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STORIE DELLA MADONNA A PALAZZO MADAMA

 

La "Madonna delle partorienti" a Palazzo Madama
Mi sentivo abbastanza fesso, stamattina: ho abbandonato il mio fortilizio domestico - ancora non  mi hanno vaccinato, maledizione... - spingendomi fino a Palazzo Madama soltanto per vedere l'ennesima Madonna che con sabauda regolarità il presidente di Torino Musei Cibrario fa arrivare, ad ogni maggiomesemariano, dai sotterranei vaticani. 

Mi sentivo un fesso perché, se proprio ero in vena di ardimenti, avrei potuto rischiare la visita alla Sabauda e al Castello di Rivoli, dove sono esposti in casuale contemporaneità due sontuosi Caravaggio

Ma quelli di Palazzo Madama sono sempre molto gentili, e mi avevano garantito una preview in perfetta solitudine, accompagnato soltanto dalla conservatrice Clelia Arnaldi di Balme, e io so che qualsiasi mostra vale di più se mi accompagna qualcuno che ci capisce davvero e mi fa vedere quello che io nella mia ignoranza non so vedere. Insomma, fatto sta che stamattina ho preso e sono andato a Palazzo Madama. Anche perché, una volta tanto, mi incuriosiva pure la Madonna: intendo questa "Madonna delle partorienti" che sarà esposta fino al 20 luglio, frammento di un affresco di fine Quattrocento che stava sul muro di una cappella dell'antica basilica di San Pietro, quella di prima intendo, fatta costruire dall'imperatore Costantino  a espiazione dei suoi infiniti peccati e i cui resti, le cosiddette "Grotte vaticane", ancora oggi si possono visitare sotto il pavimento dell'attuale San Pietro king size progettata da Michelangelo a maggior gloria della Cristianità ed espiazione degli infiniti peccati di papa Giulio II, pessimo cristiano ma eccelso mecenate e spietato condottiero d'eserciti morto di sifilide nel 1513.

Questa "Madonna delle partorienti", dicevo, m'incuriosiva per vari motivi. Intanto per via dell'autore, Antoniazzo Romano, che non è una superstar del Rinascimento, ma neanche l'ultimo dei cretini: lavorava con Ghirlandaio, Melozzo da Forlì e Perugino, a di recente gli hanno pure attribuito il ciclo di affreschi dell'Invenzione della Croce che finora tutti pensavano fosse del Pinturicchio.

La Madonna della Consolata
Tra l'altro, Antoniazzo è ritenuto l'autore anche del quadro della Madonna della Consolata, quadro che i credenti torinesi tanto venerano e che venne donato al santuario - per rimpiazzare l'icona originale, quella del famoso "miracolo del cieco di Briançon" della cui reale esistenza è lecito dubitare - dal vescovo di Torino Domenico Della Rovere, nato a Vinovo ma il cui cognome doveva pur significare qualcosa dalle parti del soglio di Pietro, essendo lo stesso non soltanto di Giulio II ma pure di Sisto IV e di una manciata di vescovi e arcivescovi. Insomma, una bella storia.

L'altra bella storia l'ho scoperta quando sono arrivato a Palazzo Madama, dove m'aspettavo di vedere questo affresco staccato della "Madonna delle partorienti" di Antoniazzo, e buonasera al secchio. Invece ho trovato una mostra vera, per quanto può essere una mostra vera una mostra con un solo quadro. Però presentato bene, che ci arrivi al termine di un percorso dove ti raccontano, con foto e schede e disegni, il perché e il percome di quella Madonna, e come hanno conservato e restaurato il dipinto - lavorone giustappunto della Madonna, il restauro - e i precedenti vagabondaggi dell'opera sui muri dell'antica San Pietro, al punto da ricostruire a grandezza naturale l'intera cappella dove il dipinto stava esposto; cosicché quando arrivi finalmente al vero e proprio quadro - o affresco staccato, fa lo stesso - capisci bene ciò che stai guardando, e ti pare di incontrare una vecchia conoscenza.

Morale: sono uscito da Palazzo Madama contento come una pasqua, e sentendomi per nulla un fesso. Anzi, se vi capita vi consiglio di andare a buttarci un occhio anche voi, non è tempo sprecato. Però, mi raccomando, andate anche a vedere i Caravaggio alla Sabauda e a Rivoli.

P.S. Già che c'ero, stamattina dopo la visita a Palazzo Madama ho fatto il giro lungo e prima di rincasaresono passato a salutare certi amici miei in via Cagliari. Ma quest'altra storia la racconto sul Corriere a questo link.

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