De Gaetano se la ride. E' un ragazzo di buon carattere |
Poi, la sera, vado al Carignano per la prima dello Stabile e chi ti trovo, proprio nella fila alle mie spalle? Massì, è lui, Domenico De Gaetano per gli amici Mimmo. Sta a fianco di Paolo Manera, il direttore di Film Commission. Entrambi d'ottimo umore.
Mimmo mi saluta giovialmente, io giovialmente ricambio e gli domando: "Allora, Mimmo, al Museo ci sei già andato, a prendere contatto?". Lui mi fa un gesto tipo "eeeh, hai voglia!", e risponde "sì, sì, ci sono stato, certo". E io, che a 'sto punto sono curioso: "E 'sto contratto l'hai firmato o no?". Lui esita un attimo, poi con l'aria del "vabbé, togliamoci il dente e non ci pensiamo più", ammette: "Sì, l'ho firmato, certo che ho firmato".
Wow, svelato il terzo mistero di Fatima. "Beh, potevate aspettare ancora un po' a dircelo...", gigioneggio. E De Gaetano: "Ah, mica dipende da me, io faccio quello che mi dicono...".
La conversazione viaggia su binari amichevoli, dunque mi risparmio le battute sceme del genere "ma non sei il direttore?", epperò m'informo: "E' una strategia dell'ufficio stampa?". "Guarda, non so bene cosa vogliano fare, penso una conferenza stampa, mi devono dire".
Vabbé, abbozzo, aspetteremo. "Sai, ciascuno ha le sue idee, e bisogna tenere conto di tutte...", spiega lui, già in modalità direttore. "Ah, certo - opino io - e al Museo, poi, ci sono tante idee quante teste, dunque avrai il tuo daffare...".
De Gaetano ride. Di sicuro è un ragazzo di buon carattere. Figuratevi che è stato tutto il tempo seduto dietro di me, e non ha neppur tentato di accoltellarmi. Non è da tutti, a Torino.
E il presidente?
Dissolto così il terzo mistero di Fatima, approfittando dell'intervallo ho affrontato di buon piglio il quarto, e sono andato a domandare a Giampiero Leo se ha davvero rinunciato ad accettare la presidenza del Museo. Che Cirio gliel'abbia offerta, sono più che propenso a crederlo. Leo è un democristiano di lungo corso, e si sa che i democristiani sono come le cravatte classiche: stanno bene con tutto. E poi è un notorio pacifista, e mi sa che al Museo di 'sti tempi serva un pacifista. O, in alternativa, i Caschi Blu.Però Leo è un pacifista, non un pazzo, e figurati se lascia la sua tranquilla poltrona di consigliere della Fondazione Crt per andarsi a sedere su quella bomba a orologeria che è oggi la presidenza del Museo del Cinema, e direi in genere la presidenza di una fondazione culturale. Una volta quelle cariche erano sinecure, una specie di omaggio alla carriera, tipo una croce da commendatore. Oggi sono fonti inesauribili di rogne che devi sucarti gratis, con l'incubo perenne di mettere una firma sul documento sbagliato e ritrovarti al gabbio senza passare dal via; e comunque ti tocca sorbirti grane, lamentele, agguati e conversazioni sgradevoli con personaggi sgradevoli, e persino con i politici.
Difatti il soave Leo mi dice che sì, lo considererebbe un grandissimo onore, ma no, lui ha già un impegno con la Fondazione, non vorrebbe mai mancare a un impegno e no, non ha idea a chi toccherà il prestigioso incarico, ma sarà senza dubbio un profilo d'altissimo livello. Ah, immortale sapienza democristiana...
In effetti, neanch'io ogi come oggi saprei chi possa essere disposto ad beccarsi il badò. Sospetto che non lo sappia neppure Cirio. Il quarto mistero di Fatima aleggia ancora attorno alla Mole.
Ah, già, lo spettacolo: fa scassare, andateci
P.S. Non vi ho detto dello spettacolo che ha inaugurato la stagione dello Stabile: è "Rumori fuori scena", classica pochade esaltata dalla regia di Valerio Binasco, che è anche fra gli interpreti, uno più bravo dell'altro. Sarà pure teatro "minore", ma se è recitato così, beh, è una meraviglia.D'accordo, è straniante una commedia comica in cartellone allo Stabile, tanto più ad aprire la stagione. Di solito presentano cose serissime e bellissime e pensose e piene di pathos, e io mi risveglio verso la fine del terzo atto. Stavolta invece mi sono scassato dal ridere. In sala ci sganasciavamo tutti come matti. Irresistibile. Andateci anche voi, vale più del prezzo del biglietto. Tanto ormai, a Torino, non ci resta che ridere.
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