Alessandro Moreschini, attuale Direttore amministrativo del Consorzio della Venaria Reale, ha formalmente dichiarato di non poter accettare la nomina, in quanto il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca da cui dipende, non ha ritenuto di concedergli l'aspettativa dalle funzioni attualmente svolte.
Solo a Torino. Solo noi. La città più sgangherata e sventurata d'Italia.
E io, cretino, mi ero illuso che una volta tanto avessimo risolto almeno un problema.
Va da sè che la prima domanda è perché mai il Miur non si faccia scrupolo di creare una simile situazione di minchia.
Un circo. Siamo in un circo. E dunque qualsiasi retropensiero è possibile, se non dimostrabile.
Stupisce che un ministro di un governo guidato pure dai cinquestelle non conceda a una città amministrata dai cinquestelle di avvalersi di un direttore scelto per guidare un museo che appartiene anche alla città stessa.
A meno che sotto sotto all'amministrazione di quella città non dispiaccia per nulla di non avvalersi di quel direttore.
Oppure, altra ipotesi, il ministro - che è in quota Lega - potrebbe voler perculare a Torino gli alleati che non può perculare a Roma.
Certo, sono sospetti machiavellici. Ma in un circo tutto è possibile. E non è escluso - ma proprio per niente - che un ministro si metta di traverso semplicemente perché gli gira di far così e lui è il ministro e fa il cazzo che gli pare ed essendo insegnante di educazione fisica gli pare di mostrare i muscoli.
Poi c'è il circo parallelo della burocrazia, e anche quello è fantastico: poni che la ridicola pantomima sia frutto dell'impuntatura di qualche alto culodipietra, o della trascuratezza di un passacarte neghittoso... L'ho già detto che in un circo, e in Italia, tutto è possibile?
Io comunque ho chiamato il presidente del Museo del Cinema, Sergio Toffetti. L'ho beccato a Teheran, dove il Museo ha portato una rassegna sul Neorealismo, e sto domandandomi chi di noi pagherà la telefonata.
A proposito di questa ennesima puntata della soap-opera, Toffetti non sa se ridere o piangere. Non se ne capacita. Comunque, appena rientra a Torino convocherà il Comitato di gestione. Decideranno il da farsi. E' improbabile che vadano a ripescare qualcuno dei candidati dell'ultimo bando: se non li hanno scelti, un buon motivo c'era.
Dunque, se risulterà obbligatorio per legge ricorrere al bando, Toffetti punterà su un bando rapido: un mese per scriverlo, pubblicarlo e ricevere le candidatura, e un altro mese al massimo per la selezione, così da chiudere entro l'anno la grottesca vicenda che oltretutto ci è costata finora 81.524 euro.
Ma mi sembra chiaro che a questo punto lo stremato Toffetti non disdegnerebbe una chiamata ad personam, magari per una soluzione interna: hanno pronta in casa la Donata Pesenti che per un anno e mezzo ha onorevolmente fatto le veci del direttore, finché non ha dovuto lasciare temporaneamente il lavoro per motivi personali. Qualora Pesenti tornasse disponibile, sarebbe un'alternativa rapida ed indolore.
Temo però che si profili all'orizzonte l'ennesima battaglia per la conquista del Museo. In tal caso ne vedremo ancora di cotte e di crude.
La pantomima dell'aspettativa l'ho ricostruita così: Moreschini vince il bando e chiede l'aspettativa al Miur, di cui è dipendente; dal Miur non arriva risposta; i solleciti sono inutili; sollecita il Museo; sollecita la Regione; sollecitano tutti; si apre uno spiraglio, il Miur concederebbe un'aspettativa ma per un solo anno; vuole però l'assenso dell'Accademia Albertina, ente cui è assegnato Moreschini, sebbene attualmente in distacco alla Venaria Reale; l'Accademia Albertina dà volentieri l'assenso; la Venaria si adegua ma forse non è entusiasta, perché perderebbe un eccellente direttore amministrativo senza la garanzia di ottenere un sostituto; si aspetta una rapida risposta dal Miur, che però non arriva; finché Moreschini, che ha capito l'antifona, decide di rinunciare alla carica e se ne torna al suo posto fisso e sicuro in Reggia. Esce di scena il Celestino Quinto dei direttori e il Museo del Cinema ricasca al pian dei babi. Purché dopo Celestino Quinto non arrivi Bonifacio Ottavo.
