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E PRENDIAMOCI 'STO TRONO...

La sala del trono dei Re d'Italia ricostruita alla Reggia di Venaria: il trono di solito è smontato e nascosto nei depositi del Quirinale
Ok, stavolta ci siamo. Dopo l'imbarazzo della settimana scorsa, posso scrivere di un'altra mostra alla Reggia di Venaria. E stavolta è una mostra vera, seria ma non seriosa, interessante e ben fatta. E fatta in casa, prodotta direttamente dalla Reggia,  curata con intelligenza e passione da Silvia Ghisotti e Andrea Merlotti, e che vale anche più di quanto costa. E non costa neppure tanto, tutto considerato: 490 mila euro. 
La mostra s'intitola "Dalle Regge d'Italia. Tesori e simboli della regalità sabauda". Mobili, quadri, gioielli, abiti provenienti dalle residenze reali raccontano i sovrani post-unitari, da Vittorio Emanuele III a Vittorio Emanuele III, attraverso gli ambienti in cui hanno vissuto, e i simboli del loro potere.
E vi dico subito che la cosa più importante è il trono. Cioé, lo so che il trono è il più importante tra i simboli del potere. Ma intendo il trono in mostra a Venaria. C'è una sala che riproduce la sala del trono dei Re d'Italia al Quirinale: e c'è il trono, quello vero, dove non sedevano i re. Eh già: grazie alla mostra di Venaria ho imparato che in realtà i re non sedevano sul trono, era solo per figura, e di solito i re stavano in piedi accanto al trono e non ci si sedevano. Era una questione d'etichetta. D'altra parte ho pure appreso che i re non si mettevano la corona in testa; e insomma, per tutta la vita sono stato ingannato dalle fiabe, e dai libri, e dai film, e scopro soltanto adesso che i re non siedono sul trono e non si mettono la corona in testa. Certo che sono strani. Ma in fondo per fare di mestiere il re proprio proprio normali non si può essere.
A farla breve: alla mostra di Venaria c'è il trono dei Re d'Italia, con il baldacchino e i velluti rossi e davanti un tappetone grande come un alloggio; ed è il trono dove non si sono seduti Vittorio Emanuele II e Umberto I e Vittorio Emanuele III - che comunque avrebbe avuto i suoi problemi ad arrampicarcisi - e per un mese pure Umberto II. Questo trono - mi raccontano i curatori - i Savoia l'avevano preso dalla Reggia di Parma, era il trono dove non si sedeva Maria Luigia, quella che aveva cominciato come figlia dell'imperatore d'Austria e moglie dell'imperatore dei francesi ed è finita duchessa di Parma, e se Tojo avesse studiato di più la storia forse avrebbe scelto un trono meno porta-sfiga. 
Ad ogni modo, quello esposto alla Venaria è stato il trono dei quattro Re d'Italia, e di solito giace, smontato, nei depositi del Quirinale repubblicano: da quando i Savoia hanno tolto il disturbo nessuno lo ha mai più visto, salvo un breve periodo quando lo fece tirare fuori ed esporre Cossiga, e chissà mai che cos'aveva in testa quell'uomo. Insomma, il trono d'Italia stava in un magazzino a Roma dimenticato da tutti, e l'hanno riesumato apposta per esporlo a Venaria, e prima di esporlo l'hanno affidato al Centro del Restauro della Reggia che lo ha rimesso a nuovo. 
A questo punto mi viene spontaneo pensare che non ha senso, finita la mostra, ricacciarlo nei depositi del Quirinale. Già che è qui, teniamolo qui; tanto a Roma non se ne fanno niente, mentre alla Reggia di Venaria farebbe la sua porca figura e la gente potrebbe vederlo.
Vittorio Emaniele III bambino: lo sguardo è quello di chi
già presagisce le apocalittiche sfighe che lo attendono
Che dite? Io non glielo restituirei. Una volta tanto, anziché piagnucolare che ci portano via tutto, ci prendiamo qualcosa. Credo che quelli della Reggia ci stiano facendo un pensierino. Io l'ho domandato all'Antonellina Parigi, durante l'inaugurazione della mostra, e lei mi ha risposto che sì, in effetti è un'idea, e ci proveranno: "Vedremo cosa si può fare", mi ha detto. Potremmo fare finta di niente, ad esempio. Con i mille cazzi che ci ha per la testa il povero Mattarella di 'sti tempi, figurarsi se si ricorda del trono...
Adesso scordatevi che mi metta a raccontarvi la mostra. Andate a visitarla, non resterete delusi. Anche perché ci sono pezzi rari, alcuni mai visti, e piccole cose curiose. Io ho adorato un quadro che ritrae il futuro re Vittorio Emanuele III a Napoli, bambino: e oltre la scontata constatazione che da quel dì non è più cresciuto di molto, mi ha colpito lo sguardo terribilmente infelice, quasi presagisse il disastroso futuro che lo attendeva.
Trovate in mostra l'intero armamentario del potere regale; materiale che arriva dalle regge del Piemonte e degli altri Stati pre-unitari; e che i Savoia hanno spostato di palazzo in palazzo perché i Savoia, da veri piemontesi, avevano un'innata propensione a "tramudé la mobilia". La più sfrenata arredatrice era la moglie di Umberto, Margherita, che - quando non amoreggiava con Carducci - si accaniva a stipare le stanza del Quirinale con mobili presi perlopiù dalle vecchie residenze di Torino e dintorni; e li affiancava ad altri arredi moderni, in un delirio del gusto che gli studiosi definiscono "eclettico" e nel quale molti di noi riconosceranno - ovviamente con maggior scialo di dorature e avorii - i gozzaniani salotti buoni di certe vecchie zie di Dronero. 
Le alzatine del Piffetti che stavano a Villa della Regina
Le grandi cose di pessimo gusto, insomma: ma anche lo specchio di un'epoca, e di una dinastia sintonica con la borghesia dominante la neonata Nazione: vaste ambizioni e orizzonti limitati.
Una mostra particolare, non di "soli capolavori" - benché non manchino i capolavori veri - ma ricostruzione illuminante delle dinamiche e delle simbologie del potere nell'Italia fra il 1860 al 1920, prima che arrivasse il Fascismo a cambiare le regole del gioco.
Morale della favola. Sono tornato dalla Venaria soddisfatto e contento, dopo aver imparato tante cose nuove, tipo che i re non siedono sul trono e non portano la corona e che gli ultimi Savoia regnanti avevano il buon gusto delle zie di Dronero (con i non regnanti, poi, è andata anche peggio) e che fine hanno fatto i Piffetti che stavano alla Villa della Regina (ovviamente sono al Quirinale: dove, sennò?). 
E' una gran bella mostra, "Dalle Regge d'Italia": andate a vederla. A me è talmente piaciuta che ho persino perdonato "Caravaggio Experience".

Post scriptum. Precisazione necessaria, dato che qualcuno sta equivocando: non si tratta di "riprenderci" il trono, bensì di "prendercelo" e basta. Quel trono non è mai stato a Torino: era a Parma, e Vittorio Emanuele II lo fece portare a Roma. Semplicemente mi sembra più furbo esporlo a Venaria, piuttosto che tenerlo invisibile in un deposito a Roma: in una Reggia dei Savoia avrebbe comunque un senso, e Venaria acquisterebbe una discreta attrazione per i visitatori.

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