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CHIEDI CHI SARANNO I FUNDRAISER

Lapucci (a sin.) e Quaglia, segretario generale e presidente di Fondazione Crt
Quando si dicono le coincidenze. Giusto stamattina ho scritto un post nel quale esprimevo qualche garbata riserva sulla volontà proclamata da Regione e Comune di raccattare nuove risorse per il derelitto Museo della Resistenza "attraverso il coinvolgimento degli stakeholder del territorio". La mia diffidenza, quando il potere a corto di spiccioli si riempie la bocca di simili affermazioni di principio (il termine più corretto è "fanfaronate"), l'ho più volte espressa, e non è dettata da preconcetta malevolenza. Tutt'altro. Io credo nell'utilità - anzi, nella necessità - di ricorrere, per finanziare il lavoro culturale, a strumenti che non siano più soltanto la fatalistica attesa di contributi pubblici sempre più scarsi ed erogati sempre più malvolentieri: partecipazione privata, fundraising, crowdfunding, donazioni sono oggi risorse irrinunciabili, che uno Stato civile dovrebbe incoraggiare con una politica fiscale ad hoc. Il che da noi non accade, se non in misura minima. 
Ma ciò che più mi infastidisce è la sicumera con cui ormai da tempo sento i vertici delle nostre istituzioni culturali riempirsi la bocca di parole senza sostanza: blaterano di fundraising e altre parole misteriose, vaneggiano di chissà quali fiumi di denaro destinati a riversarsi dalle tasche dei privati alle casse di fondazioni e affini, e alla fin fine le gradassate restano lettera morta. La smettessero di cianciare, fra tutti quanti, e si attrezzassero decentemente per affrontare tempi ormai diversissimi dall'era beata quando se ne stavano inn placida attesa che Stato, Regioni e Comuni gli servissero la pappa fatta.
Con l'assottigliarsi delle risorse pubbliche, pian piano qualcuno ci ha creduto, nella raccolta fondi, e si è impegnato: magari ancora artigianalmente, ma qualche risultato si vede. Siamo però lontani anni luce da un serio approccio globale al problema. Molte delle istitituzioni che piangono miseria un giorno sì e l'altro pure manco si sono dotate almeno di uno straccio di funzionario incaricato di sbattersi per cercare fondi. E tra quelle che un "responsabile del fondraising" ce l'hanno, troppe si limitano ancora a un patetico "fai da te", rifilando l'incarico a qualche dipendente privo di qualsiasi preparazione specifica: di solito, quello che non sai dove piazzare. Vabbé, mettiamolo al fundraising, e che ci vorrà mai? 
Peggio ancora, il fundraising per taluni è la magica parola di moda, buona per sistemare figli e figlie di famiglia con poca voglia di lavorare, servi di partito, casi umani, nipoti di cardinali, amanti ambosessi, giovinastri sbruffoni, vecchie cariatidi a fine corsa, volonterosi senz'arte né parte e altra umanità sofferente e bisognosa di un tozzo di pane e di un posto sicuro e ben illuminato.
Il fundraising e attività affini soffrono in Italia dello stesso pregiudizio che affligge altre professioni che troppi confondono con il dilettantismo. Avete presente? Il tipico ragionamento "beh, io so leggere e scrivere, allora faccio il giornalista". Mai nessuno che si presenti alle Molinette con un bisturi in mano e dica "io so affettare il salame, allora voglio trapiantare un fegato": non capita, ma se capita lo ricoverano lui. In neuro.
Nessun mestiere si improvvisa. Lo si impara prima studiando e trovando dei maestri, e solo poi con l'esperienza. Il contrario non funziona. I primi pionieri del fundraising in Italia si sono dovuti arrangiare, inventarsi una professione dal nulla. Ma l'epoca dei pionieri è finita. Oggi servono professionisti formati. 
Avete capito perché le affermazioni di principio (ovvero le fanfaronate) sul fundraising mi danno ai nervi? Perché spesso sono soltanto chiacchiere senza sostanza.
Ad ogni modo, scritto il post sono uscito per andare a una conferenza stampa della Fondazione Crt. Presentavano, guarda caso, la risposta ai miei malumori: un progetto che si chiama Talenti per il Fundraising e offre ogni anno a cinquanta giovani laureati un corso di alta formazione per creare dei professionisti (veri) del fundraising, e a venti di questi anche una successiva borsa di studio per sei mesi di tirocinio in un ento no profit. Funziona, i partecipanti delle edizioni passate hanno trovato quasi tutti lavoro. Perché quello è un settore in cui il lavoro c'è, manca chi sa lavorare; e perché gli enti che ospitano i tirocinanti si accorgono subito di come cambino le cose, quando a occuparsi del fundraising c'è uno che sa come funziona davvero il fundraising, e non il nipote della sorella che si è laureato all'università della strada ma ha la parlantina tanto sciolta.
E niente, volevo dirlo così mi passa il nervoso.
Qui sotto vi ricopio il comunicato, per chi fosse interessato. E ci sono anche dei dati molto interessanti sul fundraising in Italia.

