Ricevo e pubblico con autentico piacere:
Settimo Torinese si candida a capitale italiana della cultura 2018. Il dossier di candidatura è stato depositato a Roma il 30 giugno scorso. Dopo Mantova e Pistoia, città d’arte, ecco l’occasione per scoprire che cos’ha la cultura italiana delle periferie da offrire in termini di innovazione, accoglienza, tecnologia.
La candidatura di Settimo Torinese fa leva sulla cultura non eredità di un passato, ma sui valori di una periferia che accoglie migranti, crea innovazione e ricerca, studia soluzioni di integrazione culturale e di sviluppo economico.
Settimo Torinese non ha una reggia, non ha castelli, non ha cattedrali rinomate, non ha affreschi rinascimentali, non ha residenze sabaude. Settimo Torinese era un borgo di lavandai di circa 13,000 abitanti, che tra gli anni 50 e 60 vide arrivare 30.000 persone provenienti prevalentemente dal Polesine e dal Sud Italia.
Oggi la storia si ripete, e a Settimo c’è il Centro Fenoglio, il più grande hub di Prima Accoglienza e Richiedenti Asilo del Nord Italia. E’ impressionante la somiglianza tra le foto scattate a Settimo negli anni 50, con i migranti del Polesine e del Sud Italia in arrivo con pacchi, valigie sulle testa, bambini in braccio, e le immagini di oggi, con i migranti che scendono dai pullman: stessi pacchi, bambini, valigie, destinazione Settimo Torinese. E’ come se l’accoglienza dei migranti fosse nel DNA di Settimo Torinese.
C’erano tutte le premesse perché Settimo diventasse una polveriera sociale.
E invece grazie alla cultura, che è stato il motore della coesione sociale, la periferia ha iniziato un suo percorso di riscatto. E a fine anni 70 nasce proprio a Settimo l’esperienza del Teatro Laboratorio Settimo fondato da Gabriele Vacis e dove nascono e fioriscono i talenti di Laura Curino, Marco Paolini, Alessandro Baricco, Roberto Tarasco e molti altri.
E questa esperienza poteva nascere proprio a Settimo, una città dove sono forti i conflitti sociali, il disagio delle periferie, ma dove allo stesso tempo ribolliva una fortissima voglia di riscatto.
La cultura è diventata rapidamente uno straordinario strumento di aggregazione, integrazione, crescita e sviluppo del territorio. E soprattutto innovazione.
E proprio l’innovazione, la voglia di trovare nelle criticità occasioni di sviluppo sono stati gli ingredienti con la quale la città ha affrontato la crisi dell’industria a partire dagli anni 80.
Gabriele Vacis: “Da decenni a Settimo abbiamo cercato di praticare una cultura che non fosse solo effimero ed eventi. Ma cultura come memoria ed innovazione nell'industria; la cultura come creazione di relazioni, di comunità, di società; la cultura come bellezza che non è soltanto invenzione di forme, ma interazione, inclusione, partecipazione. Tutto questo ha salvato una periferia che aveva tutte le carte in regola per diventare una banlieue invivibile. Settimo come punta dell'iceberg di tante periferie che hanno fatto e continuano a fare cultura”.
Tanto da arrivare nel 2007 a Woodrow Clarke, vincitore con Al Gore del premio Nobel per la Pace, che ha inserito Settimo Torinese tra i 10 centri mondiali (e unico esempio italiano) per le pratiche di risparmio energetico e sfruttamento delle fonti rinnovabili.
La collaborazione pubblico-privato ha portato ad un nuovo modello di reindustrializzazione in chiave moderna puntata su ricerca, innovazione e sostenibilità. Tre grandi marchi multinazionali: Pirelli, Lavazza e L’Oreal, non solo non hanno delocalizzato ma hanno investito centinaia di milioni euro a Settimo per rinnovare e riqualificare le fabbriche.
Il caso più noto è senza dubbio l’esperienza di Pirelli che ha trasformato la fabbrica di Settimo rendendola lo stabilimento più tecnologico al mondo per il Gruppo e che ospita uno degli edifici più straordinari di Renzo Piano, archistar internazionale. Una Spina completamente vetrata lunga 400 metri, un tetto di pannelli solari e costeggiata da due filari di ciliegi taglia in due le aree produttive della fabbrica, centro di ricerca e innovazione tecnologica di rilevanza mondiale.
Dalle fabbriche dismesse sono nati invece i luoghi della cultura: la Biblioteca Archimede,che ha sede nella ex fabbrica di vernici Paramatti, è una delle strutture più importanti e innovative del Piemonte, con oltre 400.000 utenti anno (quasi 4 volte la media nazionale) e 140.000 prestiti (circa tre volte la media nazionale). Il vecchio Mulino è diventato Ecomuseo e punto strategico delle piste ciclabili lungo la direttrice VEnTO, La Siva la fabbrica di vernici dove ha lavorato per 28 anni Primo Levi è in fase di ristrutturazione per diventare uno nuovo spazio culturale della città dedicata al Levi chimico e “fantastico” de La Chiave a Stella, del Sistema Periodico, dei racconti di fantascienza firmati con lo pseudonimo Malabaila.
Dice Elena Piastra, vicesindaco con delega alla cultura appena trentenne: “Siamo partiti dall'idea di una candidatura "anomala". Ci siamo chiesti ma una città che non è la classica città d'arte può candidarsi a capitale italiana della cultura? Una città che con la cultura e attraverso la cultura ha saputo ripensarsi e divenire oggi una centralità culturale pensiamo possa diventare un simbolo delle periferie italiane che non si rassegnano, un rammendo delle periferie raccontabile e tangibile. Un esempio di come le criticità possano diventare spunti per inventare nuovi percorsi culturali.
L'Italia ha centinaia di cattedrali storiche, di monumenti splendidi, di musei invidiati in tutto il mondo. Settimo no.
Però Settimo porta con sè, nella sua storia, nel suo percorso di sviluppo elementi di grande attualità: il rammendo delle periferie, l'integrazione possibile, le "fabbriche belle".
Sono storie che altri non hanno.”
La candidatura di Settimo Torinese è fortemente sostenuta da Antonella Parigi, assessore alla cultura della Regione Piemonte: “La candidatura di Settimo Torinese a capitale della cultura mi rende davvero felice e rappresenta una delle cose più belle fra quelle con cui mi sono confrontata da quando sono assessore. Si tratta del riconoscimento al ruolo profondo e autentico della cultura, perché proprio la storia e l’esperienza di Settimo dimostrano come essa sia un insostituibile strumento di crescita e coesione per una comunità”.
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