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IL TURISMO RIPARTE, MERITO DEI GRANDI EVENTI. MA QUALI?

Il grafico della percentuale d'occupazione delle camere d'albergo a Torino negli ultimi cinque anni, mese per mese (fonte Osservatorio Alberghiero)
Finalmente posso parlare di turismo con seri motivi di ottimismo: sono arrivati i dati dell'Osservatorio Alberghiero che confermano la ripresa cominciata lo scorso aprile, dopo un semestre davvero pessimo. 

Quanto vale il rapporto dell'Osservatorio Alberghiero

Va precisato che il rapporto annuale dell'Osservatorio Alberghiero non fotografa perfettamente l'intera realtà turistica: è uno studio basato soltanto su un campione (largo) di hotel tradizionali e non tiene conto del fenomeno in rapida espansione delle strutture extra-alberghiere (b&b, airbnb e simili): un mercato, questo, in forte sviluppo (dal 2014 al 2017 si è passati da 85 mila a 149 mila arrivi annui) ma ancora modesto rispetto a quello degli alberghi tradizionali, che crescono più lentamente ma che nel 2017 hanno totalizzato quasi 1.113.892 arrivi (erano 1.031.484 nel 2014). I numeri del 2018 sono in fase d'elaborazione, ma è certo che confermeranno la tendenza. Nell'attesa, lo studio dell'Osservatorio Alberghiero è comunque un documento molto attendibile.

Il 2018, un anno migliore

Diciamo subito che il 2018 è stato un anno migliore del 2017. Secondo il campione dell'Osservatorio Alberghiero, l'occupazione delle camere è stata l'anno scorso del 68%, contro il 66% del 2017. E va sottolineato che lo storico deli ultimi cinque anni indica una crescita lenta ma costante: si è passati dal 60 per cento del 2014 al 63 per cento del 2015 (che fu un anno eccezionale per via dell'Ostensione e della visita del Papa), che diventa 65% nel 2016.
Si tratta di percentuali arrotondate per eccesso: in realtà l'aumento rispetto al 2017 quest'anno è di 1,9 punti percentuali; era stato di 1,1 nel 2017 sul 2016. 

Fuori dalla crisi?

Il rapporto dell'Osservatorio conferma sia la ripresa significativa cominciata ad aprile, sia la pesante crisi che il turismo torinese - o quantomeno quello alberghiero - ha attraversato nell'ultimo trimestre del 2017 e nel primo trimestre del 2018. Secondo i dati diffusi l'anno passato (1° febbraio 2018) dall'Osservatorioa ottobre 2017 fu occupato il 74,8% delle camere (era il 77,2% nel 2016); a novembre il 72,3% (il 75,7% nel 2016); a dicembre l'occupazione delle camere scese al 57,4%, contro il 61,1% dello stesso mese del 2016.
Qui devo dar conto di una discrepanza. Oggi la Camera di Commercio ha presentato una tabella contenente lo storico del periodo 2014/2018 dalla quale mi risultano però, alla voce "occupazione delle camere", percentuali diverse rispetto a quelle comunicate un anno fa: secondo la tabella odierna, a ottobre 2017 l'occupazione delle camere fu del 76% rispetto al 78% del 2016; 73% a novembre (76% nel 2017); 58% a dicembre (62% nel 2016). Gli arrotondamenti sono evidenti: i criteri degli arrotondamenti un po' meno. 
Ad ogni modo: secondo i dati diffusi oggi, nel 2018 la tendenza negativa per l'occupazione delle camere è continuata in gennaio (55% rispetto al 56% di dodici mesi prima), febbraio (62% rispetto al 63% del 2017) e marzo (67% contro il 70% del 2017). Ma questo ve lo avevo già raccontato. Come vi ho pure raccontato la ripresa cominciata da aprile e confermata nei mesi successivi, sempre in positivo con un'unica, curiosa flessione: il 78% dell'occupazione delle camere a settembre 2018 contro il 79% del 2017, benché nel 2018 a settembre ci sia stato il Salone del Gusto; nel settembre 2017 però a Torino si tennero il G7 e una mega convention aziendale al PalaAlpitour con circa 10 mila partecipanti.

Ronaldo o business?

Un altro fatto che merita un approfondimento è la crescita delle presenze durante la settimana, fuori dai weekend: qualcuno insiste ad attribuirlo al famoso "effetto Ronaldo", e io insisto a considerare questa ipotesi una solenne minchiata: che vuol dire, che i turisti vengono a Torino durante la settimana sperando di incontrare Ronaldo per strada? E non credo che basti qualche partita infrasettimanale. Propenderei piuttosto per la clientela business: intanto perché è un dato che riguarda gli hotel, e di solito chi viaggia per lavoro scende in albergo, non al bed&breakfast; e poi, tutto sommato, Torino è ancora una città di imprese. Spero. 

