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PARIGI UNCHAINED: DUE O TRE COSUCCE CHE NON VOLEVA TENERSI NEL GOZZO

Relazioni tempestose. Antonella Parigi e Francesca Leon
Come vi avevo preannunciato nel post di ieri, il mio articolo sul Corriere sullo stato della cultura e del turismo a Torino (considerazioni che peraltro avevo già ampiamente espostosul blog all'inizio dell'anno) ha suscitato un tot di reazioni che trovate sul Corriere di oggi: a questo link c'è una buona intervista a Ernesto Ferrero che non le manda a dire ("A persone modeste corrispondono gestioni inadeguate"), ma ciò che davvero mi ha divertito è la lettera al giornale di Antonella Parigi. Col pretesto di esaminare lo stato delle cose culturali in città, la quasi ex assessora fa l'ultimo prezzo (saldissimi di fine stagione: tanto che gliene frega, ormai, della concordia istituzionale?) a Maiunagioia e all'intero cucuzzaro comunale. Mi ha talmente divertito, quella letterina della buona notte, che mi sono spontaneamente offerto di tradurne in italiano esplicito alcuni passaggi diplomaticamente evasivi nell'originale.
Poiché la letterina era arrivata pure a me, per conoscenza, stasera mi prendo inoltre la libertà di pubblicarla anche qui sul blog, integrale ed integrata da varie NdG (note di Gabo) estemporaneamente arricchite rispetto alla versione-Corriere; e con l'aggiunta di alcuni link coerenti. Adesso aspettiamo con malcelata impazienza la replica - che non può mancare, per par condicio - di Maiunagioia.

La lettera della Parigi (e le note di Gabo)

Ma adesso, ladies and gentlemen, ecco a voi la Paris' Letter:

Ho letto con attenzione il lungo articolo dedicato alla cultura e al suo rapporto con il turismo. Mi permetta di esprimere alcune opinioni in merito facendo una doverosa premessa: non bisogna confondere Torino con il Piemonte. Il Piemonte è composto da situazioni molto diverse tra di loro, con storie e contesti che vanno analizzati in profondità singolarmente.
Concentrerò dunque la mia attenzione su Torino, cominciando con il dire che ha perfettamente ragione Gabriele Ferraris quando afferma che è cambiata la narrazione sulla città. Ha torto nel dire che io mi stupisco: ne sono perfettamente consapevole e dal 2016 ho registrato l’affievolirsi del posizionamento culturale della città di Torino
(Traduzione: "Chiarabella, da quando sta sulla poltrona di sindaco, ha fatto carne di porco della cultura a Torino". Piuttosto tranchant, nevvero? NdG). Da cosa deriva questo? Provo ad offrirle la mia opinione: 

1. Il primo gesto è stato separare la delega della cultura dalla delega del turismo
(Traduzione: "La bella trovata chiarabellica di affidare ad assessori diversi cultura e turismo è stata una minchiata senza senso. Ma già, lei doveva dimostrare che la cultura è per le periferie, non per i turisti". NdG). È legittimo ma comporta dire che la cultura non è motore del turismo. D’altra parte nella campagna elettorale della sindaca Appendino le code dei musei sono state il simbolo di una città che aveva dimenticato le periferie. Così l’impostazione della nuova giunta è stata quella di
una cultura pensata non per attrarre turisti ma per ricucire la cittàIl simbolo di questa visione è “Luci d’artista": molte sono state spostate in periferia e questo ha fatto sì che che se ne perdesse il senso unitario e di circuito pensato anche per la visita della città. Non sta a me dire se questa scelta abbia migliorato la vita delle periferie (Traduzione: "Hanno piazzato le Luci in posti dove i turisti comunque non vanno: e non sono quattro Luci a cambiare la vita a chi sta male". In questa frase si avverte l'eco delle famose sassate contro l'installazione luminosa in piazza Montale. NdG)

