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LEON, I SOLDI E I MUSEI: UN FACTCHECKING

L'assessore Francesca Leon: "La città è viva e forte"
(N.B. alcuni lettori mi dicono che la foto è brutta: in effetti
non rende appieno merito all'assessore. Purtroppo non
dispongo di un ampio archivio e l'assessore non è molto
propensa a lasciarsi fotografare da me, che sono peraltro
un mediocre fotografo. Cercherò di far meglio in futuro)
Sabato scorso, 15 aprile, ho letto con vera e rispettosa attenzione su Repubblica le dichiarazioni dell'assessore alle Fontane (e Musei) Francesca Leon (il testo completo trovate a questo link). E' una lettura interessante, ma alcune asserzioni meritano un adeguato factchecking.

Prima asserzione di Leon: "cerchiamo le risorse"

Dichiara Leon: "Nell’immediato cerchiamo le risorse per il 2017 e sono certa di trovarle, scongiurando il rischio di chiudere i musei, per il futuro pensiamo a cambiamenti strutturali, che richiedono analisi approfondite». 
Factchecking L'assessore Leon si dice "certa di trovare le risorse per il 2017". Se si riferisce ai famosi 61 milioni che l'amministrazione civica reclama dal governo, la questione - come spiegato qui - è assai complessa, e difficilmente quei soldi arriveranno. Di sicuro non arriveranno tutti, e non quest'anno. Ma se pure arrivassero, vorrei far notare che esistono altri due problemi. Intanto, c'è il dubbio che sia saltata fuori una gabola contabile per cui dal bilancio previsionale 2017 verrebbero a mancare altri 5 milioni. Inoltre, nel testo dell'intervista sta scritto che "è certa di trovare le risorse per il 2017", senza l'aggettivo "aggiuntive", per cui potrebbe semplicemente riferirsi alle risorse già indicate nel bilancio di previsione 2017, ma pure in tal caso è doveroso ricordare che non tutto è così "certo": il bilancio di previsione 2017 destina alla Cultura in totale 15,5 milioni con una perdita secca di 6.2 milioni rispetto all'assestamento 2016 (già approvato da Appendino) e di 6,8 sul previsionale 2016 (che fu però firmato da Fassino alla vigilia delle elezioni, e quindi era ovviamente, come dire?, assai generoso). Il guaio è che, di quei risicati 15,5 milioni promessi per il 2017, ben 11,4 sono segnati a bilancio in conto capitale, e questo significa che quegli 11,4 milioni in realtà non sono in cassa, e toccherà recuperarli con operazioni contabili o immobiliari straordinarie. Quindi nulla è "certo", a parte i circa 4 milioni previsti in spesa corrente. In un altro punto dell'intervista l'assessore afferma: "Alle Compagnia di San Paolo e Fondazione Crt abbiamo chiesto uno sforzo per quest’anno che consideriamo di transizione". Da questa frase si potrebbe inferire che alla fin fine le "risorse da recuperare" si recupereranno elemosinando all'uscio delle fondazioni bancarie.

Seconda asserzione di Leon: "non rimpiangete Manet"

L’assessore Leon, scrive Repubblica, esorta i torinesi a "finirla una buona volta con i piagnistei". Non so se questa pittoresca espressione sia di Leon o dell'articolista. E' invece direttamente attribuita a Leon la frase "C’è una mostra straordinaria come ‘Colori’ alla Gam e a Rivoli e si continua a dire che abbiamo perso Manet".
Factcheckig La mostra di Manet a Milano ha richiamato nel periodo pasquale 5391 visitatori, contro i 3250 di Gam con i suoi Colori. Duemila in più, benché le presenze complessive nei musei milanesi siano state appena 23 mila, ben inferiori al risultato complessivo di Torino. Va però precisato che ai numeri della Gam vanno aggiunti quelli del Castello di Rivoli, che in pratica consentono a Colori di impattare con Manet, e questo è un gran merito di chi ha pensato la mostra. Certo, è probabile che lo stesso visitatore vada sia alla Gam sia a Rivoli, per cui le cifre non sono seriamente comparabili: ma è comunque una soddisfazione, e la conferma della forza delle grandi mostre. Non dimentichiamo però che l'ultima mostra alla Gam in collaborazione con il Musée d'Orsay, quella di Monet, fu ai tempi suoi la mostra più visitata d'Italia. E oggi come ci confrontiamo con le altre città? A questo link trovate un quadro succinto dell'offerta espositiva in Italia nel ponte di Pasqua. Torino non brilla, e non soltanto nel paragone con Milano. E il successo di Colori conferma che è velleitario sperare che sul lungo periodo i nostri musei stiano sul mercato internazionale del turismo con la forza delle sole collezioni, senza avere le collezioni degli Uffizi o - tra i torinesi - di Egizio e Cinema.

