Lo ammetto: questa storia della Grande Migrazione Digitale della cultura, indotta dalla pandemia, mi appassiona. Almeno quanto mi deprime il ritardo di troppe delle nostre istituzioni che ancora non riescono a uscire dalla banalità "televisiva" dello streaming, senza capire che, per parlare di cultura con uno strumento "nuovo" (nuovo per loro, s'intende...) è obbligatorio sviluppare un nuovo linguaggio, pensato su misura dello strumento stesso. Insomma, è la solita vecchia lezione di McLuhan - il medium è il messaggio - che dopo mezzo secolo resta attuale, e non capita da tanti. Sicché stiamo tutti a blaterare di web ma pochissime fra le nostre istituzioni culturali si stanno seriamente attrezzando per una sfida che sarà cruciale, nei prossimi anni. E che non si potrà affrontare affidandosi a orecchianti, improvvisatori, apprendisti e dilettanti allo sbaraglio. Ad ogni modo: le mie piccole considerazioni in materia le ho esposte stamattina in un articolo per il Corriere: per chi fosse interessato, ecco il link.
Oggi a Roma c'è stata la conferenza stampa del Torino Film Festival prossimo venturo. Da tempo ormai il Tff ha dismesso la civile consuetudine della doppia conferenza stampa, a Roma e a Torino. E con sto piffero che io mi scapicollo fino a Roma scialando tempo e denaro per assistere all'inutile pantomima. Tanto l'unica novità che rivesta un qualche interesse è l'elenco dei selezionatori scelti da Base: in ordine alfabetico, Davide Abbatescianni, Martina Barone, Ludovico Cantisani, Elvira Del Guercio, Veronica Orciari e Davide Stanzione (alcuni li vedete nelle foto in alto, presa da Fb). Per me sono illustri sconosciuti, ma io sono ignorantissimo. Da un rapido giretto in rete mi è parso di capire che, casualmente e salvo abbagli, sono tutti romani, nativi o stanziali. Altre imprese d'alto profilo al momento mi sono sfuggite: garantisco che appena possibile e con la massima sollecitudine porrò rimedio alle mie lacune. Ma l'unica cosa davvero notevole e divertente
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