Graziosi (a sin.) guata di sguincio Galoppini durante una conferenza stampa |
Ingenuo io, ne convengo. A parziale discolpa posso addurre soltanto la lontananza da Torino, e la serenità fidente che sempre m'ispira la casa sulla scogliera. Per fortuna quell'articolo traboccante vane speranze non era ancora stato pubblicato, e resterà inedito: oggi, in un pigro meriggio, da oltremare m'ha raggiunto la notizia che, approfittando dell'accalmia estiva, del teatro chiuso, dell'attenzione generale rivolta a spiagge e balneazioni, l'industre Consiglio d'indirizzo s'è premurato di liberare il Regio da due indesiderabili dell'era-Graziosi: Alessandro Galoppini e Paola Lazzari. A entrambi non è stato rinnovato il contratto in scadenza.
Galoppini tutti sanno chi è: al Regio da ventinove anni, è stato prima promosso direttore artistico al fianco di Graziosi, e quindi lestamente retrocesso al precedente ruolo di "direttore dell'area artistica" quando - dopo aver espresso crescenti riserve sulle trovate graziosiane e sull'efficacia del salvifico "Piano industriale" - ha avuto l'ardire di andare nientemeno che da sua eccellenza la "Sindaca di Torino e Presidente della Fondazione Teatro Regio" e dalla sua fida pard Leon e dir loro, papale papale, che o se ne andava Graziosi, o se ne sarebbe andato lui. E' stato prontamente e doppiamente accontentato: Graziosi è andato via, e lui è stato messo alla porta perché, è la motivazione ufficiale della defenestrazione, "Galoppini è un consulente e, in base alle osservazioni ministeriali, la direzione artistica non può essere assegnata a un non dipendente". Peccato che da giugno Alessandro Galoppini non sia più "direttore artistico" bensì soltanto "direttore dell'area artistica": ovvero il ruolo che ricopre al Regio dal 2009. Lo hanno retrocesso loro. Ma questi almeno sanno che cosa fanno e che cosa dicono?
Ora, non essere in grado di distinguere un direttore artistico da un direttore dell'area artistica non sarebbe particolarmente grave, non fosse che costoro decidono le sorti del Teatro Regio: del Regio, dico, non della filodrammatica di Valpisello di Sotto.
A meno che le "osservazioni ministeriali" (che non ho ancora avuto il bene di vedere) non riguardassero anche i direttori dell'area artistica. Nel qual caso può benissimo darsi che analoghe disposizioni valgano pure per i direttori di produzione, incarico che finora ha ricoperto al Regio, con onore e diffuso apprezzamento, Paola Lazzari, l'altra collaboratrice (o "consulente" che dir si voglia) gentilmente accompagnata all'uscita. Anche la Lazzari, a quanto mi riferiscono i beni informati, non stava nella top ten dei prediletti di Graziosi, tant'è che già da alcuni mesi girava voce che il suo contratto non sarebbe stato confermato. Al momento non ci è dato di sapere chi, in assenza di un direttore di produzione, gestirà la pur modesta trasferta del Regio in Slovenia, fissata per fine agosto.
D'altronde, chessaramai? Anche rinunciare all'esperienza e alla credibilità di un collaboratore di prim'ordine come Galoppini, espertissimo del teatro di cui rappresenta (anzi, rappresentava) la memoria storica, è una bazzeccola se paragonato al godimento perfin fisico oltre che spirituale di affermare forte e chiaro chi è il padrone del vapore.Comunque contro la decisione si è aperta su change.org una raccolta di firme.
Si dice, sulla scorta di Von Clausewitz, che le epurazioni sono un proseguimento delle guerre di conquista con altri mezzi. E - con il dovuto rispetto per le "osservazioni ministeriali" e per ogni sensata motivazione che sensata sia - l'allontanamento di Galoppini e Lazzari mi puzzicchia un cicinin. Proprio in questo momento, poi, quando gli alfieri della famosa "Mozione Giovara" sembrerebbero aver perso con Graziosi l'uomo di riferimento per l'attuazione del loro progetto. Ma in realtà il "Piano industriale", espressione di quel progetto, resta lì; e le odierne decisioni del Consiglio d'indirizzo sembrano confermare che, com'è tornato recentemente di moda dire, loro tireranno diritto.
A proposito di "Piano industriale". Oggi ho scoperto, leggendo la croccante intervista di Graziosi al Corriere, che quel mirabile documento è tutta farina del sacco di Graziosi medesimo, il quale dichiara: "Ho immaginato il Piano industriale e l’ho prodotto. Guerzoni l’ha redatto, l’ho chiamato a fare un lavoro che non avrei saputo fare". Cioé, se ho ben capito, lui, Graziosi, il Piano lo ha immaginato e "prodotto" (qualsiasi cosa ciò significhi) e poi lo ha dato da scrivere a Guerzoni: e ben, noblesse oblige, prendersi un bocconiano come scrivano è il massimo dello chic.
A confronto con sì mirabili rivelazioni, appaiono poco emozionanti i primi progetti esposti ieri ai cronisti dal neosovrintendente Schwarz, che catapultato in questo canaio fra il lusco e il brusco sì è ingegnato di tirar fuori qualcosa di sensato per presentarsi: e in effetti le sue idee, per come le ha esposte, seppur piuttosto originali potrebbero rivelarsi interessanti per un Regio più proiettato nella contemporaneità.
La cancellata bronzea di Mastroianni davanti al Regio |
Schwarz viene da fuori, e dunque è lecito che non sappia come e perché l'atrio del Regio è protetto dalla cancellata. Spinto dal mio spirito d'accoglienza nei confronti di chi arriva a Torino per ben operare, ho provveduto a spiegargli la rava e la fava con un articolo sul Corriere. Spero lo legga. Conoscere anche la storia minuta del proprio teatro saebbe già un buon inizio, per un sovrintendente nuovo.
P.S. E a proposito di storia, chiedo venia per una parolina dimenticata ("ex") che nella versione cartacea dell'articolo ha prolungato di alcuni anni la sopravvivenza della Cortina di Ferro...
Pienamente d'accordo..������
RispondiEliminaPienamente d'accordo
RispondiEliminaL'idea di togliere la cancellata non è del nuovo Sovri ma in uno degli ultimi incontro co il Bocconiano che adesso ricopre una carica nel Consiglio di Indirizzo ci inlustro la bellezza dell'atrio senza quella grata cosi pesante con una leggera in plastica .Quando non si hanno idee queste diventano importanti . Bene la risposta di Castellani basat aprirla.
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