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IL SILENZIO DEGLI INCOSCIENTI

Le politiche culturali di Chiamparino. Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant (Publio Cornelio Tacito, Agricola, cap. 30)
Non volevo scrivere una sola riga sull'indecorosa liquidazione della cultura che si sta preparando in Regione. Temevo che un intervento potesse peggiorare una situazione già compromessa. Ma ormai i fatti sono noti: mancano 70 milioni per chiudere il bilancio, e l'assessore al Bilancio Reschigna, braccio destro di Chiamparino, intende recuperarli con "tagli non  lineari" ai vari assessorati. "Tagli non lineari" significa che non verrà sottratta a tutti la stessa cifra percentuale: i sacrifici saranno diversi a seconda dell'importanza strategica dei vari settori. La cultura potrebbe perdere altri 13 milioni sugli attuali 37. Tredici milioni sono quasi un terzo della dotazione - già ridottissima - dell'assessorato di Antonella Parigi. Tredici milioni sono circa un quinto dei 70 che mancano; mentre gli assessorati non sono cinque, sono undici. L'intero budget della cultura è ampiamente inferiore allo 0,5% del bilancio totale della Regione.
Bastano questi numeri per capire quale sia l'importanza strategica che Chiamparino e i suoi sodali attribuiscono alla cultura: zero.

Punto primo: far fuori Parigi

L'assessore Parigi sta combattendo una disperata e solitaria battaglia finale per salvare il salvabile. Nelle stanze del potere le ridono dietro, e si preparano a spartirsi il suo assessorato. Il piano del pd è noto: far fuori la mal sopportata assessora "tecnica" (la procedura di demolizione è partita l'indomani della nomina) e affidare la cultura a un compagno/a di fiducia che provveda a liquidare l'inutile baracca. Così uniranno l'utile al dilettevole: liberare una poltrona a beneficio dell'apparato di partito e togliersi dai piedi i "fafioché" (Chiampa dixit). Ieri, sulla "Stampa", ho letto una straordinaria sortita di un boss del pd piemontese, il famoso intellettuale Gariglio: alla domanda se ritenesse necessaria "un'accelerazione sulle politiche per la cultura" ha risposto "Mah! Con le risorse di cui dispone...". La più spiccia e cinica delle orazioni funebri.

Un'Apocalisse annunciata

Non c'è nulla di nuovo in tutto ciò. Esattamente un anno fa avevo descritto la tempesta che si stava addensando in una serie di post accomunati dalla tag "Apocalisse" che avevano suscitato una certa ironia tra i soliti spensierati coglioncelli, ma che vi invito adesso a rileggere.

La cultura non porta voti

Però la carogna non ce l'ho con i Chiamparini e i Garigli. Sono politici di professione: se nei confronti della cultura avessero rispetto o quantomeno un minimo di frequentazione, saremmo di fronte a una clamorosa contraddizione esistenziale. Loro ragionano soltanto in termini di voti, potere e consenso. E pensano - a ragione - che il mondo della cultura non porta un voto e quindi è inutile e possono orinargli sulle scarpe quando e quanto vogliono. Se ne fregano altamente dei quarantamila lavoratori del settore e delle loro famiglie; se ne fregano dei progetti svaniti, delle esistenze spezzate, delle ipoteche sulle case, dei talenti sprecati; e se ne fregano pure dei benefici economici prodotti dalla cultura. La cultura non porta voti. E tanto basta.

Un mondo di individualisti imbelli

Ecco, la carogna io ce l'ho con il mondo della cultura, quest'accolita di imbelli individualisti capaci solo di frignare sulle proprie disgrazie e invidiare le precarie fortune degli "altri", considerati non colleghi bensì "concorrenti" nell'accattonaggio davanti alle porte assessorili. Ce l'ho con una corte dei miracoli senza spina dorsale e senza coscienza di classe: se certi devastanti provvedimenti riguardassero la più piccola e disastrata delle aziende manifatturiere, gli operai ogni giorno sarebbero in piazza Castello a protestare, gli airaudi strillerebbero come aquile, gli assessori e i politici metterebbero su le loro facce più contrite e si risparmierebbero certe facezie da osteria.

La logica del volgo disperso

Il volgo disperso che nome non ha (specchiatevi nel Coro dei Longobardi, intellettualini belli...) aspetta invece il colpo di grazia come una mandria portata al macello. Ciascuno sperando di salvare il proprio personalissimo culo in virtù di un qualche improbabile destino privilegiato.
Quando Antonella Parigi è diventata assessore, la reazione diffusa del volgo disperso non è stata "finalmente un assessore che conosce il nostro mondo e i nostri problemi, vediamo cosa possiamo fare per aiutarla a sostenerci tutti". Macché: il pensiero comune è stato "finalmente un assessore che conosco bene, vediamo cosa può fare per aiutarmi a risolvere i miei problemi". E quando hanno capito che chez Antonellina c'era poca trippa per gatti, ne sono diventati i primi detrattori.

Non ci sono più santi

Adesso i nodi sono venuti al pettine. Se l'assessorato alla Cultura perderà ancora 13 milioni, sarà paralizzato. Stenterà a mantenere gli impegni più istituzionali: figurarsi il resto. A quel punto la Parigi dovrà dimettersi per non avallare un simile disastro, e il macello potrà cominciare indisturbato. Ma ognuno dei manzi pensa ancora di avere il santo giusto in paradiso, e che "muoiono soltanto gli stronzi". Beh, la notizia è questa: in paradiso non ci sono più santi. E tutti moriranno: stronzi, furbi, colpevoli e innocenti.
Moriranno in silenzio, da servi. Senza neanche essersi tolti lo sfizio di urlare la loro disperazione sotto il naso del Chiampa. O di fargliela pagare alle elezioni. La cultura, si sa, non porta voti.

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