Un'operazione finanziaria con luci e ombre (rinegoziare i mutui del Comune) giustificata con una nobile causa ("salvare il Regio). Sul Corriere di oggi cerco di capire cosa stia davvero dietro a quella stravagante "notizia". In buona sostanza, scrivo, "non venitemi a raccontare che vi imbarcate in un raid su mezzo miliardo di mutui soltanto per 'salvare il Regio'. È come se io ipotecassi la casa per pagarmi le rate dello stereo".
Il mio articolo si intitola "La cultura cenerentola e il trucco del Regio": lo potete leggere a questo link, e comincia così:
Sapete qual è, in un bilancio come quello del Comune, la differenza fra «spesa corrente» e «conto capitale»? In pratica con «spesa corrente» si indicano i costi irrinunciabili, la «spesa quotidiana» che dev’essere finanziata con entrate ordinarie e certe (tipo i tributi), perché è ovvio, per esempio, che un Comune deve comunque pagare gli stipendi e le bollette; mentre il «conto capitale» sono gli investimenti, che vengono finanziati con entrate straordinarie e incerte, che si spera di trovare entro la fine dell’anno. Proprio come facciamo a casa nostra: lo stipendio serve prima di tutto a pagare la pigione, le bollette, il cibo (è la «spesa corrente»); poi, se avanza qualcosa o se ereditiamo dallo zio d’America, penseremo eventualmente a cambiare l’auto (investimento in «conto capitale»). E se alla fine dell’anno i soldi non ci sono, pazienza: ci teniamo l’auto vecchia.
Sapete qual è, in un bilancio come quello del Comune, la differenza fra «spesa corrente» e «conto capitale»? In pratica con «spesa corrente» si indicano i costi irrinunciabili, la «spesa quotidiana» che dev’essere finanziata con entrate ordinarie e certe (tipo i tributi), perché è ovvio, per esempio, che un Comune deve comunque pagare gli stipendi e le bollette; mentre il «conto capitale» sono gli investimenti, che vengono finanziati con entrate straordinarie e incerte, che si spera di trovare entro la fine dell’anno. Proprio come facciamo a casa nostra: lo stipendio serve prima di tutto a pagare la pigione, le bollette, il cibo (è la «spesa corrente»); poi, se avanza qualcosa o se ereditiamo dallo zio d’America, penseremo eventualmente a cambiare l’auto (investimento in «conto capitale»). E se alla fine dell’anno i soldi non ci sono, pazienza: ci teniamo l’auto vecchia.
Purtroppo le pubbliche amministrazioni hanno la tendenza a considerare la cultura come un «investimento», o se preferite un lusso non essenziale.
Di conseguenza, quando preparano i bilanci preventivi i nostri baldi governanti segnano nella casella del «conto capitale» buona parte dei soldi destinati a far vivere gli enti culturali (tipo il Regio, o lo Stabile): tanto i bilanci preventivi si fanno a primavera, e prima di dicembre i soldi (i «mezzi straordinari di bilancio») salteranno fuori. E intanto si evitano i piagnistei dei soliti intellettuali «perché il Comune taglia i fondi alla cultura». I fondi sono a bilancio, vorrai mica stare a sottilizzare su spese correnti e conti capitale? Così ragionano i nostri baldi governanti. Poi dicembre arriva, e a volte i soldi non saltano fuori. Allora i nostri baldi scendono nell’arena del loro circo personale e si esibiscono in pittoreschi numeri d’equilibrismo finanziario...
Di conseguenza, quando preparano i bilanci preventivi i nostri baldi governanti segnano nella casella del «conto capitale» buona parte dei soldi destinati a far vivere gli enti culturali (tipo il Regio, o lo Stabile): tanto i bilanci preventivi si fanno a primavera, e prima di dicembre i soldi (i «mezzi straordinari di bilancio») salteranno fuori. E intanto si evitano i piagnistei dei soliti intellettuali «perché il Comune taglia i fondi alla cultura». I fondi sono a bilancio, vorrai mica stare a sottilizzare su spese correnti e conti capitale? Così ragionano i nostri baldi governanti. Poi dicembre arriva, e a volte i soldi non saltano fuori. Allora i nostri baldi scendono nell’arena del loro circo personale e si esibiscono in pittoreschi numeri d’equilibrismo finanziario...
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