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VA IN SCENA LA TRAGEDIA DEI MUSEI. SEGUIRA' UNA BRILLANTISSIMA FARSA

Completo la "trilogia della Fondazione", così mi sento molto Asimov.
La storia è questa.
Il leghista Fabrizio Ricca prosegue, ostinatamente solitario, la sua guerra personale contro la Fondazione Torino Musei; o meglio, e più selettivamente, contro il direttore generale Cristian Valsecchi e contro il Mao e il suo direttore Marco Biscione

Scambio di personalità

Ricca, sul tema in fondo per lui stravagante della cultura, sembra ogni giorno di più l'Appendino d'opposizione; e attinge al meme. Sciorina lo stesso repertorio, gli stessi argomenti, le stesse interpellanze, a volte parola per parola. Un caso quasi inquietante di scambio di personalità, con Ricca nel ruolo dell'Appendino - meno glamour, vabbè, ma non potete pretendere... - e la povera Francesca Leon costretta a fare il Braccialarghe e a difendere tutto e tutti: il Mao, Biscione, persino Valsecchi che occupa una poltrona alla quale pure lei a suo tempo aspirò. La vita a volte sa essere spietatamente ironica.

Venditori di tappeti

Adesso, con una recentissima interpellanza, il Crociato Padano riciccia un classicone: le relazioni pericolose fra il Mao e i mercanti di tappeti. Stavolta i tappeti non sono cinesi, bensì turkmeni, ma la sostanza è identica. Non ho tanta voglia di raccontarvi la rava e la fava, è sempre la stessa zuppa: mostra di tappeti orientali che vede coinvolti mercanti di tappeti orientali. Se realmente interessati qui potete leggervi l'interpellanza.

Capitani coraggiosi

Ma non ci facciamo mancare nulla: abbiamo anche l'avanspettacolo, un'altra interpellanza ricchesca ("Mandiamo il segretario generale Valsecchi a fare un giro sul battello fantasma") che quantomeno ci regala un attimo di buonumore, e dio sa se ne abbiamo bisogno. 
"Su segnalazione dei dipendenti della Fondazione Torino Musei, stufi della gestione autoritaria e fallimentare di Valsecchi" - e già questo scorcio di vita vissuta ci racconta un ambientino da paura - Ricca ha scoperto che nel sito del Borgo Medievale finora stava ancora scritto che lo si può raggiungere (il Borgo, non il sito) "con i battelli Valentino e Valentina". Adesso l'hanno corretto: saranno pure sciatti, ma mica sono scemi, non è che lo lasciano lì anche dopo che Ricca ha presentato l'interpellanza. Però intanto Ricca ne approfitta per chiedere che cosa? Le dimissioni di Valsecchi, ovviamente. Tutti i salmi finiscono in gloria, no?

La profezia di Fassino

Insomma, per farla breve: poiché a teatro ogni ruolo dev'essere coperto, abbiamo un Ricca che fa una stampa e una figura con l'Appendino d'antan, quella che esasperava Filura fino a spingerlo alla fatidica profezia: "Un giorno lei si segga su questa sedia e vediamo se poi sarà capace di fare tutto quello che oggi ha auspicato di poter fare".

La profezia di Appendino

A tal proposito, apro una parentesi. Della profezia di Fassino s'è indiscutibilmente verificata soltanto la prima parte. Quanto alla seconda, beh, io guardo a ciò che mi compete, le politiche culturali. E qui direi che finora il sindaco e Appendino sembrano piuttosto impegnati a realizzare la loro, di profezia, ovvero il programma di eliminazione delle code: intanto diminuiscono quelle davanti ai musei. Per quelle davanti alle mense dei poveri siamo lievemente in ritardo. 

Senza scampo

Non che mi aspetti alcunché da nessuno. Cos'ha fatto Fassino è noto, e l'ho tristemente raccontato a suo tempo. Cosa potrebbe combinare Ricca stento a immaginarlo, però attendo fiducioso: a questo mondo ormai nulla è impossibile. E nulla ci sarà risparmiato.
Il problema è che questi ridono e scherzano, ma qui la merda già ci arriva al labbro inferiore, e vi prego di non fare l'onda.

Lazzi e tragedie

Sono talmente stremato che non riesco neppure a ribadire per l'ennesima volta la mia insofferenza verso questi parolai che si riempiono la bocca di ciò che non conoscono, e usano la cultura - come qualsiasi altro argomento - per pura convenienza di bottega: senza competenza, senza passione, senza visioni né progetti. Di Franza o di Spagna a seconda dell'aria che tira, dell'interesse di parte, dell'obiettivo di giornata.
Gli attori della farsa interpretano il ruolo che la strategia del momento suggerisce; recitano una parte che hanno studiato svogliatamente, capendone poco e credendoci ancor meno. 

Le bastonate di Arlecchino e Brighella

Non ce l'ho con Ricca, sia ben chiaro. Non è un cattivo ragazzo. Fa il suo mestiere come sa e come può. Come chiunque altro, in quella compagnia di giro. 
Nel nuovo Consiglio comunale c'era un ruolo scoperto, lasciato libero dall'Appendino assurta a più alti incarichi. Il ruolo del Guardiano della Cultura: collaudato, efficace, non troppo impegnativo e di sicuro effetto. Ricca se l'è preso. E chiamalo fesso...
E' il famoso teatrino della "politica": un teatrino dove Arlecchino e Brighella fingono di suonarsele di santa ragione per far ridere e tenere buoni i bambini.

Una ridicola speranza

Se davvero qualcuno, fra costoro che manteniamo, avesse a cuore la cultura - ma non ce l'hanno a cuore, e talvolta mi domando se hanno un cuore - allora la difenda sul serio, intervenga là dove la ferita è seria, esiziale (via piace "esiziale"? Lo scrivo perché così li costringo ad aprire il vocabolario). 
Oggi la Fondazione Musei rischia di morire - e con lei i musei stessi, i nostri musei - per inedia, per trascuratezza, per mancanza di denari e di prospettive: altro che quattro tappeti e qualche gherminella bertoldesca. 
Sulle vere, drammatiche, pressanti criticità dovrebbe dare battaglia l'opposizione, e impegnarsi la maggioranza: seriamente, non a parole per compiacere il popolo tifoso con un tiki taka inconcludente, e gli amichetti della parrocchietta con qualche elemosina.
Dite che sto diventando greve? Ebbene sì, lo ammetto: m'hanno brasato i santissimi. E non mi garba di lasciarmi perculare dal primo che passa. Vorrei risposte. Possibilmente veritiere e ragionevoli. 

Mission impossible

Ma l'impresa è troppo ardua per le loro risorse intellettuali, troppo complessa per le loro capacità cognitive. Sono ben più facili e sicuri il piccolo cabotaggio quotidiano, l'azzuffatina che diverte il pubblico pagante, la parte in commedia recitata alla carlona, come poveri attorelli sussiegosi che in scena si agitano per il tempo assegnato e poi nessuno più ricorda.
E quindi ancora una volta, poiché "esser stronzi è dono di pochi, farlo apposta è roba da idioti", siamo arrivati ai saluti con la solita e simpatica canzoncina degli Zen Circus:




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