2. Non conosco nessun settore commerciale e industriale che cresca in assenza di investimenti.
Quali sono stati gli investimenti in cultura in questi anni a Torino? Le istituzioni culturali sono state faticosamente in piedi a fronte di bilanci sempre più risicati. Io stessa ho fatto una scelta molto precisa: rinunciare a velleità da assessore per tenere in piedi il sistema culturale della città (Traduzione: "Questi del Comune hanno tagliato l'impossibile, e i soldi che mancavano li abbiamo messi noi. Rinunciando ai nostri progetti, per di più. Ma vi pare logico?". NdG). Come Regione siamo intervenuti in molti ambiti per sostenerli. Tutta l’arte contemporanea è sostenuta dalla Regione, il sistema cinema, il sistema teatrale, abbiamo dato un contributo straordinario al Teatro Regio, aumentato la contribuzione a Musei e mostre (peraltro senza tanta riconoscenza, come dimostra il caso Fondazione Torino Musei) (Traduzione: "Gli abbiamo salvato i musei, e manco ci hanno detto grazie". Il riferimento è alla Fondazione Piemonte Torino Musei, il Grande Progetto della Parigi che si è arenato sulle secche della Commissione cultura del Comune presieduta da Massimo Giovara aka "l'assessore supplente". Quella dei contributi straordinari che l'anno scorso la Regione ha smollato alla Fondazione Musei per riparare ai danni dei tagli comunali è una faccenda che alla Parigi sta sulle glorie fin dall'inizio: ricordo quando, esasperata, dichiarò - era il dicembre del 2017 - che "essere aiutati non è un diritto. Il Comune di Torino ha tolto 1 milione e 300 mila euro di contributi alla Fondazione Torino Musei: da questo nascono gli esuberi e la situazione attuale. Come Regione Piemonte abbiamo dato la nostra disponibilità ad aiutare la Città, ma questo non deve essere confuso con un diritto incondizionato. E con la demagogia si fa poca strada". Più di un anno dopo, il ricordo ancora le brucia: soprattutto per via degli schiaffoni che s'è beccata in ricompensa. E ben le sta: poteva lasciare che si arrangiassero. NdG). Ricordo che la Regione contribuisce al Salone del Libro con 1,2 milioni di euro, a fronte dei 700.000 della città (che peraltro l’anno scorso sono stati 300.000,00) (Traduzione: "Manco hanno sganciato tutti i soldi che s'erano impegnati a sganciare, mannaggialloro...". E' la conferma di quanto sentivo dire da un po': poiché la scorsa edizione del Salone ha chiuso in attivo, il Comune garantirà solo "le risorse effettivamente spese". Pare però che la stessa procedura venga adottata pure dalla Regione. Chissà perché le cose non le dicono subito e chiare... NdG). E temo che non sia finita perché vorrei sapere se il bilancio del 2019 della Città prevede nuovi tagli: a prima vista sembrerebbe di sì, ma potrei sbagliarmi (Ho visto il bilancio ma non mi sbilancio non essendo un bilanciere provetto: fra pochi giorni verrà Maiunagioia in Commissione a raccontarci gli stanziamenti per la cultura nel 2019. Però ho letto dei numerini, sotto la voce "Attività culturali e interventi nel settore culturale" che mi hanno un pochetto allarmato: tipo una "previsione di competenza" che è di 53,7 milioni per il 2018 ma diventa 44,6 per il 2019; e una "previsione di cassa" di 72,6 milioni nel 2018 ridotti a 64,9 nel 2019. Ripeto, non ci capisco una mazza e anziché tavanare a vanvera aspetto che quei numeri me li spieghi chi sa. Intanto, conoscendo i miei polli, non riesco a non preoccuparmi... NdG)

3. Torino aveva un posizionamento culturale legato alla sperimentazione, alla capacità di produrre nuovi contenuti anche mirati ad un pubblico giovane. Più Berlino che Parigi per capirci. Oggi si pensa ad un capodanno per famiglie. Senza contare che oggi non abbiamo nessun luogo in cui ballare
(A dire il vero posti per ballare io ne conoscerei ancora qualcuno, semmai me ne prendesse l'insana voglia. Ma al Valentino magari anche no. E qui il riferimento velenoso è fin scontato... NdG). Sono scelte legittime, ma cambiano il posizionamento della città, ovvero i motivi per cui le persone vengono a Torino.

4. La dinamicità di una città è data non solo dagli eventi, ma da un insieme complessivo di azioni che danno il tenore di ‘energia’ di una città. Non sono io a dover evidenziare che da più parti è stato evidenziato un rallentamento della spinta energetica e di cambiamento che aveva attraversato Torino negli anni passati.

5. Il vituperato ‘sistema Torino’ si è sgretolato. Oggi la sensazione è che ognuno vada un po’ per conto suo. Nessun ente può sostituirsi alla capacità di regia di una città: né la Regione, né l’Unione Industriale, né la Camera di Commercio, né le fondazioni bancarie
(Traduzione: "Non illudetevi che siano le fondazioni a salvarvi il culo: non gratis, comunque". L'Antonellina non ha mai digerito il crescente ruolo anche progettuale delle fondazioni bancarie che, come ho scritto più volte, non accettano più il ruolo di semplici bancomat a disposizione delle politica. NdG). Bisogna tornare a scrivere un piano strategico della città che tenga insieme le diverse visioni della città. E lo deve fare la Città di Torino.

6. Le istituzioni sono fatte di donne e di uomini che le dirigono: in molti casi abbiamo rinunciato all’eccellenza, e anche questo vuole dire
(Traduzione: "Non si cava sangue dalle rape, e con certe nomine non si va da nessuna parte". Chissà se l'assertiva Parigi si riferisce soltanto alle stravaganti nomine o non nomine o defenestrazioni e pubblici auto-da-fè che ci siamo sucati in questi ultimi anni: sospetto - ma è soltanto un vago sospetto - che questo punto 6 così stringato e apodittico rappresenti il liberatorio showdown di una insofferenza che è cresciuta con il tempo e gli scazzi, fino a esplodere in un definitivo giudizio dell'assessore regionale alla Cultura sulla sua omologa comunale. In parole povere, se non si è capito, le canta chiare a Maiunagioia. NdG).

7. Sulla Reggia di Venaria: il calo dei visitatori è dovuto in gran parte alla chiusura del villaggio di Babbo Natale
(Mi spiace, ma le cose non stanno così, stanno molto peggio: e i numeri comparati lo dimostrano, come si può constatare leggendo questo post, oppure questo articolo sul Corriere. NdG). Ma certo bene non ha fatto il lungo dissidio tra Direttore e CdA. In ogni caso è evidente che di questo cambiamento nel posizionamento di Torino risentono i musei più legati al turismo, e Venaria è tra questi.

Però, caro Direttore, io la ringrazio di aver parlato di cultura. Perché, vede, la parola cultura è scomparsa dal dibattito nazionale, ma è scomparsa anche da quello cittadino. Non si tratta solo di programmi politici, ma anche sui media cittadini l’attenzione si è affievolita. Si preferisce parlare di marciapiedi rotti o di buche nell’asfalto. Temi non certo da tralasciare, ma che non rendono giustizia alla mia città, che vorrei ricordare non vuole avere un destino da città di provincia 
(Epperò pare intenzionata a candidarsi a "Capitale italiana della Cultura", come una vera città di provincia... NdG).
Cordialmente
Antonella Parigi


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