Solo a Torino. Solo noi. La città più sgangherata e sventurata d'Italia.
E io, cretino, mi ero illuso che una volta tanto avessimo risolto almeno un problema.
Va da sè che la prima domanda è perché mai il Miur non si faccia scrupolo di creare una simile situazione di minchia.
Un circo. Siamo in un circo. E dunque qualsiasi retropensiero è possibile, se non dimostrabile.
Stupisce che un ministro di un governo guidato pure dai cinquestelle non conceda a una città amministrata dai cinquestelle di avvalersi di un direttore scelto per guidare un museo che appartiene anche alla città stessa.
A meno che sotto sotto all'amministrazione di quella città non dispiaccia per nulla di non avvalersi di quel direttore.
Oppure, altra ipotesi, il ministro - che è in quota Lega - potrebbe voler perculare a Torino gli alleati che non può perculare a Roma.
Certo, sono sospetti machiavellici. Ma in un circo tutto è possibile. E non è escluso - ma proprio per niente - che un ministro si metta di traverso semplicemente perché gli gira di far così e lui è il ministro e fa il cazzo che gli pare ed essendo insegnante di educazione fisica gli pare di mostrare i muscoli.
Poi c'è il circo parallelo della burocrazia, e anche quello è fantastico: poni che la ridicola pantomima sia frutto dell'impuntatura di qualche alto culodipietra, o della trascuratezza di un passacarte neghittoso... L'ho già detto che in un circo, e in Italia, tutto è possibile?
Io comunque ho chiamato il presidente del Museo del Cinema, Sergio Toffetti. L'ho beccato a Teheran, dove il Museo ha portato una rassegna sul Neorealismo, e sto domandandomi chi di noi pagherà la telefonata.
A proposito di questa ennesima puntata della soap-opera, Toffetti non sa se ridere o piangere. Non se ne capacita. Comunque, appena rientra a Torino convocherà il Comitato di gestione. Decideranno il da farsi. E' improbabile che vadano a ripescare qualcuno dei candidati dell'ultimo bando: se non li hanno scelti, un buon motivo c'era.
Dunque, se risulterà obbligatorio per legge ricorrere al bando, Toffetti punterà su un bando rapido: un mese per scriverlo, pubblicarlo e ricevere le candidatura, e un altro mese al massimo per la selezione, così da chiudere entro l'anno la grottesca vicenda che oltretutto ci è costata finora 81.524 euro.
Ma mi sembra chiaro che a questo punto lo stremato Toffetti non disdegnerebbe una chiamata ad personam, magari per una soluzione interna: hanno pronta in casa la Donata Pesenti che per un anno e mezzo ha onorevolmente fatto le veci del direttore, finché non ha dovuto lasciare temporaneamente il lavoro per motivi personali. Qualora Pesenti tornasse disponibile, sarebbe un'alternativa rapida ed indolore.
Temo però che si profili all'orizzonte l'ennesima battaglia per la conquista del Museo. In tal caso ne vedremo ancora di cotte e di crude.
La pantomima dell'aspettativa l'ho ricostruita così: Moreschini vince il bando e chiede l'aspettativa al Miur, di cui è dipendente; dal Miur non arriva risposta; i solleciti sono inutili; sollecita il Museo; sollecita la Regione; sollecitano tutti; si apre uno spiraglio, il Miur concederebbe un'aspettativa ma per un solo anno; vuole però l'assenso dell'Accademia Albertina, ente cui è assegnato Moreschini, sebbene attualmente in distacco alla Venaria Reale; l'Accademia Albertina dà volentieri l'assenso; la Venaria si adegua ma forse non è entusiasta, perché perderebbe un eccellente direttore amministrativo senza la garanzia di ottenere un sostituto; si aspetta una rapida risposta dal Miur, che però non arriva; finché Moreschini, che ha capito l'antifona, decide di rinunciare alla carica e se ne torna al suo posto fisso e sicuro in Reggia. Esce di scena il Celestino Quinto dei direttori e il Museo del Cinema ricasca al pian dei babi. Purché dopo Celestino Quinto non arrivi Bonifacio Ottavo.
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