Terza asserzione di Leon: la "valorizzazione commerciale"

A proposito del Borgo Medievale, l'assessore dichiara: "La Fondazione Torino Musei non riesce a valorizzarlo da un punto di vista commerciale, mentre potenzialmente potrebbe interessare a un privato. Si sta lavorando per capire quali modelli di concessione possono essere appetibili per chi è interessato a investire».
Factchecking Segnalo in primis un errore in cui sono stato indotto da una errata informazione ricevuta dall'ufficio stampa, che a mia precisa domanda confermava per il Borgo 7600 visitatori paganti nei tre giorni del ponte di Pasqua. In realtà apprendo ora che erano in gran parte ingressi gratuiti, soltanto in 910 hanno pagato il biglietto per entrare alla Rocca. Ma tant'è. Mi sono occupato del progetto di affidare il Borgo Medievale ai privati nel post "Chiarabella come Patriziona: liberiamoci del Borgo Medievale". Ripeto i punti salienti: quello di cedere a un gruppo privato il Borgo è un vecchio progetto di Patrizia Asproni (e delle fondazioni bancarie), a suo tempo osteggiato dal consigliere d'opposizione Chiara Appendino, come ricorda una recentissima interpellanza del leghista Fabrizio Ricca. Esiste copiosa messe di interpellanze dalle quali si deduce che il solo sospetto che il Borgo finisse in mano a privati suscitava nel consigliere d'opposizione Chiara Appendino violente orticarie: si possono leggere a tal proposito l'interpellanza del 26 marzo 2014 (mecc. 2014 01436), oppure l'interpellanza del 25 novembre 2014 (mecc. 2014 06007/002), e ancor più l'indignata interpellanza del 7 aprile 2014 (mecc. 2014 01665/002).

Quarta asserzione di Leon: "non si cancellano le voci di spesa con una X"

L'assessore dichiara: "Non si cancellano le voci di spesa con una X, si deve arrivare a gestire i beni in modo più efficace.... Stiamo pensando a modifiche nell’organizzazione e nella gestione, che portino a ridurre i costi senza penalizzare la produzione, a trovare un equilibrio e a raggiungere la stabilità... ci siamo dati una scadenza ai primi di maggio, per verificare se sarà necessario ridurre le aperture, ma mi auguro di no: sono molto fiduciosa di trovare le risorse per il 2017 (vedi factchecking sopra, NdG), tengo a precisare inoltre che per noi la prima preoccupazione è il personale".
Factchecking Dalle parole dell'assessore si apprende che è attuale l'ipotesi che i musei possano ridurre le aperture: grande notizia, per una città che aspira a un futuro turistico. Per quanto riguarda le preoccupazioni del personale, esse sono ben note.  Sono note anche le "rassicurazioni" fornite dall'assessore, e la scarsa fiducia che hanno suscitato tra i lavoratori. Le preoccupazioni che non sono nuove - già ai tempi di Fassino le cose andavano malissimo - e hanno cause variegate, dalla nuova disciplina degli appalti ai tagli di bilancio. L'assessore dichiara che "non si cancellano le voci di spesa con una X", ma è ciò che è stato fatto, ad esempio, addossando da un giorno all'altro alla Fondazione Musei le spese del riscaldamento.

Quinta asserzione di Leon: la città "viva e forte"

