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REGIONE, ALL'ASILO NON SI ENTRA

Io ci sono poi andato, da Appiano. E mi ha spiegato perché il pd - cioè, la maggioranza del pd - si oppone ad aprire al pubblico le sedute della Commissione regionale cultura
Andrea Appiano è quel consigliere pd e portavoce del partito che, quando sono penetrato nel tempio proibito, si è impegnato a chiarirmi, in separata sede, il loro punto di vista. Sicché io chiamo il suo collaboratore, un giovanotto piuttosto efficiente, e fisso l'appuntamento e l'altro ieri arrivo bel bello in via Alfieri 15, dove ci sono gli uffici dei gruppi consiliari in Regione.
Appiano indossa finalmente una giacca ed è molto gentile. Premette che lui, personalmente, non è contrario alla pubblicità delle sedute. E' curioso: personalmente nessuno è contrario, ma le sedute non sono pubbliche. 
Gli domando perché non sono pubbliche.
Risponde che in realtà il regolamento è cambiato, e adesso possono assistere alle sedute anche i collaboratori dei consiglieri.
Grazie, rispondo, ma a me non interessa che possano assistere i collaboratori dei consiglieri. Io vorrei poter controllare di persona i consiglieri.
Appiano mi spiega pazientemente che si è deciso di ammettere i collaboratori dei consiglieri perché la loro presenza è utile - lo dice il nome stesso - al lavoro dei consiglieri: tipo che prendono appunti o gli portano le carte.
Grazie, rispondo, vi siete fatti un regolamento che facilita il vostro lavoro, e mi sta bene. Ma adesso parliamo di come facilitare il mio, di lavoro. Perché io giornalista, e soprattutto io contribuente, non posso assistere alle sedute delle commissioni regionali?
Appiano, sempre gentile, mi spiega che nelle commissioni si discutono le leggi regionali in formazione, e i consiglieri regionali contrari alla pubblicità delle sedute ritengono che in questa fase rendere pubblico il dibattito potrebbe influenzare la formazione stessa delle leggi.
Grazie, rispondo, posso anche accettare questa premurosa prudenza. Ma che mi dice delle sedute in cui non si forma nessuna legge? Quando si discutono interpellanze, mozioni eccetera? Che poi sono quelle che mi interessano di più, guarda un po'...
Appiano, eternamente gentile, mi spiega che in commissione si discutono interpellanze e mozioni che non sono così importanti, perché quelle importanti si discutono in aula, pubblicamente.
Grazie, rispondo, ma avrei preferenza di decidere io che cosa è importante e che cosa no. Visto che pago, penso di averne facoltà.
Ed è qua che finalmente Appiano mi risponde sul serio. C'è pure un altro motivo, mi dice: e spiega che alcune persone hanno un atteggiamento diverso se c'è un pubblico, e certuni tendono a esasperare i toni quando ci sono i giornalisti che ascoltano e poi scrivono; mentre se si discute a porte chiuse il dibattito resta su un piano meno conflittuale.
Insomma, approfondisco io, lei mi sta dicendo che la presenza del pubblico stimola la teatralità di alcuni consiglieri, li induce a una conflittulità di maniera, per strappare l'applauso delle curve e l'attenzione dei media?
Appiano si schermisce: non tutti, dice, ad esempio lui è sempre lo stesso (chissà perché, ma me la sentivo che lui no, per carità... NdG), però si sa, i meccanismi della politica...
Quindi, insisto, le commissioni regionali si tengono a porte chiuse perché la presenza del pubblico falserebbe la discussione? E' questo il motivo?
Appiano conferma. "Il problema non siete voi, siamo noi: il tono e l'atteggiamento variano a seconda...".
"... dell'uditorio?", faccio io.
E lui: "Il rischio è che la discussione, se è pubblica, si condizioni negativamente e, anziché approfondire i temi, si trasformi in caciara".
Testuale. Ho riascoltato la registrazione due volte perché stentavo a crederci.
Ne so quanto basta. Ringrazio Appiano, gli preciso che non ritengo accettabile una simile motivazione e tuttavia apprezzo che me l'abbia voluta esporre; e me ne vado soddisfatto.
In pratica, traduco in linguaggio corrente mentre rincaso, il consigliere Appiano mi ha spiegato che io non posso assistere alle sedute della Commissione cultura perché loro sono bambini dell'asilo: se si sentono al centro dell'attenzione fanno gli scemi, dicono pupù e pipì, i maschietti tirano le trecce alle femminucce e le femminucce fanno le boccacce ai maschietti.
E poi sarei io lo stronzetto che li percula.
Giuro. Se cercavo di inventarmela, non ci riuscivo. Nemmeno in mille anni.
Un giorno o l'altro chiamo il presidente del Consiglio regionale e gli domando se ci prendono gusto a farsi di queste figure.

P.S. Cercasi vigilatrice d'infanzia diplomata per collaborazione giornalistica: dovrebbe seguire per conto mio le sedute della Commissione cultura della Regione e riferirmi. Attenzione: trattasi di classe particolarmente problematica. 

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