Ieri alle Ogr c'era la presentazione del prossimo Salone del Libro. A dire il vero, si trattava della terza presentazione. Per il Salone si costuma così, presentazioni a puntate, man mano che ci si avvicina; presumo lo facciano per accrescere suspence e curiosità, e potrebbe pure starci, come strategia, non fosse che le presentazioni del Salone sono, per consolidata tradizione, fluviali messe cantate che sai quando cominciano (magari in orario impossibile, tipo ieri alle 14,30, ma si può?) ma non sai quando finiscono, dato che tutti - ma proprio tutti: istituzioni, sponsor, amministratori delegati, direttori, responsabili, curatori, consulenti - devono parlare, e poi ci sono i filmati e gli applausi eccetera eccetera, e insomma è abbastanza una sofferenza. E questo semplicemente per raccontare come sarà il Salone e cosa succederà e chi ci andrà, che in fondo basterebbe andare a leggerselo sul sito, no?
Ad ogni modo: quest'anno, per mia straordinaria e inconsueta buona sorte, le prime due presentazioni le avevo scansate, assente giustificato per impedimento vacanziero. Ma la terza no, non potevo scansarla, non foss'altro per l'affetto antico che nutro per il Salone; e poi non è inutile farci un salto, giusto per veder gente e annusare l'aria. L'importante è prendersi un posto ben defilato, onde poter sgattaiolare via senza farsi notare quando la palpebra comincia ad abbassarsi. Così ho fatto ieri, non prima però di aver diligentemente portato a termine il compitino che mi ero assegnato per il Corriere: osservare e riferire quello che mi sembrava l'unico elemento di reale novità della giornata alle Ogr, ovvero il debutto ufficiale in società di Giuseppe Culicchia nel ruolo di neodirettore del Circolo dei Lettori. Debutto che racconto stamattina sulle pagine del Corriere, alle quali rimando gli eventuali interessati.
A edicole chiuse ripubblico qui l'articolo, non disponibile on line:
A Torino capisci che ce l'hai fatta quando agli eventi che contano tutti vogliono presentarsi e presentarti a tutti, compresi quelli che conosci benissimo. È il battesimo del successo.
Ieri, alla conferenza stampa del Salone del Libro, Giuseppe Culicchia ha ricevuto il suo battesimo del successo. Attorno a lui, alla prima uscita pubblica come nuovo direttore del Circolo dei Lettori, ferveva l'affannarsi delle buone relazioni, pur nel rigoroso rispetto della sabauda moderazione per cui magari si salta sul carro vincente però senza spingere e senza darlo troppo a vedere.
Ben agghindato in gessato scuro camicia oxford cravatta di maglia, il battezzando sciorinava il sorriso tirato e lo sguardo sottecchi della persona ammodo che non nega attenzione all'interlocutore persino nei più banali convenevoli. Ma da quel sorriso tirato mi pare che stavolta trasparisse anche il lieve imbarazzo di chi si ritrova malgré soi a rubare la scena, con quei flash e microfoni spianati davanti al nuovo direttore del Circolo dei Lettori mentre l'evento è del Salone del Libro. D'altronde i destini di noi umani a volte fanno giri lunghissimi prima di andare a segno, e forse il destino di Giuseppe Culicchia era quello di «buscar el levante por el ponente», lui che per due volte, nel 2016 e poi nel 2023, aveva invano aspirato alla direzione del Salone; e ora, per gli oscuri disegni e i tortuosi sentieri del fato, si ritrova a capo del Circolo, l'ente cioè che «programma e gestisce» il Salone per conto della Regione.
Cose che succedono: chiusa una porta si apre un portone, le situazioni cambiano, e cambiano le persone e la percezione che si ha di esse. Nella repubblica delle lettere vige una sarcastica convenzione, teorizzata già da Arbasino, per cui la carriera di uno scrittore conosce tre fasi: a lungo «giovane promessa», finisce presto o tardi etichettato come «solito stronzo», salvo infine assurgere al ruolo di «venerato maestro». Quando Culicchia ambiva alla direzione del Salone, al Salone già era di casa, collaboratore prima di Ernesto Ferrero e di Lagioia poi, salvo esserne estromesso all'arrivo di Annalena Benini. Aveva l'esperienza per dirigere il Salone, ma suppongo che lo considerassero troppo banale, troppo torinese, troppo scontato. Insomma, arbasinianamente parlando, il «solito stronzo». L'essere adesso assurto alla massima poltrona del Circolo dei Lettori ne certifica quindi il salto alla successiva e più gratificante categoria, con relativi benefit: posto prestigioso in seconda fila (la prima è riservata a politici e sponsor) alla conferenza stampa, e saluto dal palco largito dalla direttrice Benini la quale sottolinea che «il Salone conosce bene Giuseppe, con il suo lavoro ha dato tanto al Salone». E starsene seduto lì, impassibile, tacendo del fatto che quel suo lavoro non gli era valso la conferma da parte di Benini ma ben sapendo che in quel momento tutti lo pensano, beh, è una cosa che non ha prezzo. Se Culicchia fosse il Nino Manfredi di «Straziami ma di baci saziami», sarebbe il momento della frase cult «come il conte di Montecristo sono tornato ricco e spietato». Ma non siamo in un film di Dino Risi, e Culicchia non fa una piega neppure quando il notaio Biino, presidente del Circolo, aggiunge al saluto di Benini uno scherzoso «fatti vedere, Giuseppe, che qui a Torino nessuno ti conosce». Quel che è stato è stato, adesso comincia una nuova storia. Conta solo il bene del Circolo. E del Salone.
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