A dire il vero non avevo nulla di nuovo da aggiungere al dibbbattito sull'opportunità o meno di importare in franchising il Primavera Sound di Barcellona, così da dotare Torino del "Grande Festival Musicale Estivo di Richiamo Internazionale". Un'idea, questa del GFMERI, che l'amministrazione civica rispolvera ciclicamente, senza mai davvero raggiungere l'agognato obiettivo: lo testimoniano i precedenti del Torino Jazz e di Todays, il cui "grande richiamo internazionale" è rimasto un'ipotesi di scuola, o se preferite un pio desiderio.
Stavolta il fattore scatenante è stato, l'anno scorso, il frisson lasciato dall'Eurovision nei precordi del sindaco e dei suoi assessori. E, ripeto, al proposito io non avrei nulla da aggiungere a quanto già ho scritto un anno fa (ecco il link): non servono astronavi calate dallo spazio, conviene invece coordinare gli sforzi dei festival importanti già presenti nel cartellone estivo torinese, che nel loro insieme già sono un Grande Festival. Dobbiamo soltanto sostenerlo, promuoverlo e raccontarlo come tale. Fine della storia.
Sennonché, dopo aver letto per giorni e giorni, sui giornali e in rete, accesi interventi pro e contro il Primavera Sound, ho concluso che a questo punto anch'io posso permettermi di fare il pomodorino. Così ho mandato al Corriere un commento nel quale riassumevo le dichiarazioni rilasciate un anno fa degli assessori Carretta e Purchia: dichiarazioni che, a mio parere, sembravano escludere l'importazione di un festival "chiavi in mano", mirando invece a un progetto che valorizzi la creatività e l'imprenditorialità autoctona. L'articolo è uscito ieri e potete leggerlo a questo link.
L'assessore Carretta, letto l'articolo, mi ha cortesemente chiamato per "puntualizzare" alcuni aspetti della vicenda-Primavera (che non è un involtino, ma rischia di diventare una mappazza). Con la consueta diligenza ho riportato le sue puntualizzazioni in un secondo articolo, uscito oggi sul Corriere (lo trovate anche a questo link). Non sto quindi a ripetere pure qui quanto mi ha detto Carretta; c'è tuttavia un passaggio del suo discorso che mi ha fatto riflettere.
Il Comune - dice Carretta - ha chiesto da tempo agli organizzatori dei festival torinesi di proporre un progetto “unitario” per dare vita, nella location del Parco Dora, a un super-evento di forte richiamo nazionale che apra la stagione dei festival cittadini. Ciò in effetti sarebbe un ottimo viatico per affermare l'immagine di un formidabile cartellone che per un mese e mezzo offre una gamma di eccellenti concerti, dall'avanguardia alla techno, dal pop al classic rock. Il problema, sostiene Carretta, è che finora di proposte non ne sono arrivate. Niente di concreto, almeno, se non per l'appunto la proposta di mettersi in casa una "filiale" del Primavera.
Ora: è chiaro che gli organizzatori torinesi patirebbero gravemente la schiacciante concorrenza del Primavera Sound d'importazione; ma, di fronte a una simile minaccia, finora si sono limitati ai brontolii e alle caute invettive. Buon senso vorrebbe invece che, messe da parte rivalità e invidie, gli operatori riuniti mobilitino le loro forze e le loro progettualità per offrire al Comune un'alternativa valida al Primavera Sound.
Ci riusciranno? Io li conosco bene, gli operatori musicali torinesi: sono ottime persone e professionisti capaci, ma poco inclini a fare sistema, abbarbicati - chi più chi meno - al proprio particulare. Oggi come oggi ciascuno di essi s'è creato un proprio spazio, un pubblico, una vocazione, e tutti lavorano senza pestarsi reciprocamente i piedi (non troppo, almeno). Ma la Storia insegna che l'equilibrio fra forze equivalenti funziona benissimo finché non arriva qualcuno molto più grosso e cattivo che se li pappa tutti, e buonanotte al secchio.
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