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SULLA GIOSTRA DEI DIRETTORI

L'accigliato Lo Russo fra Purchia e Campogrande. Sul trespolo il collega Casoli della Rai

Ieri mattina c'era un gran traffico di conferenze stampa. Senso tattico sopraffino, davvero. Erano riusciti a piazzare in contemporanea, alle undici e mezza, le presentazioni del Salone Off alla Cavallerizza e di MiTo Settembre Musica al Museo della Rai. Quando si sono accorti del malestro, quelli di MiTo hanno posticipato a mezzogiorno e mezza, che poi è diventato l'una per aspettare il sindaco Sala che doveva collegarsi da Milano ed era impegnato con il ministro dell'Interno: invano, perché il Piantedosi al Sala gli ha attaccato un bottone che non finiva più e alla fine Sala ha dato buca a MiTo, presumo con gran fastidio di Lo Russo che infatti aveva l'aria imbronciatissima, come si può notare nella figura. 

Intanto, mentre Salone e MiTo s'industriavano per evitare la concomitanza, al Museo del Cinema hanno pensato bene di piazzare alle undici e mezza la presentazione di una loro pur trascurabile mostra, sicché verso mezzodì nel triangolo delle presentazioni fra Cavallerizza, Rai e Mole c'era un via vai di giornalisti e fotografi affannati a inseguire il nulla. Tutta salute per la categoria, un po' di jogging migliora il tono cardiaco.

Non ero particolarmente interessato ai programmi di Salone Off e MiTo (quelli li trovi senza problemi on line) ma mi sono organizzato per assistere alla cerimonia degli addii (la prima, altre seguiranno ancora) di due ottimi direttori: Nicola Lagioia che lascia il Salone dopo sette anni e Nicola Campogrande che di anni a MiTo se n'è fatti otto.

Entrambi hanno pronunciato nobili parole di commiato, ed entrambi alla fin fine lasciano perché hanno preferenza di tornare a fare il proprio lavoro: lo scrittore Lagioia, il compositore Campogrande.

Lasciano just in time, come sempre si dovrebbe lasciare qualsiasi cosa, un incarico, una carriera, un amore: al vertice del successo, e prima che a qualcuno venga in mente di sbatterti fuori. Saper scegliere in tempo e non arrivarci per necessità è talento prezioso quanto raro: ci vuole orecchio, sensibilità, e rispetto di se stessi. Le stesse doti, insomma, necessarie per fare un grande Salone, un grande MiTo. La classe non è acqua, e se ce l'ha ce l'hai sempre. Mica a corrente alternata.

A tal proposito, un altro che esce da vincitore è Steve Della Casa, che lascerà la direzione del Tff a dicembre, appena conclusa la sua seconda edizione festivaliera. Il bando per la scelta del successore si è chiuso da un mese, ragion per cui nel tour delle presentazioni ho infilato pure una capatina al Museo del Cinema: il tempo necessario per domandare a Ghigo che punto è la pratica. Il felpato presidente mi ha fatto capire che non hanno fretta: faranno le cose con ponderazione - dice - ma è soddisfatto per la qualità delle candidature: ci sono nomi di qualità - dice - ancor più alta di quanto ci si attendesse. 

Ciò è consolante, seppur non sia un'assoluta garanzia: quando c'è in ballo una nomina, per antica tradizione c'è sempre quello che s'indigna senza saperne un cazzo, quello che la nomina non gli va bene e punta i piedi, e comunque non è sempre detto che vinca il migliore. Anzi. Per cui una nomina a Torino è regolarmente un drammone pieno di furia e strepito (vedi la successione di Lagioia al Salone) che spesso si conclude con un compromesso alla meno peggio (vedi la successione di Lagioia al Salone). Per tale motivo incrocio le dita sia per il Tff sia per MiTo: ieri l'assessore Purchia mi ha assicurato che il successore di Campogrande è ancora da individuare: di recente si è parlato di Giorgio Battistelli, ma la Rosanna sostiene che si tratta di ipotesi giornalistiche prive di fondamento.

Vabbè, la gran giostra dei direttori riparte. The show must go on.

P.S. Devo scusarmi con gli amici del Festival delle Colline: anche loro ieri (nel pomeriggio) presentavano la loro manifestazione, ma sinceramente quattro conferenze stampa in un giorno non le reggo.  

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