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PORTAMI SU QUELLO CHE CANTA: LA MEMORIA DEI MATTI

Il sindaco di Collegno, Casciano, e (a destra) Paolo Collo
Il sindaco di Collegno, Francesco Casciano, scriverà al presidente della Repubblica: suggerirà a Mattarella di istituire un "Giorno della dignità della condizione umana e dell'apertura dei manicomi". Spero che trovino una dicitura meno complicata; ma spero soprattutto che quel giorno venga istituito. E non ditemi che si stanno inflazionando, i "giorni della memoria". Non credo proprio: di certo non in questo caso.
Quindi vi racconto com'è andata.
Faccio una premessa. Viviamo in un mondo di indignati da Facebook, e siamo portati in genere a considerarci brava gente. I cattivi sono sempre gli altri. Ci assolviamo in fretta, e ancora più in fretta dimentichiamo le nostre brutture.
Eppure proprio qui, alle porte di Torino, abbiamo convissuto - fino alla legge Basaglia, che è del 1978, nemmeno quarant'anni fa - con una istituzione concentrazionaria dove quotidianamente alla domanda "se questo è un uomo" la risposta non poteva che essere un incontrovertibile e desolante "no".
Abbiamo avuto un lager all'angolo di casa. Si chiamava Ospedale Psichiatrico di Collegno, ma in realtà dell'ospedale non aveva nulla. Le sevizie e le umiliazioni cui sono stati sottoposti per decenni i ricoverati-prigionieri, "i matti", sono una pagina d'infamia che è lì, a poche decine di anni e a poche fermate di metropolitana da noi, dalle nostre vite che fingiamo serene e civili. Fu la legge Basaglia, pur nella sua imperfezione, a porre fine a quella vergogna. E oggi quello che fu un inferno in terra, un abisso di sofferenza e disumanizzazione, è diventato - è tornato ad essere - la Certosa Reale, luogo di bellezza, di cultura, di divertimento.

Proprio in occasione di Flowers Festival, uno degli eventi che animano il Parco della Certosa Reale, da ieri è allestita all'Urban Center Metropolitano, di fronte al Municipio di Torino, la mostra "Dai diamanti non nasce niente", che racconta il recupero e la trasformazione di quel monumentale complesso, una delle più imponenti testimonianze dell'architettura sabauda secentesca.
Per l'inaugurazione della mostra, all'Urban Center c'è stato un incontro in cui si è parlato della Certosa, di ciò che è oggi e di ciò che è stata in un passato troppo recente e troppo crudele per essere dimenticato. Tra i partecipanti c'era pure il nuovo assessore all'Urbanistica, Montanari. Ma a me ha colpito l'intervento di Paolo Collo: einaudiano di ferro, stimato traduttore e critico letterario, in gioventù Collo si impegnò nella battaglia per difendere i diritti e la dignità dei degenti psichiatrici, che all'epoca erano considerati meno che bestie, e come tali trattati negli "ospedali" dove non venivano curati, ma annichiliti, abbandonati al degrado, spesso seviziati.
Rievocando quei fatti atroci, ieri Collo ha detto, più o meno: "Sarebbe giusto istituire una giornata che ogni anno ci ricordi cos'è successo, perché la memoria è corta, e con l'oblio riprendono fiato certe idee perverse. Sì, ci vorrebbe un giorno per ricordare: perché è giusto che si sappia, e perché non capiti più".
Questo ha detto Paolo Collo. Il sindaco di Collegno, Casciano, non ci ha pensato due volte. S'è impegnato a muoversi, subito. Ha pure in mente quale potrà essere il giorno: il 13 maggio, data dell'approvazione della legge Basaglia. Che Mattarella lo ascolti.
Dite che mi appassiono troppo a questa storia? Rileggetevi "Portami su quello che canta", il libro di Alberto Papuzzi in cui si rievoca il processo che, per la prima volta in Italia, vide la condanna di uno psichiatra per i maltrattamenti inflitti ai ricoverati. Oppure guardatevi queste ricostruzioni, dal film-tv "La meglio gioventù".
Quello psichiatra sotto processo si chiamava Giorgio Coda, stimatissimo negli ambienti accademici e nella buona società torinese, ma tristemente noto a Collegno come "l'Elettricista" per la sua fervida fede nelle virtù curative dell'elettrochoc ("elettromassaggio", lo chiamava). Lavorava anche a Villa Azzurra, il "manicomio dei bambini"
Francisco Goya: "El sueño de la razón produce monstruos"
Riporto, dal libro di Papuzzi, la testimonianza di un ex ricoverato, Edoardo P.: "Sono stato uno dei massaggiati del dottor Coda... venni sottoposto a due elettromassaggi in pochi giorni successivi che furono per me una terribile tortura... Il trattamento mi fu fatto per punizione, come mi disse il sottocapo degli infermieri... Tutti gli infermieri mi dicevano che dovevo alzarmi e lavorare, altrimenti avrei subito altri elettromassaggi. Quando il Coda giunse di nuovo al mio letto, gli feci presenti le mie condizioni cardiocircolatorie, ma il Coda non ne tenne conto, cosi come faceva con gli altri. L'elettromassaggio era una vera tortura, come una folgorazione continuata a intensità crescente, che produce una vibrazione terribile al cervello e la sensazione di impazzire, nonché uno scintillamento continuo di luminosità: un veder le stelle. Durante l'applicazione, Coda mi diceva delle parole ironiche: "Ti piace questo avvocato? ". "Vedrai che dopo questo lavorerai"
Il processo a Coda si trascinò dal 1968 al 1974; alla fine "l'Elettricista" fu condannato in primo grado a cinque anni, di cui tre amnistiati. Ma non li scontò: ci fu un ricorso in Cassazione, e la prescrizione arrivò prima del giudizio definitivo.
E intanto, nel 1977, Coda venne gambizzato da un commando di terroristi.
Orrore su orrore. El sueño de la razón produce monstruos.
E dunque le giornate del ricordo sono necessarie. Tutte.

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