Leon ieri in Commissione: lei sa che tutto è già risolto ma per educazione mostra di appassionarsi al dibattito |
La sorpresona di Leon
Ovvio che si tratta di una messinscena, neppur interpretata con maestria, a beneficio della pubblica disopinione. Gli attori in commedia sanno benissimo che, per questa volta, una quadra si troverà. Ma in realtà persino i consiglieri comunali che ieri mattina hanno interpretato diligentemente le loro particine erano all'oscuro della totale inutilità della recita.Certo, è ben noto a tutti che i soldi ci sono: li metterà la Regione, recuperandoli dai fondi statali del Cipe. Però c'è il problema che la Regione li fa cadere dall'alto perché sia ben chiaro che il casino l'ha combinato il Comune cinquestelle tagliando il finanziamento, e lo risolve la Regione piddina tirando fuori il valsente. Va da sé che la prospettiva non piace né punto né poco ai cinquestelle, i quali vogliono dimostrare che - per usare un'espressione cara alla Leon - anche loro "fanno la loro parte".
Purtroppo ormai le chiacchiere stanno a zero, e i soldi scarseggiano. Con abile contromossa, quindi, ieri pomeriggio la Leon convoca i rappresentati sindacali e gli annuncia che il Comune s'impegna a non lasciare a spasso nessuno.
E non parlava soltanto dei dieci licenziandi che hanno diritto a tornare nell'amministrazione civica in virtù della clausola di salvaguardia prevista dal loro contratto. Per i rimanenti diciotto "esuberi", ha assicurato Leon e ha confermato Appendino, s'inventeranno qualcosa. Magari un'eccezione al blocco delle assunzioni in Comune. O magari li smisteranno in qualche partecipata. Vassapere.
Peraltro ieri a Palazzo Civico sentivo parlare anche di trecentomila euro che il Comune avrebbe trovato per buttarli sul tavolo delle trattative, il prossimo 9 gennaio. Salvando così la faccia e - ciò che più conta - un po' di posti di lavoro.
L'aspetto stravagante della faccenda è che in mattinata, durante la Commissione riunita per discutere la situazione dei musei civici, Leon - benché bersagliata dalle critiche - non ha detto una parola sul provvedimento che ha invece rivelato nel pomeriggio ai sindacati. Tanto senso del coup de theatre mi insospettisce. Fosse mai che se la sono inventata sui due piedi per tacitare il malcontento crescente. Ma in fondo, chissenefrega: purché funzioni.
Resta da risolvere il problemuccio dei musei: vada per il Borgo Medievale, la cui sorte sembra ormai segnata, ma chiudere la Biblioteca della Gam sarebbe un'inaccettabile porcata indegna di una città civile e irrispettosa verso gli studenti che, se a lorsignori non dispiace, avrebbero bisogno di quei libri per terminare le tesi e laurearsi. Tanto più che non sono lorsignori a mantenerli agli studi.
Tuttavia, ammesso e non concesso che stavolta ancora la scampiamo, così non si può andare avanti. E' l'intero sistema culturale che sta collassando, le falle si aprono una dopo l'altra e alla fine il disastro sarà inevitabile se non ci saranno interventi strutturali risolutivi. Peccato che nessuno sappia bene quali possano essere, benché tutti blaterino di grandi riforme. "Ci stiamo lavorando", dicono. Fantastico.
Il salvifico mistero del Museo di Scienze
Nell'attesa di rivelare al mondo, nel pomeriggio, la sua soluzione della crisi, ieri mattina Leon non dava segno di immaginare altra risorsa a salvaguardia dell'occupazione se non il futuro "Polo dei Musei Scientifici" con l'inclusione del Museo di Scienze nella Fondazione Musei, operazione che implica la riapertura di detto museo nel 2019: considerato che è chiuso dal 2013, che doveva riaprire nel 2014 e che ogni sei mesi la Regione ne annuncia la riapertura entro sei mesi, massimo un anno, mi permetto di mantenere sulla tempistica una posizione di benevolo scetticismo.Confesso invece la mia inadeguatezza a comprendere come l'inclusione del Museo di Scienze nella Fondazione Musei potrebbe risolvere magicamente tutti i guai della Fondazione Musei e stabilizzare i posti di lavoro: ma d'altra parte non ho mai capito neppure il mistero della Santissima Trinità, e dunque non sono attrezzato per certe finezze di pensiero. A meno che Leon non conti sulla "regionalizzazione" della FTM: in tal caso, pensa l'astuta, saran tutti mazzi di quell'antipatica della Parigi, o di chi per essa, e io mi sarò tolta i sagrini.
Affinità e divergenze fra Filura e Chiarabella
All'oscuro di quanto escogitato da Appendino e Leon, ieri mattina in Commissione i consiglieri si sono concentrati sull'appassionante leit-motif "è colpa tua, no è colpa tua". In tale ambito, i cinquestelle non mancano di ricordare che i finanziamenti li ha tagliati anche Fassino: e hanno ragionissima, se pensate che ancora nel 2008 la Fondazione Musei riceveva dal Comune di Torino qualcosa come 14 milioni: non è che dall'oggi al domani si è precipitati a cinque - a un pericoloso livello di pura sopravvivenza, garantiscono il direttore della Fondazione Musei Valsecchi e il presidente Cibrario.Poi, nel teatrino commissariale, c'è chi, spinto dalla vis polemica o dall'inesperienza tecnica, tira pure in ballo la puzzonata del 2013, quando lo scaltro Filura anziché i soldi rifilò alle Fondazioni culturali una serie di alloggi e terreni da vendere, trasformando così i vari presidenti in agenti immobiliari, e creando notevolissimi disguidi gestionali. Dal punto di vista della cassa, fu una minchiata galattica: ma, se non altro, all'epoca i bilanci di fine anno vennero chiusi senza ricorrere - come adesso - a licenziamenti e altre sciagure, dato che almeno sulla carta i soldi c'erano.
