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IL "CHE FARE" DELLA MUSICA (MODESTE OSSERVAZIONI AD USO DI CHI SA GIA' TUTTO)

Sindaco & chitarrista. Il famoso siparietto musicale di Lo Russo con gli Eugenio in Via Di Gioia
Ormai non li ferma più nessuno. L'Eurovision ha evidentemente colpito le fantasie dei nostri pubblici amministratori: vogliono ad ogni costo “dare un seguito” ai giorni belli che ha vissuto Torino, e dunque partoriscono una trovata dopo l'altra. Lo Russo già in campagna elettorale prometteva una Music Commission, ma nei giorni di Eurovision ha fatto balenare la prospettiva di “un grande festival estivo internazionale”. Pure l'assessore Carretta ha confermato l'idea del festival estivo, aggiungendoci, per sovramercato, quella di rispolverare dalla soffitta dei ricordi il Salone della Musica. Cirio, uomo del fare, ha rilanciato annunciando che entro quest'anno creerà "un'agenzia per attrarre in Piemonte i grandi eventi”, anche musicali.

Vedo molta buona volontà, ma idee ben confuse, nelle promesse dei nostri eroi. Con pieno spirito di cittadino collaborativo, dunque, mi permetto di riassumere qui, a futura memoria, qualche sommessa opinione frutto di una pur modesta esperienza nel settore “musica concerti & affini”.

Esaminiamo le tre ipotesi di lavoro.

Music Commission

Delle tre suggestioni, mi pare che l'unica concreta, fattibile e in grado di portare reali benefici al territorio, sia, per ragioni che ho già esposto in altri post, la Music Commission.

Ma attenzione. Music Commission non può essere (almeno, non soltanto) uno “strumento per attrarre in Piemonte i grandi eventi musicali”. I “grandi eventi musicali” - ovvero i concerti dei più celebri artisti nazionali e internazionali – in Italia sono gestiti da tre promoter che monopolizzano il mercato - Live Nation Italia, Friends & Partner e Vivo Concerti – e pianificano le date in base a criteri standard, come il bacino d'utenza o la favorevole posizione geografica della città: difatti le sedi classiche sono Roma e Milano, oppure Bologna o Modena. Possono influire le agevolazioni economiche e tecniche (basso canone d'affitto dello stadio, commodities strutturali, ridotti gravami fiscali) ma in un anno quanti megaconcerti potrebbe portare in Piemonte una Music Commission? Uno? Due? Magari tre? Il gioco non varrebbe la candela. Certo un grande evento-spot genera nell'immediato ricadute economiche interessanti, ma da solo non basta a creare qualcosa di duraturo e costruttivo.

L'obiettivo non può essere semplicemente "attrarre grandi eventi”, bensì creare un “ambiente” propizio alla crescita e alla valorizzazione delle realtà locali. Purtroppo un “ambiente” non si crea per decreto: è qualcosa che succede, all'insaputa delle amministrazioni e spesso nonostante esse. I Murazzi sono stati un “ambiente” spontaneo, quando la notte da Giancarlo ci trovavi la fauna più improbabile, da Vinicio Capossela al vecchio tossico; un ambiente che a mano a mano ha subito una gentrificazione selvaggia, a mezzo tra Far West e lungomare di Riccione. Se e quando i Murazzi riapriranno riavremo Riccione (il Far West si spera di no) ma non un “ambiente musicale”. Quello non dipende da nessuno, se non dall'aria che tira (o non tira) e dalla gente che gira (o non gira) in città.

Qualcosa tuttavia si può fare. Si può seminare, aspettando con pazienza il raccolto. Servono seri interventi sull'intera filiera: dalle scuole di musica alle sale prova, dal sostegno alla produzione alle agevolazioni per gli spettacoli, dalla promozione delle band all'aggiornamento professionale degli operatori. Ed è indispensabile una normativa friendly per chi organizza gli spettacoli, anziché schiacciarlo sotto il peso di adempimenti burocratici e fiscali macchinosi e opprimenti.

La Regione e i Comuni devono sollecitare, incoraggiare, e per quanto possibile finanziare, le migliori iniziative proposte dal territorio, evitandoper quanto possibile di farsi essi stessi organizzatori di grandieventi: ciò comporterebbe infatti una concorrenza sleale nei confronti degli operatori privati dello spettacolo dal vivo, che risultano svantaggiati rispetto a un'offerta “pubblica”, spesso gratuita o a prezzi stracciati perché finanziata con il denaro pubblico. Inoltre è sempre meglio lasciar lavorare chi sa, anziché affidare l'organizzazione di eventi molto complessi a personale – a tutti i livelli - volonteroso ma privo di specifica competenza. Se non altro, gli operatori professionali in genere spuntano cachet mediamente più bassi rispetto ai funzionari comunali, che non sanno muoversi in un mercato irto di trabocchetti.

Buona pratica sarebbe poi creare i presupposti – ovvero costi contenuti e servizi efficienti – perché le produzioni degli artisti nazionali scelgano come sede delle prove dei tour uno dei tanti teatri del Piemonte, specie quelli in provincia. Lo staff di una produzione live che per alcune settimane si installa in una località medio-piccola porta ricadute economiche considerevoli senza causare alcun disagio ai residenti, come talora accade con i set cinematografici. Per non dire della visibilità derivante dall'eventuale “data zero” che di solito si tiene nello stesso teatro che ha ospitato le prove.

Festival estivo

Quanto al “festival estivo” vagheggiato dal sindaco e dall'assessore Caretta, non vorrei ripetermi: può aver un senso se davvero meditano riprendere il filo spezzato di Traffic (pur sottolineando che da allora mille cose sono cambiate) ma dove sono i mezzi per farlo? Di buoni festival estivi di interesse locale o regionale già ne abbiamo più d'uno: oltre a quelli comunali (Torino Jazz e Todays) ricordo gli eccellenti cartelloni di Flowers e Sonic Park. Per non citare Futur Kappa, di richiamo e livello internazionali. Quindi, o troviamo i soldi, le idee e le capacità per regalarci una Glastonbury torinese (del che dubito fortemente) oppure è meglio lasciar perdere, semmai investendo sull'esistente quel poco che c'è in cassa.

Salone della Musica

In ultimo, l'assessore Carretta ha evocato il Salone della Musica, defunto da oltre un ventennio. Ora: a parte i problemi logistici – a cominciare dal caos acustico del Lingotto - che all'epoca indussero a rinunciarvi e che tuttora mi paiono difficili da superare, non dimentichiamo che oggi è scomparsa la grande discografia, i canali di promozione sono cambiati, sono cambiati i musicisti e pure il pubblico. Riesumare il Salone della Musica mi pare un salto nel buio. Anzi, un'operazione alla Frankenstein.

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