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IL SALONE E I CREDITORI: UNA SCOMODA VERITA'

Io ci ho provato, per giorni e giorni e giorni, a ignorare l'ennesima via crucis del Salone del Libro. Non mi interessa più, e si ripete da troppi anni, sempre uguale a se stessa, perenne monumento all'inadeguatezza di questa città. Poi, ieri pomeriggio, non mi sono più tenuto. E mi sono tolto il gusto di ricopiare, a beneficio dei lettori del Corriereun'interpellanza del 15 ottobre 2015 - due anni e mezzo fa - nella quale chi oggi governa rimproverava a chi allora governava gli identici errori, le identiche idiozie, che oggi promuove a ruoli invertiti ma con la stessa, proterva baldanza. Le mosche cocchiere danno buoni consigli finché la volontà del popolo sovrano non le mette in condizione di dare cattivi esempi.
Ma la ricorrente e ripetitiva recita a soggetto sull'immutabile canovaccio dei "costi del Lingotto" è un esempio, uno dei tanti, dell'immane teatro dell'assurdo che è diventato - anno dopo anno, disastro dopo disastro, follia dopo follia - quello che fu un tempo vanto e orgoglio di Torino: il Salone del Libro.
Il Salone del Libro appare ormai come un'entità aliena alla quale, nell'opinione comune e nella mente devastata di troppi decisori, non si applicano le normali convenzioni che regolano l'eterno volgere delle umane vicende. E' un universo parallelo. Retto da geometrie non euclidee, visioni lovercraftiane, balle spaziali. 
Non voglio con ciò sminuire il lavoro e il sacrificio di quanti contro ogni ragionevolezza, senza garanzie e senza stipendio, anche stavolta si prodigano per compiere l'impresa e rivitalizzare la Creatura che mille dottor Frankenstein della mutua hanno ridotto in condizioni catatoniche. Ma ho l'impressione che ancora non si sia preso atto di ciò che è accaduto. Proverò a riassumerlo, nella vana speranza che qualcuno finalmente capisca.
IL SALONE DEL LIBRO E' FALLITO.
Scritto così è più chiaro? No, perché ho il sospetto che per molti l'espressione "La Fondazione per il Libro è stata messa in liquidazione" sia un po' troppo tecnica. Se proviamo a sostituire "liquidazione" con "fallimento", forse vi rendete conto della situazione. Le Fondazioni, a differenza delle aziende, non falliscono. Vengono messe in liquidazione. Ma i motivi, e le conseguenze, sono uguali. Tu fallisci quando la tua azienda va a rotoli, e non hai più i mezzi per pagare i creditori. Giustappunto quello che è capitato alla Fondazione per il Libro. E aggiungo, a beneficio di chi ancora non se l'è ficcato nella capoccia: quando una Fondazione è in quelle condizioni, gli enti pubblici, Comune e Regione, per legge non possono intervenire per ricapitalizzare. La messa in liquidazione (leggi: il fallimento) è inevitabile. Quindi, almeno in questo Comune e Regione non hanno responsabilità: non hanno salvato la Fondazione per il Libro perché non potevano salvarla. Altra storia è come si è arrivati a questo punto: e lì, di responsabilità lorsignori ne hanno a bizzeffe.
Ma quando una Fondazione viene messa in liquidazione scatta una procedura (simile a quella per il fallimento) dalla quale l'incaricato (il liquidatore) non può sgarrare, altrimenti finisce al gabbio. E' una procedura lunghissima: può durare anni e anni. Il liquidatore deve recuperare i crediti della Fondazione e quindi pagare i debiti. La legge (ripeto: la legge) indica come e in quale misura verranno pagati i debiti, e quali sono i creditori che devono essere pagati per primi.
In una liquidazione, come in un fallimento, i creditori non hanno mai la certezza di recuperare tutti i loro soldi. Anzi. Riceveranno in proporzione di quello che c'è in cassa. Succede sempre, per legge, in ogni fallimento (e in ogni liquidazione) e chiunque presti la sua opera a credito lo sa, o dovrebbe saperlo. Rinunciare al pagamento pronta cassa è una pratica diffusa e spesso inevitabile; però comporta una percentuale di rischio. Rientra nella regole del gioco. Mica per niente tanti bottegai espongono il fatidico cartello "Per colpa di qualcuno non si fa credito a nessuno".
Ora, non dico che ciò sia giusto. In un mondo perfetto non accadrebbe. Ma questo è un mondo crudele e senza pietà, dove le cose brutte accadono e chi fallisce non può stampare i soldi e neppure, per legge, riceverli dalle casse pubbliche: e quando succede qualcosa del genere, tipo il Renzi che salva le banche, in tanti s'indignano e protestano.
Mi sento moralmente solidale con i creditori del Salone (meglio: della defunta Fondazione per il Libro) che ieri hanno manifestato tutte la loro disperazione, e il loro sdegno, con una lettera aperta, chiedendo a Comune e Regione di "trovare un criterio mediante il quale possano essere onorati gli impegni presi e liquidati tutti i crediti in tempi brevi". E tuttavia non capisco come ciò potrebbe accadere senza violare le leggi e, quel che è peggio, senza creare un'intollerabile sperequazione con le centinaia e migliaia di altri onesti imprenditori e lavoratori che dovunque in Italia e nel mondo subiscono - tanto più negli spaventosi anni che stiamo vivendo - le terribili conseguenze di centinaia e migliaia di fallimenti, perdendo denari che si erano onestamente guadagnati e vedendo svanire crediti che consideravano sicuri, fino all'estrema conseguenza della rovina delle loro aziende, con il conseguente fallimento e la successiva rovina e fallimento dei loro creditori.
Se qualcuno sa come uscirne, parli prima che sia troppo tardi.

