
Finalmente arrivano segnali di vita intellettiva dal Regio. Ieri sera i lavoratori del teatro (quelli veri, non gli orchestrali che fanno casta a sé) hanno inviato a Fassino (e per conoscenza a Braccialarghe) una lettera con la quale si dissociano dalle intemperanze dell'orchestra, dicono forte e chiaro che non vogliono (e d'altra parte non potrebbero, in un paese appena appena civile) schierarsi nella guerra fra Vergnano e Noseda, e che la surreale missiva con la quale i musici s'arrogavano il diritto di impartire lezioni sulla gestione del Regio non li rappresenta. Io ho contato ottantuno firme. Insomma, la bella notizia è che un'ottantina di lavoratori hanno avuto un sussulto di dignità. Ottanta lavoratori con gli stessi, identici diritti e la stessa dignità da quegli orchestrali tanto affezionati al loro maestrone che da settimane sdottoreggiano e ammoniscono a destra e a manca. I firmatari dell'appello invitano il sindaco a riprendere in mano la situazione, senza baciare le pantofole a
musicanti rivoltosi, direttori capipopolo e sovrintendenti evidentemente travolti da eventi che hanno trasformato il tempio della lirica in arengo per
battaglie di galletti sfiatati e regno dell'anarchia più stracciona. Non è la marcia dei quarantamila, ma insomma, è pur sempre un sussulto di dignità da parte di chi fa funzionare il teatro e a quanto pare è stufo marcio di tacere davanti agli abusi di una minoranza di autonominati "artisti". Forse la Prova d'Orchestra è finita, è arrivata la palla da demolizione
Riproduco la lettera, che considero un punto fermo nella storia delle relazioni sindacali al Regio. Uno scritto rivoluzionario, purtroppo: dico "purtroppo" perché afferma qualcosa che in realtà non è per nulla rivoluzionario, e lo diventa soltanto in una città dove si è perso completamente il senso dei ruoli, nonché del ridicolo. Insomma: non è difficile.
I musicisti suonino. I direttori dirigano. Gli amministivi amministrino. E i politici facciano, una volta tanto, ciò per cui li paghiamo: mostrino un briciolo di coraggio, e smettano di chinare il capino pensoso davanti a qualsiasi arruffone che alza la voce. E' tempo che lorsignori i musici si ficchino ben bene nelle loro artistiche testoline che suonare uno strumento, anziché avvitare bulloni, non li rende per nulla diversi da qualsiasi altra categoria di lavoratori. E dunque scendano dagli spalti, tornino in buca e si guadagnino la pagnotta come tutti i normali dipendenti.
E per favore, anche tu, Fassino, fa' il tuo mestiere, una buona volta. Chiudi alla svelta questa vicenda penosa. Ecchediamine, un po' di coraggio! Decidi ciò che vuoi, ma decidi!
Sono due mesi che traccheggi. Adesso, davvero, falla finita. Io mi sto davvero irritando, e come me presumo qualsiasi torinese con un minimo di dignità. Sta menata non fa neppure più ridere. Ha rotto le palle all'universo mondo.
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