I prestigiatori hanno funzionato

Uno dei dati più interessanti del rapporto riguarda il periodo delle feste di fine anno. Nel 2017/18 era andata malissimo, complici le miserrime manifestazioni di Capodanno. Stavolta, invece, il Capodanno maggico ha dato buone soddisfazioni: la notte del 31 dicembre 2018 risulta occupato il 91,2% delle camere d'albergo, in confortante crescita rispetto al deludente 86,9% del 31 dicembre 2017. Però non si è recuperato del tutto il crollo rispetto al 31 dicembre 2016, quando si registrò un 92,7% di camere occupate. E, aggiungo, la sera del 1° gennaio 2019 la camere occupate erano il 53,2%, addirittura un po' di meno rispetto al  53,4% del 1° gennaio 2018. 
In compenso è ottimo l'intero periodo fra il 24 dicembre 2018 e il 5 gennaio 2019, con un 55% di occupazione contro il 49% dello stesso - sventurato - periodo 2017/18, e con un picco rispetto anche ai due anni precedenti, quando si registrò il 52% nel 2016/17 e il 47% nel 2015/16. Il merito, dice l'assessore Sacco per niente triste, è senz'altro della trovata di "Torino Città Magica"; ne è talmente convinto che spera in un altro buon risultato a maggio, quando la città ospiterà i Campionati mondiali di magia, la settimana successiva a quella del Salone del Libro. 

La riabilitazione del grande evento

Sacco, ogni volta che parla della ripresa turistica di questi mesi, non manca di attribuirne il merito ai grandi eventi, dal Salone del Libro a Terra Madre, dal Salone dell'Auto al Bocuse d'Or. In effetti, dallo studio dell'Osservatorio Alberghiero risulta che le presenze in città nei giorni di quelle manifestazioni crescono di circa un quarto rispetto alla media del mese. Beh, non ci voleva uno scienziato, per capirlo. E fa piacere che ne convenga anche l'amministrazione civica, per bocca dell'assessore al Turismo. Sono lontani i tempi in cui una Leon orgogliosa fino alla spocchia dichiarava che a Torino non servono le grandi mostre perché "i grandi attrattori turistici a Torino sono rappresentati dalle grandi collezioni museali, in primo luogo il Museo Egizio, il Museo del Cinema, Palazzo Reale e la Reggia di Venaria Reale... i motivi principali della scelta di venire a Torino è la presenza di queste istituzioni". 
Adesso Sacco è convinto che i visitatori siano richiamati, se non dalle grandi mostre (che non ci sono), quantomeno dai grandi eventi. E Chiarabella stessa, compiacendosi del buon andamento turistico, ha tenuto a sottolineare che non è vero che a Torino mancano gli eventi.

Cosa intendiamo oggi per "grande evento"

Però oggi, nella narrazione comunale, il "grande evento" ha assunto una connotazione diversa rispetto al passato: è meno legato al concetto di "cultura". I nostri zuavi non sembrano riporre particolare fiducia nel potere attrattivo di mostre d'arte e festival, e preferiscono puntare su altri generi, dalla cucina alla magia. Oltre le partite della Giuve, naturalmente.
Preciso a titolo personale che io preferirei vivere in una città rinomata per le proposte culturali più che per le esposizioni di automobili, i prestidigitatori, il futbòl, i cioccolatini e le gare fra cuochi. Ma sono gusti miei. Se quella roba tira, e a quanto pare tira, fate bene a sfruttarla. Purché i turisti arrivino e l'economia giri. Io la mostra di Picasso vado a vedermela a Milano, poco mi cambia. 

Meno quadri, più tavole: è un turismo diverso?

Questo mutamento in atto nell'idea stessa di "grande evento" da proporre ai turisti potrebbe spiegare il fenomeno, altrimenti inspiegabile, per cui aumentano i visitatori in città ma al tempo stesso diminuiscono o stagnano le presenze nei musei, specie alcuni di quelli (Cinema, Egizio, Venaria) citati a suo tempo da Maiunagioia come inossidabili "attrattori turistici". 
Io sono portato a credere che la flessione dipenda dall'assenza o dall'inadeguatezze di mostre che rinnovino l'attrattività dei musei stessi (per i turisti, ma anche per i torinesi), ma non escludo che il fenomeno sia dovuto almeno in parte alla tipologia dei nuovi turisti, interessati più all'enogastronomia, o alle auto, o magari a Ronaldo, che alla tradizionale offerta museale. Né si può pensare che vada per musei chi viene a Torino in viaggio d'affari. 
Però attenzione: nel 2018 Turismo Torino ha distribuito oltre 1400 questionari ai visitatori della città, raccogliendo una serie di interessanti risposte sulle loro motivazioni: ebbene, il 77 per cento ha dichiarato che durante il suo soggiorno torinese ha visitato almeno 4 fra mostre e musei, e il 19 per cento ne ha visto almeno uno. Ciò mi autorizza che il turista, se sceglie di venire a Torino, non sia mosso esclusivamente dalla passione per tartufi e motori.
Quindi, al netto dei manager e dei tifosi in trasferta, la domanda resta: se aumentano i turisti, perché i musei perdono visitatori? Saranno forse i torinesi ad averli abbandonati. Per noia. La noia del déjà vu.

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