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SOLDI PER LA CULTURA: NIENTE SI FA PER NIENTE

Le Ogr ospiteranno dal 16 al 21 ottobre gli incontri di View Conference

Ripubblico qui il ragionamento su un diverso approccio al finanziamento delle cultura, uscito sul Corriere di sabato scorso e non reperibile on line:

L'invito a una maggiore “condivisione”, che l'assessore Purchia ha rivolto l'altro ieri a Maria Elena Gutierrez, ideatrice direttrice factotum di View Conference, ha una causa scatenante modesta, quasi banale: il disappunto della Purchia – peperina che le cose non le manda a dire – per l'ingovernabilità della Gutierrez, organizzatrice geniale quanto caotica, individualista e incontenibile fino all'ingenuità. Ma ha radici più profonde, e certo più significative.
In ventitré anni di lavoro Gutierrez ha fatto di View un riferimento e uno snodo cruciale, a livello mondiale, per l'innovazione digitale nel cinema, del gaming, della virtual reality: anche quest'anno 137 speakers – produttori, registi, capi di studios hollywoodiani, artisti degli effetti speciali – di cui 16 Premi Oscar, offriranno al pubblico in arrivo da mezzo mondo il loro punto di vista sul presente e il futuro di fenomeni e tecnologie che stanno cambiando il nostro universo visuale, e pure le nostre vite: metaverso, intelligenza artificiale, rendering in real-time...
Se non è innovazione questa, dite voi cos'è.
In una Torino che aspira a essere leader dell'innovazione, sarebbe logico immaginare View come capofila di un progetto condiviso dalla città a tutti i livelli, politico in primis.
Ma non è così. Faccio un esempio di giornata. Pressoché in contemporanea con View, Torino propone il Festival del Metaverso e il Festival del Digitale Popolare. Se pensate a un fil rouge tra le manifestazioni, magari con una progettualità e una comunicazione unitarie e coordinate, vi sbagliate di grosso. Sono opportunità che non fanno massa critica, procedono in ordine sparso, si esauriscono in se stesse.
Altro esempio: View porta a Torino uno stuolo di mammasantissima hollywoodiani. Quale occasione migliore per far conoscere a quei decisori del cinema internazionale le location piemontesi e i servizi offerti da Film Commission? Purchia mi dice di averci pure provato, a combinare qualcosa in quella direzione con Gutierrez, senza cavare un ragno dal buco. Posso crederci. View finora ha ballato da sola: difficile cambiare registro da un giorno all'altro. Ma adesso cambiare sarà indispensabile.
In ventitré anni View non è riuscita mai, o quasi mai, a ottenere una reale attenzione dalla Regione, e ancor meno dal Comune. Sospetto che per certe teste, là nel Palazzo, i temi di View fossero oscuri, incomprensibili, forse troppo “moderni”. Né avrà aiutato certa spigolosità della direttrice, ben attrezzata sul piano ideativo, meno sulla gestione e i rapporti istituzionali. Incomprensioni reciproche che hanno avuto come ovvia conseguenza lo scarso sostegno economico da parte degli enti locali, i cui contributi a View si sono limitati, nel corso degli anni, a poche migliaia di euro. Al massimo qualche decina, quando andava di lusso. Spiccioli, a fronte di un budget che arriva facilmente a 400 mila euro: Gutierrez vuol fare le cose in grande. Forse troppo in grande, in un momento gramo come quello che stiamo attraversando. Per fortuna ci sono le fondazioni bancarie e gli sponsor privati, altrimenti View sarebbe defunta da mo'.
Io credo però che sia tempo di cambiare. Cambiare approccio, anzitutto. Oggi le casse pubbliche non possono – e a parer mio non devono - essere il bancomat delle manifestazioni culturali. Dal finanziamento occorre passare al coordinamento, se non alla co-progettazione. È doveroso che Comune e Regione sostengano le iniziative meritevoli: con denaro, e pure con una robusta struttura di comunicazione, finalmente in grado di valorizzarle e offrire all'esterno un quadro complessivo e allettante di ciò che Torino e il Piemonte oggi sanno fare.
Ma da parte degli organizzatori è altrettanto doverosa la disponibilità a costruire insieme, inserendosi in una strategia unitaria coerente con gli obiettivi che la città si è data. Non si tratta, beninteso, di rinunciare all'autonomia artistica: bensì di lavorare insieme a un nuovo futuro – meglio, un nuovo presente - per Torino. Mi pare che ne valga la pena.

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