Ilaria Bonacossa, direttrice uscente di Artissima |
La domanda, di per sé, è di evangelica semplicità: Ilaria Bonacossa succederà a se stessa alla direzione di Artissima? Come sempre quando si parla di governance della cultura, le domande sono semplici: complicate sono le risposte.
Il mandato quinquennale della Bonacossa si esaurisce con l'edizione 2021 che si consumerà in presenza all'Oval del Lingotto dal 5 al 7 novembre. Il bando (anzi, la "selezione non vincolante") per il nuovo direttore (o direttrice) si è chiuso lo scorso 12 settembre.
Usciamo (forse) da un tempo drammatico ed eccezionale, e una manifestazione complessa qual è Artissima di tutto avrebbe bisogno fuor che di discontinuità. Nel suo quinquennio la Bonacossa ha lavorato bene, Artissima è cresciuta ed è riuscita a superare bravamente l'anno più duro della pandemia. Alla luce dell'aureo precetto "squadra che vince non si cambia" non si vede quindi una seria motivazione pratica per un cambio al vertice. Nessuna motivazione, se non una norma - discutibile e che a suo tempo ho ampiamente discusso - che lo impone.
E va bene, non capisco ma mi adeguo. D'altronde, nulla vieta che la Bonacossa si ricandidi e ottenga la riconferma. Io sono convinto che si sia ricandidata. Gliel'ho domandato - gliel'hanno domandato tutti, a margine della presentazione di Artissima 2021 - ma lei, formalmente, non ha risposto. Dice che "è un bando pubblico e mi hanno detto che non se ne può parlare, è riservato". Cioè, fammi capire: un bando "pubblico" è "riservato"? Boh. Un bando può essere "riservato" quanto si vuole, ma se a me, privato e libero cittadino, punge vaghezza di parteciparci, e di urlare al mondo che ci partecipo, spiegatemi chi avrebbe il diritto di impedirmelo.
Che poi l'Ilaria quando lo dice ci ha la faccia di quella che non dice ma dice e quella faccia lì dice che lei ha partecipato, eccome; e non credo che le facce rientrino nell'ambito normativo delle presunte regole sulla "riservatezza" dei bandi pubblici; presunte perché io non ho mai visto scritto nero su bianco una legge, una norma, un regolamento, un codicillo che vieti al privato e libero cittadino di urlare al mondo che lui partecipa a un bando.
Ad ogni modo. Secondo la miglior tradizione dell'Ucas (Ufficio complicazione affari semplici) ieri mi mi sono sbattuto, prima e dopo la conferenza stampa (alle conferenze stampa le uniche cose interessanti si sanno prima o dopo) alla ricerca di brandelli d'informazione sul riservatissimo bando, apprendendo dalla viva voce del presidente di Torino Musei Maurizio Cibrario che la selezione è a buon punto, dopo una prima scrematura sono rimaste una decina di candidature, "molto interessanti", e fra una quindicina di giorni (dice Cibrario) si potrebbe conoscere il risultato. A parer mio aspetteranno quantomeno il nuovo sindaco, così da consentirgli di ficcare immediatamente il peperone nella nuova nomina: una specie di aperitivo delle ficcate di peperone del quinquennio a venire.
All'Ilaria non dispiacerebbe restare, si è affezionata e si è appassionata ad Artissima. Se poi non la confermeranno, tanto peggio per noi e tanto meglio per lei, che almeno si tirerà fuori dal pantano torinese e troverà altrove un'ottima sistemazione come storicamente è sempre accaduto agli ex direttori di Artissima. Le proposte non le mancano anche qualora, come assicura l'Ilaria sull'onda dell'affezione, non andasse a dirigere un'altra fiera d'arte.
Quanto a Torino, continuerà nella sua nobile missione di scovare nuovi talenti da lasciarsi sfuggire alla prima occasione: simile in questo non tanto all'Atalanta, quanto al Palermo che nell'arco di una decina d'anni, quando stava in serie A, ha lanciato e ceduto Dybala, Cavani, Pastore, Toni, Amauri, Barzagli, Belotti, e a forza di astute cessioni oggi arranca a metà classifica in Serie C.
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