Vabbé, stamattina sono riusciti a piazzare quattro conferenze stampa tra le 11 e mezzogiorno, per cui ho dovuto scegliere: e sono andato sul sicuro, ho scelto la presentazione della mostra "Personae" di Elliott Erwitt alla Reggia di Venaria.
Un po' mi sentivo in colpa con gli altri, ma insomma, ciò che sta facendo la Reggia con le mostre fotografiche mi interessa sempre più. Lo straordinario successo, nel 2016, della personale di Steve McCurry (170 mila visitatori, un record) ha dettato la linea, confermata prima con Lindbergh l'anno scorso (55 mila presenze), e poi con Salgado, che ha chiuso pochi giorni fa oltre quota 92 mila. Nel giro di un paio d'anni l'astuto direttore Turetta ha accreditato la Reggia come "il posto dove vai a vedere le mostre dei fotografi famosi". E lo dico senza nessuna intenzione ironica. Si chiama "costruire un'identità", e per qualsiasi museo è una strategia vincente, crea un rapporto solido con il pubblico, significa diventare un punto di riferimento.
Quelle della Venaria sono a tutti gli effetti mostre blockbuster, con un innegabile vantaggio: sono a basso costo. Esporre i maestri della pittura o i mammasantissima dell'arte contemporanea costa infinitamente di più. E sono mostre che piacciono, sono friendly, non si rivolgono a un pubblico in qualche modo già preparato, come ad esempio quelle - eccellenti - di Camera; propongono i grandi nomi, gli autori che appartengon all'immaginario iconico contemporaneo, quelli che tutti possiamo capire e goderne; e li propongono nel modo migliore, con l'allestimento migliore, e con generosa abbondanza do opere. Sono inclusive - portateci pure i ragazzini, anche loro si divertono - ma insieme rigorose: nel senso che ti danno sempre l'eccellenza. E il pubblico se ne accorge.
Con 170 immagini scelte dalla curatrice Biba Giacchetti e dallo stesso Erwitt, "Personae" è una mostra torrenziale, eppure quando arrivi alla fine vorresti che continuasse ancora. Andate a vederla: se già conoscete Erwitt non rimarrete delusi e potrete scoprire un aspetto inedito del suo lavoro, le fotografie a colori esposte per la prima volta al mondo; e se invece non lo conoscete ancora preparatevi a innamorarvi della sua ironia, del suo occhio implacabile, del suo sense of humour, della sua joie de vivre.
Un po' mi sentivo in colpa con gli altri, ma insomma, ciò che sta facendo la Reggia con le mostre fotografiche mi interessa sempre più. Lo straordinario successo, nel 2016, della personale di Steve McCurry (170 mila visitatori, un record) ha dettato la linea, confermata prima con Lindbergh l'anno scorso (55 mila presenze), e poi con Salgado, che ha chiuso pochi giorni fa oltre quota 92 mila. Nel giro di un paio d'anni l'astuto direttore Turetta ha accreditato la Reggia come "il posto dove vai a vedere le mostre dei fotografi famosi". E lo dico senza nessuna intenzione ironica. Si chiama "costruire un'identità", e per qualsiasi museo è una strategia vincente, crea un rapporto solido con il pubblico, significa diventare un punto di riferimento.
Quelle della Venaria sono a tutti gli effetti mostre blockbuster, con un innegabile vantaggio: sono a basso costo. Esporre i maestri della pittura o i mammasantissima dell'arte contemporanea costa infinitamente di più. E sono mostre che piacciono, sono friendly, non si rivolgono a un pubblico in qualche modo già preparato, come ad esempio quelle - eccellenti - di Camera; propongono i grandi nomi, gli autori che appartengon all'immaginario iconico contemporaneo, quelli che tutti possiamo capire e goderne; e li propongono nel modo migliore, con l'allestimento migliore, e con generosa abbondanza do opere. Sono inclusive - portateci pure i ragazzini, anche loro si divertono - ma insieme rigorose: nel senso che ti danno sempre l'eccellenza. E il pubblico se ne accorge.
Con 170 immagini scelte dalla curatrice Biba Giacchetti e dallo stesso Erwitt, "Personae" è una mostra torrenziale, eppure quando arrivi alla fine vorresti che continuasse ancora. Andate a vederla: se già conoscete Erwitt non rimarrete delusi e potrete scoprire un aspetto inedito del suo lavoro, le fotografie a colori esposte per la prima volta al mondo; e se invece non lo conoscete ancora preparatevi a innamorarvi della sua ironia, del suo occhio implacabile, del suo sense of humour, della sua joie de vivre.
Mi permetto di correggerLa: in realtá Erwitt aveva giá esposto al Palazzo Ducale di Genova le sue fotografie a colori, nella mostra Kolors, circa un annetto fa. Ho scritto questo solo per confermare quanto detto da Lei, ossia quanto questa mostra meriti di essere vista, e quanto i colori aggiungano poesia alle istantanee di Erwitt.
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