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L'ORIGINALITÀ PRIMA DI TUTTO

Non oso immaginare l'immane sforzo ideativo che sta dietro al manifesto del prossimo Tff, la cui “retrospettiva” (le virgolette non sono casuali) sarà dedicata a Marlon Brando nel centenario della nascita. “Retrospettiva” su Marlon Brando, foto di Marlon Brando: logico, no? E la foto la prendiamo dal più ovvio dei film con Marlon Brando, ovvero “Ultimo tango”, che lo conoscono tutti per via del burro. Un bel lavoro da AI, il manifesto.

D'altronde, in sé e per sé neppure la “retrospettiva” (le virgolette continuano a non essere casuali) è di quelle che – in linea di principio - richiederebbero uno spreco eccessivo di neuroni umani. Non so con quale impegno di mezzi e di intelligenze verrà partorita dal Tff, ma persino io non avrei avuto difficoltà ad abborracciarla: pur ignorante di cinema come d'ogni altra arte e scienza, alla mala parata avrei risolto visitando il sito di Park Circus (parkcircus.com), un distributore cinematografico internazionale con sede a Glasgow che mette a disposizione di festival, sale cinematografiche e quant'altri la “Marlon Brando Centenary Collection”, il cui catalogo comprende tutti i film fondamentali (e anche molti non fondamentali) del Divo, compresa la versione restaurata 4K di “Fronte del porto”. Voilà, la “retrospettiva” è fatta. Vedremo se il Tff del direttore Base sarà inventarsi qualcosa di meglio.

Intanto a celebrare il centenario brandesco ci ha già pensato la Cineteca di Bologna, in questo mese di marzo, con sette titoli classici più il doc “Listen to me Marlon” di Steven Riley, e con un'immagine-guida (qui di fianco) che francamente mi sembra meno ovvia di quella del Tff.

E a proposito di ovvietà, è giusto che vi spieghi l'uso delle virgolette. Un tempo le retrospettive (senza virgolette) del Tff – e prima di Cinema Giovani – segnavano dei punti fermi nello studio della cinematografia internazionale: pensate a quelle, memorabili, sulla Nouvelle Vague, sul Free Cinema inglese, sul nuovo cinema giapponese, sul Cinema Novo brasiliano, e potrei continuare. Quelle retrospettive, affidate a studiosi e critici di prim'ordine, facevano scoprire al pubblico mondi sconosciuti o dimenticati, producevano saggi e cataloghi di alto valore scientifico, erano insomma coerenti con lo spirito di un festival innovativo, curioso, fuori dall'ordinario e dunque straordinario. Ok, magari erano poco piacione, roba da cinefili e da facili ironie fantozziane: però retrospettive vere, che lasciavano un'impronta significativa.

Poi, con il passare degli anni e con lo scemare delle risorse (e già, un alto valore scientifico implica anche alti costi...) per economizzare si è rinunciato ai cataloghi e, con i cataloghi, ai saggi, alle ricerche, agli approfondimenti, e le retrospettive si sono prosciugate, spesso ridotte a semplici “omaggi” a questo o quel genere, regista, divo. Ecco, la questione è linguistica: va benissimo ricordare Marlon Brando al Tff, ci mancherebbe. Ma chiamatelo omaggio, chiamatela celebrazione, chiamatela mini-rassegna. Retrospettiva no. La retrospettiva, al Festival, era un'altra cosa.

(L'articolo è uscito ieri 1 marzo sul Corriere e non è disponibile on line)


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