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WHAT A CIRCUS, WHAT A SHOW: C'E' EUROVISION, TIRIAMOCELA ALLA GRANDE

Oh what a circus: un autocompiaciuto schieramento per celebrare l'avvento dell'Eurosong

Oh what a circus, oh what a show, canta Banderas in Evita.

Stamattina - forse suggestionato dalla versione inglese ("Torino, what a show!") del geniale slogan "Torino che spettacolo!" - mi sentivo molto Banderas, durante l'inaugurazione della sala stampa dell'Eurovision esoticamente chiamata "media center" e allestita nella corte medievale di Palazzo Madama; e sì, potete scommetterci, i giornalisti non hanno mai visto una sala stampa così aulica e suggestiva, una location che lo stanzone dell'Ariston je spiccia er bagno, date retta a un cretino che in quello stanzone ci è invecchiato. 

La più bella sala stampa di sempre, a Palazzo Madama
Quindi ok, la sala stampa dell'Eurovision è una figata mai vista (peccato che per arrivarci i giornalisti debbano passare sotto i ponteggi della facciata, che non è un bel vedere...).
Ora: il paragone con l'Ariston dovrebbe ricordarvi che l'Eurovision è solo un Festival di Sanremo più grosso e grasso ma che in Italia fa molti meno ascolti di Sanremo ed è popolato di cantanti che in pratica sono la crème de la crème dei festival-tipo-sanremo di tutta Europa; e questa non mi pare una gran figata. Voglio dire, qui a Torino non stiamo organizzando Cohacella, ma un Festival di Sanremo con gruppi e solisti che anziché arrivare da tutta Italia arrivano da tutta Europa, ma la qualità più o meno è quella. E insomma, se ci riescono ogni anno, a Sanremo, a fare il Festival di Sanremo - ovvero la trasmissione tv intitolata "Festival di Sanremo", così come si intitola "Eurovision Song Contest" la trasmissione tv che fanno a Torino, con relativi annessi e connessi e contorni - se ci riescono a Sanremo, dicevo, vorrei vedere che non ci riuscissimo a Torino. E allora bene, bravi, ma non tiriamocela come se stessimo facendo Coachella, o Woodstock, o il Womad.

Così mi veniva da canticchiare "oh what a circus, oh what a show" quando Lo Russo auspicava "una settimana di musica e passione" (altro che Woodstock che ne aveva appena tre, di giorni di pace amore - mica passione, solo pace amore - e musica) o quando Cirio affermava con epico orgoglio che "noi non abbiamo una storia da raccontare, noi abbiamo la Storia", e aggiungeva che ieri in piazza Castello ha acchiappato la band finlandese e gliel'ha raccontata tutta, ai finlandesi, la Storia, compresi lo Statuto Albertino e la Prima Capitale, e immagino che ai finlandesi gliene fregasse come a noi della prima capitale della Finlandia. Per inciso, questa vivace attività didattica di Cirio può essere fra le cause della popolarità di cui gode Cirio medesimo, che vezzosamente rivela di venire spesso scambiato dai torinesi per il sindaco di Torino, e come tale interpellato. Il che la dice lunga sulla consapevolezza politica di taluni elettori, ma anche sul self control di Lo Russo che, pur presente al siparietto, riesce a non stramazzare al suolo per un travaso di bile. 

Ma non divaghiamo. C'è ancora da registrare, a carico di un comprimario dell'inaugurazione, la formidabile affermazione "l'Eurovision fa di Torino una città internazionale come Parigi Londra New York" (oh what a circus o what a show, immagino che quando gli Stones suonarono a Hyde Park qualcuno abbia detto che così Londra diventava una città internazionale come Torino) e poi le autorità giubilanti si tacciono e si passa alle domande dei giornalisti.

Autorità giubilanti: Purchia, Poggio e Cirio brindano
Un giornalista chiede quanto spende il Comune per l'intera baracconata e in particolare per l'Eurovision Village del Valentino (no, il giornalista non sono io, io già lo avevo scritto) e l'assessore Caretta è un po' vago, dice che stiamo attorno ai 14 milioni, ma ci sono ancora dei conti da fare (ma santiddio, almeno un preventivo di massima lo avrete buttato giù...) e sull'Eurovillage è ancor più vago, sottolinea che le spese maggiori sono quelle necessarie per garantire la sicurezza di tutti, e ci mancherebbe, mi pare non giusto ma stragiusto, però quello che aveva posto la domanda si aspettava una cifra, non una pur doverosa affermazione di principio. Ma va così sempre, pare che parlare di soldi sia poco elegante, le autorità s'infastidiscono un po' e c'è sempre il suddito zelante che s'infastidisce ancor di più. Ma i vili giornalisti insistono a parlare di vil denaro, tant'è che un altro domanda a Lo Russo a quanto si prevede ammonteranno le ricadute economiche dell'investimento, e Lo Russo risponde che le potranno calcolare soltanto alla fine della manifestazione però si aspetta un rapporto uno a sei, o sette, cioè sei o sette euro di ricaduta per ogni euro speso. Dal che deduco che, con un investimento "intorno ai 14 milioni", Lo Russo si aspetta fra 84 e 98 milioni di ricadute: un po' meno della precedente, audace stima di cento milioni, ma sempre roba da ricchi. Speriamo in bene. E vi assicuro, lo spero veramente. Ma per favore, non diciamo gatto se non è nel sacco. E finché non è nel sacco, pisciamo più corto.

