La grande abbuffata per me è già finita, e sotto sotto non me ne dispiaccio. Troppa roba per un uomo solo, e dunque sia benedetto il provvidenziale colpo della strega che mi s'è abbattuto sulla schiena a degna conclusione della prima giornata di peregrinazione per fiere e mostre d'arte, offrendomi così una decente autogiustificazione per non infliggermi ulteriori marce fra capolavori veri o presunti. Tanto, per mia buona sorte, ho già visto ciò che valeva la pena di vedere.
L'ho vista a Flashback. E mi ha folgorato. Una veduta veneziana di Canaletto, enorme in tutti i sensi. Fuori dalla norma per dimensioni - occupa un'intera parete dello stand della londinese galleria Lampronti - e fuori dalla norma pur altissima della maestrìa canalettiana. Ne ho visti, di Canaletto, nei musei del mondo intero: ma questo li straccia tutti, è il capolavoro assoluto. Ed è qui, a Torino, a Flashback in corso Sella 75, per questi pochi giorni della fiera, emerso da una collezione privata e destinato a scomparire di nuovo, e chissà per quanto tempo, in un'altra collezione privata, quella del fortunello che potrà permettersi di comperarlo.
Non perdete l'occasione, dunque. Un dipinto come quello è unico. Se il nostro fosse uno Stato civile lo acquisterebbe per metterlo a disposizione di tutti in un museo, magari veneziano. Ma, stando come stiamo, dobbiamo approfittare del breve intermezzo, dello spiraglio che per pochi giorni ci rivela il sublime. Adesso o mai più.
Mentre lo contemplavo in preda alla sindrome di Stendhal, rifletteva con amarezza su certe "apoteosi del nulla" di moda negli ultimi tempi: l'esposizione di un singolo dipinto - non sempre eccellente - trasformata in "evento irripetibile"; le lunghe code per ammirare il presunto masterpiece; il cancan informativo; le sbrodolature critiche; gli sdilinquimenti a vuoto. Siamo arrivati a prender per tesori d'arte crostacce ingloriose: ancora rido al ricordo del barnum messo su a Palazzo Madama per quella tavola di Ugo da Carpi "fatta senza pennello”, già ai tempi suoi sbeffeggiata da Michelangelo in persona ("Sarebbe meglio che avesse adoperato il pennello e l'avesse fatta di miglior maniera" fu il suo giudizio senza appello, immortalato dal perfido Vasari).
Ecco, il Canaletto di Flashback è invece l'autentico, incontestabile "evento" non solo della "settimana dell'arte", ma dell'intera annata torinese. Correte a riempirvene gli occhi, finché potete.
Nel mio pur breve giro per fiere credo peraltro di aver individuato non soltanto il meglio, ma anche il peggio dell'art week: il peggio l'ho scovato ad Artissima, ben nascosto nell'angolo cieco di uno stand. Sulle prime ho pensato a semplice sciatteria: uno scatolone buttato lì alla chissenefrega, sul quale un gatto se la dorme beatamente. Sarà il gatto del gallerista, mi sono detto, che s'è rifugiato in questo sgabuzzino. Poi ho guardato meglio: c'era la targhetta che confermava trattarsi d'opera d'arte. Il gatto non l'ho neppure sfiorato, ma era immobile, non respirava. Dopo qualche minuto d'attenta osservazione, ho capito: o quello era il più realistico pupazzo del mondo, oppure era un vero gatto imbalsamato. Opto per il gatto imbalsamato, gran bell'oggettino d'arredo. L'orrore, l'orrore...
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