Prende il via la nuova edizione del progetto “Talenti per il fundraising” della Fondazione Crt per 50 giovani aspiranti professionisti della raccolta fondi. Il corso, rivolto a laureatinegli atenei del Piemonte e della Valle d’Aosta, è un’iniziativa unica nel panorama nazionale, perché offre 160 ore di alta formazione, con costi interamente coperti da Fondazione Crt, sulle skills necessarie per lavorare nel settore della raccolta fondi. Il bando, consultabile sul sito www.fondazionecrt.it, è aperto fino al 14 febbraio.
Il percorso formativo, in programma dal 28 marzo al 6 dicembre, è stato redatto grazie alla collaborazione degli alumni dei progetti Talenti di Fondazione Crt, e comprende lezioni teoriche, laboratori pratici su casi concreti, workshop tematici, attività di teambuilding e un modulo finale residenziale intensivo.
Dopo le nozioni-base per la raccolta fondi, saranno analizzati gli strumenti più innovativi applicati al fundraising: dalle nuove frontiere del crowdfunding ai lasciti solidali, dai gadget allo storytelling e alla comunicazione emozionale per coinvolgere i donatori, dalla fiscalità non profit alla gestione del board e dei volontari negli enti, dai casi di successo e insuccesso raccontati da junior fundraiser allo svelamento dei “segreti del mestiere” dei grandi fundraiser.
I 50 ragazzi affronteranno il ciclo di attività divisi in cinque gruppi di lavoro dedicati ad altrettanti player del terzo settore coinvolti nel progetto: Parco Nazionale Gran Paradiso, Infini.To - Planetario di Torino, Musei Reali Torino, Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro, CasaOz Onlus.
Conclusa la fase formativa, i migliori 20 partecipanti avranno l’opportunità, grazie a borse messe a disposizione dalla Fondazione Crt, di effettuare un tirocinio di sei mesi presso enti non profit del Piemonte e della Valle d’Aosta: gli enti potranno candidarsi per accogliere i giovani Talenti per il fundraising e incontrare i ragazzi durante un “career day” ad hoc.
“Talenti per il Fundraising”, che ha già formato 110 persone nelle due precedenti edizioni, rappresenta quindi un’opportunità sia per i giovani (il 75% lavora nel settore del non profit, il 40% come fundraiser), sia per gli enti non profit, che potranno attivare o rafforzare le proprie attività di fundraising. L’80% dei tirocinanti delle precedenti edizioni ha avuto un rinnovo presso la realtà ospitante; il restante 20% ha comunque trovato facilmente occupazione, anche grazie alla rete di alumni.

SCHEDA: LO SCENARIO. Secondo il V Italy Giving Report di Vita, sulla base degli ultimi dati fiscali disponibili (dichiarazioni dei redditi compilate nel 2018 per l'anno d'imposta 2017, definito dal Censis “dell’Italia del rancore”), le donazioni degli italiani hanno segnato una battuta d'arresto dopo tre anni di crescita: -0,87%. L'ammontare delle donazioni fatte nel 2017 è pari a 5,320 miliardi di euro (contro i 5,367 miliardi del IV Italy Giving Report). I donatori sono passati dal 49% al 45%, con la voce specifica dei donatori informali che scende dal 44% al 41%.
Anche l’importo donato, secondo l’Istituto Italiano della Donazione, è diminuito sia per chi ha scelto di affidarsi solo a un’associazione (dai 67 euro del 2018 ai 66 euro del 2019) sia per chi ha optato esclusivamente per donazioni informali (da 35 a 29 euro in un anno).
Nel 2019 hanno invece spopolato le raccolte fondi su Facebook in occasione dei compleanni, con un miliardo raccolto nel mondo, mentre è calata la raccolta degli sms solidali: nel 2018 si è fermata a 16,8 milioni di euro contro i 18,5 del 2017 e i 46 del 2016.
Secondo l'edizione 2019 dell'indagine Donare 3.0 di Rete del Dono, che mappa i comportamenti dei donatori online, crescono i donatori saltuari (dal 29% al 32%) e quelli che donano da mobile (dal 22% al 24%).
Gli enti non profit piemontesi – secondo dati Istat riferiti al 2016 – sono aumentati dell’1,7% rispetto all’anno precedente (raggiungendo le 29.017 organizzazioni), quelli valdostani del 2,3% (1.370 organizzazioni). Grazie allo strumento del 5x1000, le principali 20 organizzazioni piemontesi hanno raccolto nel 2017 più di 100.000 euro ciascuna, per un totale di oltre 15 milioni di euro.
CHI SONO I PROFESSIONISTI DELLA RACCOLTA FONDI IN ITALIA?
La figura del fundraiser sta sempre più prendendo piede: su LinkedIn ne risultano 5.859, di cui 458 nelle principali città piemontesi e valdostane.
I fundraiser sono prevalentemente donne: il 71%. L'età media è giovane, intorno ai 40 anni, e la maggior parte, il 63%, è rappresentata da professionisti che lavorano nel Nord (“I nuovi fundraiser” di Valerio Melandri e Beth Breeze, Maggioli Editore).
Sempre più fundraiser seguono percorsi ad hoc: il 78% di loro infatti, non solo è laureato, ma frequenta corsi ed eventi dedicati. Chi si specializza attraverso questi percorsi raccoglie il 63% in più rispetto agli altri.

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