Strangolati dagli interessi
E' pur vero che, in politica, l'ignoranza contribuisce a tranquillizzare le coscienze. Non si spiega altrimenti il singolare silenzio bipartisan su un dato che non a caso ieri il presidente Cibrario ha invece ritenuto utile citare: i dodici milioni - diconsi dodici - di crediti che la Fondazione Musei vanta nei confronti degli enti pubblici. Sono gli arretrati dei contributi stanziati negli anni scorsi, ma non ancora materialmente versati alla Fondazione.Questo, non mi stancherò mai di ripeterlo, è il cancro che ucciderà le nostre istituzioni culturali. Se i soldi tardano ad arrivare perché Comune e Regione non li hanno in cassa o perché i tempi di erogazione sono biblici, le Fondazioni sono costrette a farseli anticipare dalle banche: i dipendenti e i fornitori e le bollette non li paghi con le promesse e le delibere della politica. Le banche anticipano il contante, però pretendono (ma pensa un po'...) profumati interessi, che si accumulano e a poco a poco soffocano tutte le nostre "eccellenze".
Maurizio Cibrario, il presidente della Fondazione Torino Musei ieri in tenuta da gentleman farmer all'uscita dalla Commissione |
La versione di Cibrario
A questo punto non sarà sfuggito al cortese lettore un certo mio scetticismo sull'effettiva comprensione dei problemi da parte della politica, per non dire dell'adeguatezza a risolverli. Ho invece l'impressione che il presidente della Fondazione Musei, Maurizio Cibrario, sappia quantomeno che cosa sta dicendo. Non posso ovviamente garantire che dica sempre e soltanto la verità, ma ritengo comunque utile riportare i punti salienti del suo intervento.1) Cibrario prende atto dell'ultimo taglio del finanziamento, afferma che 5 milioni sono l'estremo "livello di galleggiamento" (a qual prezzo, lo vediamo in questi giorni) e chiede che perlomeno in futuro non ci siano ulteriori "scherzi" (leggi tagli). Sul punto lo rassicura Leon: le risorse per la Fondazione, garantisce, sono state "stabilizzate" fino al 2020.
2) Cibrario precisa che sul piano patrimoniale la Fondazione è solida: non ci sono criticità strutturali (leggi debiti) analoghe a quelle che hanno portato alla morte della Fondazione per il Libro. Altra cosa è il bilancio annuale. Ma qui dovremmo ricominciare a discutere su materie ostiche ai più. Credeteci sulla parola, o fatevelo spiegare da un esperto.
3) La vera preoccupazione di Cibrario sono le manutenzioni straordinarie. Nessuno ne parla, eppure la situazione è grave. "A furia di non farle - avverte l'allarmato Cibrario - chiuderemo tutto. Non possiamo aspettare che saltino gli impianti". Cibrario definisce "ridicole" le cifre disponibili per la manutenzione dei musei civici, rivela che è costretto "a elemosinare" la generosità di questo o quel privato anche per "piccole riparazioni", e aggiunge che "non è possibile che il Comune non senta l'obbligo morale di mantenere in piedi un patrimonio che abbiamo ereditato e dobbiamo tramettere ai nostri figli e nipoti". Leon replica che "le manutenzioni non ci sono da anni" (giuro, dice così: e allora mandiamo tutto a ramengo, no?) e precisa che il Comune ha stanziato 500 mila euro per i Certificati Prevenzione Incendi. Vabbè, almeno non bruciano.
4) Cibrario nega che i musei civici non abbiano programmi per il futuro. Afferma anzi che mirano all'export, ovvero a progettare mostre che possano poi andare in giro, anche all'estero, assicurando anche un gettito alle casse della Fondazione. Fa l'esempio di "Odissee", la bella mostra in corso a Palazzo Madama, per la quale si prospetta un avvenire in tournée. Ben vendibile agli stranieri è anche la mostra di Ferrè, aggiunge Cibrario, che annuncia anche "mostre di importanza internazionale" in arrivo a Torino nel 2018 e 2019 grazie a nuovi contatti con le maggiori istituzioni museali europee. Aspetto fiducioso.
Chi ha deciso cosa
Terminata la pantomima della Commissione, ho domandato a Cibrario se la decisione di dismettere il Borgo Medievale e chiudere la Biblioteca della Gam per fronteggiare il taglio del finanziamento fu concordata con il Comune o presa autonomamente dalla Fondazione. Cibrario mi ha risposto che parlò del Borgo Medievale con Appendino, che era pienamente d'accordo; mentre la chiusura della Biblioteca della Gam nasce da una valutazione interna della Fondazione. Cibrario s'è detto però convinto che dagli incontri dei prossimi giorni uscirà una soluzione meno traumatica.E' mia personale convinzione che Cibrario abbia avviato la procedura di licenziamento perché necessaria per chiudere il bilancio d'esercizio 2016 entro il 31 dicembre (come ho più volte spiegato) ma contando che la prevedibile reazione della politica - con relativa apertura dei cordoni della borsa - ne avrebbe scongiurato gli effetti.
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