Ad ogni modo, per non lasciare in sospeso la questione dei costi, riporto qui sotto un estratto del mio articolo dell'11 aprile dove perlomeno ci sono delle cifre precise, seppur basate su un preventivo.

Ho sott'occhio un preventivo di fonte certa, che risale allo scorso marzo e che mi allarma un po': vi sono previste spese a carico del Comune per 14,8 milioni, a fronte di entrate da contributi e sponsor per 5,25. Per approfondire torniamo all'8ottobre scorso, quando una delibera dell'ultima seduta della giunta pentastellata ipotizza spese a carico del Comune per 8.500.000 euro (“inclusi i valori dei costi resi da servizi e realizzati internamente dall'Amministrazione per un importo complessivo pari a euro 1.750.000”) più un milione e 250 mila di “contributo di partecipazione a favore della Rai”: totale 9.750.000 euro.

Ciò a fronte di entrate da contributi e sponsor per 3,75 milioni (due milioni dalla Regione, 500 mila euro cadauno da Compagnia di San Paolo, Camera di Commercio e Iren, 250 mila da Fondazione Crt). Dei 6 milioni mancanti, 4,75 vengono recuperati all'istante con un ritocchino al bilancio (2.050.000 euro dal fondo di riserva e 500 mila euro da risorse proprie di parte corrente sul 2021, 2,2 milioni sempre da risorse proprie, sempre di parte corrente e quindi non certe, sul 2022). La malfidente Rai impone comunque una fidejussione bancaria sull'intera somma.

Ma la nuova amministrazione, appena insediata, rifà i conti e il preventivo s'impenna: 14.800.000 euro. Confrontiamo le voci di spesa di ottobre con quelle di marzo: il “noleggio e gestione del PalaOlimpico” aumenta da 1.464.000 euro a 3 milioni (ma comprensivi di predisposizione e allestimento); la voce “approntamenti, noli, impianti, segnaletica, strutture provvisorie ” da 3 milioni sale a 3,7 (però “comprese aree esterne, press center, bolla delle delegazioni”); più che dimezzata invece la voce “trasporti e logistica”, da 1,4 milioni a 600 mila euro. Si investe in “sicurezza e misure di prevenzione” passando da 1.536.000 euro a 1.900.000, e in “comunicazione e look of the city” (da 450 a 950 mila euro). Poi ci sono le “altre strutture e siti” ipotizzate a ottobre per un costo di 550 mila euro, che diventano 900 mila per il Village al Valentino. Nel preventivo di marzo infine raddoppia, da 100 a 200 mila euro, la cifra per cerimonia inaugurale e altri eventi collaterali, e compaiono tre voci inedite: 100 mila euro gestire i volontari, 200 mila per il "social program" delle delegazioni, e soprattutto due milioni per “assicurazione, spese amministrative, varie e impreviste” che la delibera appendiniana non considerava. Resta il “contributo di partecipazione” da sganciare alla Rai.

Aumentano anche le entrate: ai 3,75 milioni da contributi e sponsor si aggiunge un milione e mezzo dal ministero del Turismo, portando a 5,25 milioni il gruzzolo a disposizione del Comune. Ma sommando contributi e stanziamenti di bilancio si arriva a 10 milioni di euro a fronte di 14,8 milioni di spesa: servono ancora 4,8 milioni. Sottraete pure il milione e 750 mila dei “servizi realizzati internamente dalla Civica Amministrazione”: restano comunque da scovare tre milioni abbondanti.

Inutile sperare negli incassi del botteghino: quelli vanno alla Rai, in base al "Cooperationcontract" sottoscritto dalla giunta Appendino dopo che “le parti si sono confrontate per elaborare un testo che ripartisse in modo equilibrato i rischi operativi e finanziari”. Chissà come finiva se non si confrontavano.

L'assessore Carretta non commenta i termini del contratto: “Noi ce lo siamo trovati così...”, dice, e preferisce sottolineare “l'entusiasmo e la passione con cui gli uffici stanno lavorando”, i benefici in termini di visibilità, e le ricadute economiche che il sindaco Lo Russo stima attorno ai cento milioni di euro. 

Nulla da obiettare su entusiasmo e visibilità; quanto alle ricadute economiche, non mi allargherei troppo. Secondo dati forniti dalla stessa Ebu (European Broadcasting Union) che promuove l'Eurovision, l'edizione del 2018 a Lisbona ebbe un costo totale di 23 milioni (di cui 12,6 a carico della rete televisiva) con una “ricaduta turistico economica” di 25 milioni. Vari fattori, in primis il Covid, vanificano i confronti con gli ultimi anni, ma andando a ritroso nel tempo i risultati cambiano poco: la miglior performance è Stoccolma 2016, costo totale 13 milioni di cui 10,8 a carico del Comune, e ricadute per 36,8 milioni.

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