Bonus track: la lettera dei creditori

Per completezza di informazione, pubblico la lettera aperta che ieri i creditori del Salone del Libro hanno inviato a tutti gli organi di informazione, persino a me:
Gentile Direttore, siamo un gruppo di creditori del Salone Internazionale del Libro di Torino e chiediamo spazio sul suo giornale per lanciare il nostro appello, grido disperato di chi è senza voce all’orecchio degli enti pubblici locali. I firmatari di questa lettera sono tutte aziende o liberi professionisti del territorio torinese, che hanno lavorato per costruire le precedenti edizioni del Salone, gestite ed organizzate dalla Fondazione per il Libro, la Musica e la Cultura di Torino. Nessuno di noi ha mai ricevuto una contestazione per i lavori fatti, nonostante le complesse traversie e i ritardi con i quali la macchina organizzativa si è messa in moto negli ultimi anni, fregiandosi degli onori ma anche facendosi carico dei molti oneri che l’organizzazione del Salone ha comportato. Come è noto a tutti, la Fondazione è stata messa in liquidazione e il prossimo Salone, ormai alle porte, verrà organizzato nel 2018 dal Circolo dei Lettori e dalla Fondazione Cultura. In questo contesto in cui gli interlocutori cambiano di giorno in giorno, riscontriamo molta difficoltà nel dialogo e da quanto apprendiamo dai giornali sembra che riceveremo, non si sa entro quale data, un risarcimento di appena il 50% dei nostri crediti, senza contare il mancato riconoscimento degli interessi moratori. E’ facilissimo immaginare quali siano le ricadute su ciascuna delle nostre aziende, che in questi mesi passati, e soprattutto nei lunghi mesi che passeranno prima di ricevere il pagamento, sono state e saranno costrette a fare salti mortali per onorare gli impegni presi con dipendenti, fornitori e banche. Con la speranza che ciascuno di noi non sia obbligato a licenziare delle persone o addirittura a chiudere la propria attività. Se qualsiasi delle nostre aziende, dopo aver malgestito un progetto, decidesse di non pagare i propri fornitori e di costituire un’altra società per fare lo stesso lavoro, magari cambiando il proprio nome e qualche dipendente, sarebbe considerato "un truffatore” e perderebbe la totale credibilità sul libero mercato in cui opera. Evidentemente questo non sta accadendo per gli enti locali del territorio, che possono liberamente passare il testimone ad enti strumentali diversi e decidere di non onorare gli impegni presi. A seguito di ciò vorremmo aggiungere che circa il 50% dei nostri crediti deriva dal mancato pagamento del totale delle forniture per il Salone del Libro 2017, la cui gestione era demandata agli attuali rappresentati politici di città e regione. Con questa lettera vorremmo chiedere alla Sindaca Appendino, al Presidente Chiamparino, agli altri soci della Fondazione per il Libro e agli Assessorati competenti, di rivedere le decisioni prese e di trovare un criterio mediante il quale possano essere onorati gli impegni presi e liquidati tutti i crediti in tempi brevi. In chiusura, gentile Direttore, a dimostrazione di quanto poco sia considerato il valore e l’esperienza delle nostre imprese, facciamo notare come tutte le gare per le forniture per il prossimo Salone Internazionale del Libro di Torino siano state bandite con il criterio del massimo ribasso e non dell’offerta tecnica più vantaggiosa, criterio che pur dando un peso all’aspetto economico, darebbe valore anche al curriculum aziendale ealle capacità tecniche delle imprese partecipanti. Contribuire al suo successo del Salone Internazionale del Libro di Torino, onorando gli impegni presi per molti anni è stato evidentemente un lavoro del tutto inutile per chi governa questo territorio. La presente è stata inviata anche ai rappresentanti della Fondazione per il Libro, la Musica e la Cultura di Torino e ai rappresentati degli Enti pubblici locali. Il nostro indirizzo e-mail è fornitori.salonelibro@gmail.com
Torino, 5 aprile 2018 
Firmatari Al. Fiere snc (Via Marconi 10, Marene (CN)) Eventi 3 Srl (Via Santa Teresa 19 – Torino) Eventi Liberi Srl (Corso Matteotti, 35 – Torino) Euphon Communication S.P.A. (Str. della Manta, 24, 10137 Torino TO) Expo-rent Srl (Via Ventimiglia, 194 - Torino) Gallo TRE srl – (Via Monte Rosa, 15° - Rivoli (TO)) LPG Pubblicità (Via dell’Industria, Robecco sul Naviglio (MI)) Modo Srl (via G. ReissRomoli, 288 A – Torino) Musicalista (Via Perugia, 39 – Torino) OrdoSrl (via G. ReissRomoli, 114 A – Torino) Papaianni Dino (Via Vigone 23 – Torino) P&P Italia – (Strada Rigolfo 52 – Moncalieri (TO)) Socrate Technologies S.r.l. (Via Tirreno 247 - Torino ) TR International Srl (Via Pisa, 28 - 10088 - Volpiano (TO)) WALBER Srl (C.so E. Tazzoli 215/10 – Torino)

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