Il Polo del 900. Da sinistra Fassino, Chiampa, Remmert, Passoni e Soave, stamane all'inaugurazione di palazzo San Daniele |
Chiunque sarà, il futuro direttore del
Polo del 900 dovrà possedere sovrannaturali doti di diplomazia per
mantenere uno stato non soltanto di pacifica convivenza ma
addirittura di “fattiva collaborazione” fra i diciannove istituti e
centri studi che hanno trovato una nuova casa nei due palazzi degli
ex quartieri militari, Celso (già sede del Museo Diffuso della Resistenza) e San Daniele (inaugurato oggi alla presenza di numerose
personalità del Novecento – tipo Chiamparino e Fassino).
Diciannove galli in un pollaio
I diciannove istituti e centri studi (a cui
altri si aggiungeranno) rappresentano il fiore della cultura torinese
del secolo scorso: dalla Fondazione Gramsci all'Istituto Salvemini,
dall'Unione culturale Antonicelli al Centro studi Gobetti. Un "wild bunch" ad alta gradazione intellettuale, ma che fa temere qualche problema di convivenza. Alcuni
hanno accettato controvoglia di confluire nel Polo, dopo mille
rassicurazioni sulla tutela della propria autonomia, e sollecitati,
presumo, dalla concreta alternativa di ritrovarsi in mezzo a una
strada, poiché enti pubblici e Compagnia erano stufi di pagare gli
affitti delle loro sparpagliate sedi.
Ciascun istituto è caratterizzato da
una propria storia, da un proprio Dna, da un proprio orientamento
scientifico e politico; e soprattutto dalla granitica certezza di
essere unico, indispensabile e con quarti di nobiltà scientifica,
politica e culturale infinitamente superiori a tutti gli altri.
I diciannove dovranno non soltanto convivere sotto lo stesso tetto, ma addirittura collaborare a un comune cartellone di iniziative.
Insomma, è chiaro. Al confronto,
Saigon era Disneyland.
Ilda Curti punta alla direzione
Il presidente della Fondazione Polo del 900 è Sergio Soave, già nominato. Il CdA sarà formato da due
rappresentanti della Compagnia di San Paolo (che ha messo gran parte dei soldi e
quindi comanda), uno del Comune, uno della Regione e uno in
rappresentanza degli istituti ospitati nel Polo. Per mantenere il Polo, ogni anno arriveranno 600 mila euro dalla Compagnia e 300 mila cadauno da Comune e Regione.
Ilda Curti partecipa al bando per la direzione |
Per scegliere il
direttore ci sarà un bando. Ilda Curti, assessore comunale
uscente, non si ricandida alle elezioni ma ha già annunciato che si
candiderà al bando. La danno per favorita. Ne convengo: la
sua lunga esperienza in materia di mediazione culturale e pari opportunità, nonché di quartieri a rischio, la rende perfettamente idonea all'impresa. Per completezza vi riporto anche la sua dichiarazione: "Mi candido ad un bando pubblico, aperto e trasparente. Sono presuntuosa e penso di essere brava, mi piace vincere gare vere e non truccate. Se poi perdo, è perché la gara è stata vera e qualcuno migliore di me è stato più bravo".
Un socio pesante
Oltre ai personalismi degli
intellettuali, Ilda o chi per essa dovrà gestire un “socio
fondatore” piuttosto ingombrante. La Compagnia di San Paolo ha
riversato generosamente nel progetto – che si chiude dopo ben
sedici anni di progettazione e ristrutturazione – la
bellezza di 7 milioni di euro senza contare
allestimenti e altre pinzellacchere, e di conseguenza non sembra
intenzionata a fare il Pantalone che paga e tace. A livello di norme
statutarie si è impuntata perché tutti gli enti coinvolti avessero
lo stesso peso, dal più piccino fino al Museo Diffuso della
Resistenza. Penso che il Museo aspirasse invece a un ruolo da
capofila in quanto associazione d'origine pubblica, e già insediata
nel palazzo San Celso. Secondo me ci sono rimasti male.
E stamattina, all'inaugurazione, pure nel discorsetto di circostanza il presidente della Compagnia di San Paolo, Luca Remmert, ha lasciato intuire un confronto interno "franco e cordiale", come si dice quando volano ad altezza d'uomo.
La mostra dimezzata
La Compagnia è anche intervenuta sul
bel progetto espositivo “Lungo un secolo”, che occupa una parte
del pianoterra di palazzo San Daniele e ripercorre le “dicotomie”
cruciali del Novecento. Il progetto è firmato dal Museo Diffuso
della Resistenza e dall'Unione culturale Antonicelli, e curato con
intelligenza e ottime intuizioni da due docenti universitari di
chiara fama come Enrico Donaggio (presidente dell'Unione culturale) e Peppino Ortoleva, e dal direttore
del Museo Diffuso, Guido Vaglio. Ma ha subìto, rispetto alle idee
iniziali, un radicale ridimensionamento. Doveva occupare l'intero
pianoterra; invece la Compagnia ha preferito creare una “galleria
d'accoglienza” per i visitatori e un teatrino da 70 posti, per
esaltare il “coinvolgimento” del pubblico. Galleria e teatrino
hanno sottratto alla mostra molto spazio (ora occupa poco più di 200 metri quadrati) e parte del budget,
sceso a 180 mila euro totali. Il Regio, incaricato dell'allestimento,
ha dovuto buttare via il progetto già pronto e rifare tutto daccapo;
e i curatori hanno rinunciato a malincuore alle aree che intendevano
dedicare ai temi “Guerra e pace” e “Religione e laicità”.
Comunque, se la cosa può consolare gli inconsolabili, dirò che
“Lungo un secolo” resta un'esperienza multimediale eccellente
pure in versione “compatta”. Da vedere.
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