Ogni tanto arriva qualche segnale di vita dal povero Museo della Resistenza, in perenne bilico fra vita autonoma e accorpamento al Polo del 900, senza direttore da 322 giorni, e da luglio dotato di un presidente, il quarto nel giro di tre anni, nominato alquanto alla chetichella per prevalente volontà del Comune e nel pressoché totale disinteresse della Regione.
Adesso mi annunciano tutti trulleri che "il progetto di valorizzazione e di rilancio delle attività del Museo" è stato approvato dai soci del Museo, ovvero, oltre alla Regione, il Comune, la Provincia, la Comunità ebraica e il Centro Gobetti.
Alla buonora. Da anni sento parlare di "progetti di valorizzazione e rilancio", uno in più non farà né bene né male: semmai sarò interessato ad apprezzare la volorizzazione e il rilancio, una volta realizzati.
Ad ogni modo, adesso c'è questo "progetto approvato" che parte dal sempreverde e mai concretizzato accorpamento (o "integrazione" che dir si voglia) del Museo della Resistenza con il Polo del Novecento. E a presentarlo ai soci è stato naturalmente il presidente del Museo medesimo, Roberto Mastroianni. Che a quanto pare fa pure il direttore, in assenza di un titolare del ruolo. E' una moda che sta diffondendosi a Torino, quella dei presidenti-direttori. Anche monsù Cibrario alla Fondazione Musei non ha nessuna fretta di dare un direttore a Palazzo Madama. Forse ci prendono gusto, ovvìa: partendo dal presupposto che comandare è meglio che fottere, è certo più pratico e più divertente farlo senza terzi incomodi.
Torniamo al sullodato "progetto", che a detta del presidente Mastroianni prevede due fasi. La prima (2020-2021) "sarà una riflessione sia sul valore di Museo della Memoria, in relazione alla storia novecentesca, sia sul posizionamento nazionale e internazionale del Museo stesso. Su queste specifiche tematiche si svolgeranno attività di formazione, di inclusione della cittadinanza, anche attraverso un percorso di integrazione con il Polo del ‘900".
Vabbé. C'è una serie di parole che ormai mi suscitano automatiche reazioni di disagio, se lardellano l'esposizione di un progetto che dovrebbe essere esecutivo: tipo "riflessione", "specifiche tematiche", "inclusione della cittadinanza". Nella mia mente malfidente scatta la traduzione simultanea "non sappiamo cosa dire, ma lo diciamo bene". Ma insomma, diamogli questi due anni per ponzare sulla storia novecentesca e i posizionamenti nazionali e internazionali. E dopo aver ponzato e riponzato, arriviamo al biennio 2022-2024 quando infine, "attraverso la realizzazione di un nuovo allestimento permanente", vedremo "la messa a punto dei Luoghi della memoria e la giusta collocazione del Museo nello scenario nazionale e internazionale". Qui non ho capito bene il rapporto causa-effetto: il "nuovo allestimento" è il presupposto per "la messa a punto dei Luoghi della memoria e la giusta collocazione del Museo nello scenario nazionale e internazionale"? Oppure con "nuovo allestimento" si intende proprio la "giusta collocazione del Museo nello scenario nazionale e internazionale"? E dove resterebbe, sta "collocazione"? Purché sia comoda per la metro...
Ma non dovremo attendere quattro anni per vedere i primi risultati: già per questa primavera "è prevista la realizzazione di un evento a Torino, che coinvolgendo i maggiori musei, memoriali e centri di ricerca europei e italiani faccia il punto sullo stato, il valore e la missione dei Musei della Resistenza e della Memoria, per confrontarne linee di azione e di sviluppo".
Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur.
Nell'attesa della resurrezione, la trista quotidianità m'impone fatalmente di occuparmi di vil danaro, dato che è stato approvato il bilancio del Museo. Al momento, a parte un contributo simbolico dalla Comunità ebraica (1.250 euro l'anno), il Museo è finanziato con 60 mila euro della Regione mentre il Comune dall'anno scorso ne stanzia ben 70 mila. Sforzo erculeo per le finanze pubbliche, nevvero? Però tranquillizzatevi: Regione e Comune annunciano con malcelato orgoglio che d'ora in poi si impegneranno "a cercare maggiori risorse attraverso il coinvolgimento degli stakeholder del territorio, per uno sviluppo su scala regionale".
Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur.
Nell'attesa della resurrezione, la trista quotidianità m'impone fatalmente di occuparmi di vil danaro, dato che è stato approvato il bilancio del Museo. Al momento, a parte un contributo simbolico dalla Comunità ebraica (1.250 euro l'anno), il Museo è finanziato con 60 mila euro della Regione mentre il Comune dall'anno scorso ne stanzia ben 70 mila. Sforzo erculeo per le finanze pubbliche, nevvero? Però tranquillizzatevi: Regione e Comune annunciano con malcelato orgoglio che d'ora in poi si impegneranno "a cercare maggiori risorse attraverso il coinvolgimento degli stakeholder del territorio, per uno sviluppo su scala regionale".
Beh, sarà interessante vedere quale risposta i nostri baldi zuavi avranno dagli "stakeholder", non appena i nostri baldi zuavi avranno capito cosa cazzo sono gli "stakehjolder"; e gli stakeholder avranno capito perché cazzo dovrebbero ammollare dei soldi per un Museo in cui non credono neppure i nostri baldi zuavi, tant'è che sganciano una miseria per mantenerlo in semivita e senza nemmeno un direttore come cristo comanda.
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