La sala del trono dei Re d'Italia ricostruita alla Reggia di Venaria: il trono di solito è smontato e nascosto nei depositi del Quirinale |
La mostra s'intitola "Dalle Regge d'Italia. Tesori e simboli della regalità sabauda". Mobili, quadri, gioielli, abiti provenienti dalle residenze reali raccontano i sovrani post-unitari, da Vittorio Emanuele III a Vittorio Emanuele III, attraverso gli ambienti in cui hanno vissuto, e i simboli del loro potere.
E vi dico subito che la cosa più importante è il trono. Cioé, lo so che il trono è il più importante tra i simboli del potere. Ma intendo il trono in mostra a Venaria. C'è una sala che riproduce la sala del trono dei Re d'Italia al Quirinale: e c'è il trono, quello vero, dove non sedevano i re. Eh già: grazie alla mostra di Venaria ho imparato che in realtà i re non sedevano sul trono, era solo per figura, e di solito i re stavano in piedi accanto al trono e non ci si sedevano. Era una questione d'etichetta. D'altra parte ho pure appreso che i re non si mettevano la corona in testa; e insomma, per tutta la vita sono stato ingannato dalle fiabe, e dai libri, e dai film, e scopro soltanto adesso che i re non siedono sul trono e non si mettono la corona in testa. Certo che sono strani. Ma in fondo per fare di mestiere il re proprio proprio normali non si può essere.
A farla breve: alla mostra di Venaria c'è il trono dei Re d'Italia, con il baldacchino e i velluti rossi e davanti un tappetone grande come un alloggio; ed è il trono dove non si sono seduti Vittorio Emanuele II e Umberto I e Vittorio Emanuele III - che comunque avrebbe avuto i suoi problemi ad arrampicarcisi - e per un mese pure Umberto II. Questo trono - mi raccontano i curatori - i Savoia l'avevano preso dalla Reggia di Parma, era il trono dove non si sedeva Maria Luigia, quella che aveva cominciato come figlia dell'imperatore d'Austria e moglie dell'imperatore dei francesi ed è finita duchessa di Parma, e se Tojo avesse studiato di più la storia forse avrebbe scelto un trono meno porta-sfiga.
Ad ogni modo, quello esposto alla Venaria è stato il trono dei quattro Re d'Italia, e di solito giace, smontato, nei depositi del Quirinale repubblicano: da quando i Savoia hanno tolto il disturbo nessuno lo ha mai più visto, salvo un breve periodo quando lo fece tirare fuori ed esporre Cossiga, e chissà mai che cos'aveva in testa quell'uomo. Insomma, il trono d'Italia stava in un magazzino a Roma dimenticato da tutti, e l'hanno riesumato apposta per esporlo a Venaria, e prima di esporlo l'hanno affidato al Centro del Restauro della Reggia che lo ha rimesso a nuovo.
A questo punto mi viene spontaneo pensare che non ha senso, finita la mostra, ricacciarlo nei depositi del Quirinale. Già che è qui, teniamolo qui; tanto a Roma non se ne fanno niente, mentre alla Reggia di Venaria farebbe la sua porca figura e la gente potrebbe vederlo.
Vittorio Emaniele III bambino: lo sguardo è quello di chi già presagisce le apocalittiche sfighe che lo attendono |
Adesso scordatevi che mi metta a raccontarvi la mostra. Andate a visitarla, non resterete delusi. Anche perché ci sono pezzi rari, alcuni mai visti, e piccole cose curiose. Io ho adorato un quadro che ritrae il futuro re Vittorio Emanuele III a Napoli, bambino: e oltre la scontata constatazione che da quel dì non è più cresciuto di molto, mi ha colpito lo sguardo terribilmente infelice, quasi presagisse il disastroso futuro che lo attendeva.
Trovate in mostra l'intero armamentario del potere regale; materiale che arriva dalle regge del Piemonte e degli altri Stati pre-unitari; e che i Savoia hanno spostato di palazzo in palazzo perché i Savoia, da veri piemontesi, avevano un'innata propensione a "tramudé la mobilia". La più sfrenata arredatrice era la moglie di Umberto, Margherita, che - quando non amoreggiava con Carducci - si accaniva a stipare le stanza del Quirinale con mobili presi perlopiù dalle vecchie residenze di Torino e dintorni; e li affiancava ad altri arredi moderni, in un delirio del gusto che gli studiosi definiscono "eclettico" e nel quale molti di noi riconosceranno - ovviamente con maggior scialo di dorature e avorii - i gozzaniani salotti buoni di certe vecchie zie di Dronero.
Le alzatine del Piffetti che stavano a Villa della Regina |
Una mostra particolare, non di "soli capolavori" - benché non manchino i capolavori veri - ma ricostruzione illuminante delle dinamiche e delle simbologie del potere nell'Italia fra il 1860 al 1920, prima che arrivasse il Fascismo a cambiare le regole del gioco.
Morale della favola. Sono tornato dalla Venaria soddisfatto e contento, dopo aver imparato tante cose nuove, tipo che i re non siedono sul trono e non portano la corona e che gli ultimi Savoia regnanti avevano il buon gusto delle zie di Dronero (con i non regnanti, poi, è andata anche peggio) e che fine hanno fatto i Piffetti che stavano alla Villa della Regina (ovviamente sono al Quirinale: dove, sennò?).
E' una gran bella mostra, "Dalle Regge d'Italia": andate a vederla. A me è talmente piaciuta che ho persino perdonato "Caravaggio Experience".
Post scriptum. Precisazione necessaria, dato che qualcuno sta equivocando: non si tratta di "riprenderci" il trono, bensì di "prendercelo" e basta. Quel trono non è mai stato a Torino: era a Parma, e Vittorio Emanuele II lo fece portare a Roma. Semplicemente mi sembra più furbo esporlo a Venaria, piuttosto che tenerlo invisibile in un deposito a Roma: in una Reggia dei Savoia avrebbe comunque un senso, e Venaria acquisterebbe una discreta attrazione per i visitatori.
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