In conclusione d'intervista l'assessore Leon, sollecitata dal cordiale intervistatore a lanciare un "messaggio", ammette che "in questo momento non possiamo confrontarci con Milano" (e di questo ce ne siamo accorti) ma assicura che "qui non vogliamo certo azzerare la cultura: abbiamo le risorse per mettere a sistema quello che vogliamo fare, che è tanto" e precisa: "Dico che abbiamo tante cose, da ultimo il Festival di Vivaldi, che è molto seguito, a maggio partirà il Salone del Libro, poi arriveranno le Ogr: la città è viva e forte".
Factchecking Non so se la città è viva e forte. Di certo gli argomenti dell'assessore sono insufficienti a dimostrarlo. Il Festival Vivaldi non è un nuovo festival, bensì un assemblaggio di iniziative vivaldiane (sul modello di quanto fatto l'anno scorso per Casella) proposte da svariate associazione ed enti senza nessuna partecipazione economica del Comune, a parte la stampa dei volantini per una spesa di duemila euro. Il Festival Vivaldi rientra quindi nella categoria degli "scatoloni infiocchettasti", una vecchia gherminella inventata dalla giunta Fassino per dare l'impressione di fare molto, senza fare nulla. Il fatto che un cartellone dedicato a Vivaldi abbia successo dimostra soltanto che Torino ha un pubblico ampio e di buon gusto; e che le associazioni culturali (alcune delle quali strangolate da vecchi e nuovi tagli) lavorano ancora bene, nonostante le molestie di politicanti saccenti e dannosi.
Comunque. Il Festival Vivaldi non è un festival.
Il Salone del Libro c'è da trent'anni e cara grazia se c'è ancora ma aspettiamo a cantar vittoria il 22 maggio, per scaramanzia.
Le Ogr apriranno il 30 settembre e fino a prova contraria ha pagato tutto la Fondazione Crt e non si vede quali meriti possa arrogarsi la Città. Ma il punto vero è un altro: le Ogr sono il risultato di un vasto progetto concepito anni fa e costruito con lentezza e lungimiranza; quindi non dimostrano che la città "è viva e forte": semmai che lo era. E se chi oggi la governa non ha una visione lucida e ambiziosa, tra dieci anni non ci saranno novelle Ogr o altre mirabili imprese di cui vantarsi, ma soltanto rovine da contemplare, e rimpianti, e memorie vuote.

Commenti

  1. Puntiglioso ed interessante, ma il termine fact-checking si applica solamente ad affermazioni verificabile con i dati, in alcune parti esprimi opinioni/deduzioni sperando passino per verità verificate: male. Analisi lucida e con cui non discordo, ma è un analisi, non un fact-checking.

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    1. Il factchecking è puntualmente suffrAgato dai link. La cOnsiderazione finale è un'opinione e pertanto non reca link. La distinzione mi pare chiara e tale da non ingenerare equivoci. Grazie per l'attenzione.

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  2. Dal futuro del Borgo Medioevale si potrà verificare con agio la vera capacità gestionale del Comune e della Fondazione. Il valore culturale del Borgo (e di riflesso quello economico-turistico) è inferiore agli altri enti che compongono la Fondazione. Come un artigiano dimostra la sua bravura quando fa molto con poco (pensiamo alla filigrana), così anche per la Fondazione il Borgo rappresenta il banco di prova sul quale testare la propria bravura gestionale (che è cosa diversa dalla competenza storico-artistica). Che ci si debba aprire ai privati è fuori dubbio; il problema è quali privati e come aprirsi. Se la "valorizzazione commerciale" implica farne un parco divertimenti (che fa un remunerativo intrattenimento, ma non crea cultura), questo è contrario alle migliori pratiche internazionali in tema di musei. Farlo è sbagliato. Se invece ci si chiede come attrarre nuove risorse senza impattare negativamente sul valore culturale del bene (ma anzi facendolo emergere pienamente) la risposta è sempre: partecipazione. Quella stessa partecipazione che definisce la natura della Fondazione, ma non informa poi la sua struttura gestionale. Non sono i privati a scopo di lucro quelli a cui rivolgersi, ma gli appassionati, gli artigiani (tutte le botteghe del borgo sono una straordinaria vetrina per educare alla storia dell'artigianato e anche per promuovere produzioni che ancora utilizzano antiche tecniche), le università, i giovani (pensate a quanto denaro è accessibile con i fondi dell'Erasmus+), etc. Disfarsene equivale quindi ad arrendersi a non saper gestire. E' troppo facile fare grandi numeri con collezioni di richiamo internazionale; chi sa gestire sa tirare fuori il massimo anche da valori più contenuti.

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  3. Ho apprezzato l'analisi di Gabriele D'Amico sul problema del Borgo ai privati e ne condivido i distinguo. Ringrazio anche per la citazione degli artigiani. Dimostra una conoscenza non superficiale delle realtà storiche che fanno del Borgo un museo molto particolare.

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