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MARGHERITA REGINA, UNA MOSTRA ANTISTORICA

Opere in mostra: "Margherita visita un educandato"
Ho difficoltà ad immaginare una mostra più inutile, fuori luogo e fuorviante di quella che Palazzo Madama dedica - per motivi che mi sfuggono - a Margherita di Savoia, "prima regina d'Italia", moglie di quell'Umberto I che la propaganda regia definì "il Re Buono": appellativo che forse all'epoca non condivisero le famiglie dei soldati mandati a crepare nelle sciagurate imprese d'Abissinia, né quelle dei manifestanti che chiedevano pane e lavoro e ottennero piombo e cannonate.

Del "decennio di sangue" chiuso a Monza dall'uccisione del re per mano dell'anarchico Gaetano Bresci quasi non c'è traccia, nella mostra di Palazzo Madama: giusto la rivoltella usata da Gaetano Bresci per sparare a Umberto I. Più che una mostra tesa a rievocare luci (innegabili) e ombre (altrettanto innegabili) dell'epoca di Margherita regina, quella di Palazzo Madama sembra una celebrazione agiografica commissionata da qualche nostalgico della monarchia. I titoli delle varie sezioni sono un ininterrotto peana al regio santino: "Regina", "Madre", "Icona di stile", "Musa" (nientemeno!)... Il massimo del minimo si tocca con la sezione dedicata alla "Benefattrice", che si apre con una frase attribuita alla Benefattrice medesima: "A che varrebbe essere principi se non si potesse fare il bene che si vuole?".

Già, a che varrebbe? Basta intendersi sul concetto di “bene”. E vai con i quadretti edificanti della Benefattrice che visita educandati e orfanotrofi e istituisce scuole per merlettaie; la Dama Patronessa che, ben adorna e ben acchittata (è o non è un'Icona di Stile?) si china pietosa sulle miserie del suo popolo... Popolo che soffriva la miseria, chissà mai per colpa di chi. Mancano invece quadri che illustrino altre e meno edificanti espressioni del sentire della Benefattrice: la sua singolare interpretazione, appunto, della parola "bene".

Ora a cosa dovrebbe mirare una mostra come quella di Palazzo Madama? A elevare un monumento fuori tempo a un'antica regnante non esente da colpe? O a inquadrare con lucidità ed equilibrio un personaggio che appartiene comunque - nel bene e nel male - alla nostra Storia nazionale?

Chi, ignaro, entrasse a Palazzo Madama con la curiosità di scoprire chi davvero fosse Margherita di Savoia ne uscirebbe con un'immagine parziale, quindi falsata. Un’immagine revisionista, antistorica e in ultima analisi anticulturale. 

Opere non presenti in mostra: "La disfatta di Adua"
Per avere un quadro completo ed esauriente il nostro ipotetico visitatore dovrebbe spendere altri 40 euro oltre al prezzo del biglietto, per acquistare il catalogo dove troverebbe, finalmente, un onesto saggio storico di Umberto Levra che descrive con lucida oggettività la figura della Regal Madama, colonialista entusiasta che dopo l'ignominiosa sconfitta dell'Italietta a Dogali inveiva contro "quei selvaggi" abissini che avevano umiliato le tradizioni militari (mah...) della nobil dinastia Savoia. 

Neppure i disastri militari di Adua e dell'Amba Alagi dissuasero la Cecil Rhodes de noantri, che spronava il re a proseguire nella dissennata guerra africana. 

Opere non in mostra: "I moti di Milano"
Quanto all'ordine interno, la Benefattrice se ne fotteva delle centinaia di morti civili nella repressione dei moti in Sicilia del 1894, riservando il proprio cordoglio soltanto ai pochi soldati caduti. Poi vennero, nel maggio 1898, i moti di Milano contro il carovita, quando il generale Bava Beccaris cannoneggiò "l'amato popolo" che chiedeva pane, mentre la Benefattrice e il suo Augusto Sposo festeggiava in pompa magna a Torino il cinquantenario dello Statuto Albertino. I morti a Milano furono almeno 88 tra i civili (ma probabilmente superarono il centinaio) mentre tra le forze dell'ordine ci furono due vittime: un agente di pubblica sicurezza, un genio che fu ucciso da una scarica dei soldati (classico caso di "fuoco amico") poiché era stato troppo precipitoso nell’andare all’assalto dei rivoltosi; e il soldatino Graziantonio Tomasetti, secondo la versione ufficiale colpito da una tegola scagliata dai rivoltosi, ma più probabilmente fucilato per essersi rifiutato di sparare sulla folla. 

Per la sua bella impresa Bava Beccaris fu coperto di lodi, onori e prebende, mentre la Benefattrice attribuì quella tragedia a "una congiura internazionale della plebaglia per sovvertire le istituzioni" e premette sul tentennante Umberto per non deflettere dalla linea della più spietata repressione. 

Due anni dopo, a Monza, il regicida Bresci vedovò la Benefattrice, tragico epilogo di un regno sanguinoso. La Vedova inorridì per il "sacrilegio dell'uccisione dell'Unto del Signore", che definì "il più grande delitto del secolo". Correva l'anno 1900, il Ventesimo secolo cominciava appena: la dinastia della Benefattrice si apprestava a trascinare l'Italia nei macelli delle due guerre mondiali, nell'aggressione dell'Etiopia e della Grecia, nella conquista e repressione della Libia, nell'obbrobrio delle leggi razziali. Quanto a delitti, il peggio doveva ancora venire.


Commenti

  1. Riassunto esemplare, per corti di memoria e ciechi intellettuali.

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