Così doveva diventare piazza Castello secondo Alessandro Antonelli |
Sono andato a vedere la mostra "Neoclassicismi a Torino" alla Pinacoteca Albertina. Che non è, lo dico subito, una mostra "facile", di sicuro effetto per il grande pubblico. Ma è curiosa, interessante perché racconta - esponendo disegni, progetti, incisioni e materiali d'epoca - un periodo cruciale per Torino, a cavallo fra Settecento e Ottocento. Cruciale intanto dal punto di vista storico, tra Ancien Régime, Rivoluzione francese, epoca napoleonica e Restaurazione, e a tal proposito non perdetevi, in mostra, il delizioso disegno (qui sopra) "Vittorio Emanuele I con un crocefisso spaventa il Razionalismo", disegno col quale Giuseppe Monticoni nel 1814 celebrava il ritorno dei Savoia: ai nostri occhi un gioiello di umorismo involontario, però i reazionari dell'epoca ci credevano eccome.
Ma fu, quello, un periodo cruciale anche per il rinnovamento del disegno architettonico di Torino: un rinnovamento che la mostra esplora proponendo materiali di grande interesse. Si va dal progetto per le scuderie dei Principi di Carignano (ora Biblioteca Nazionale Universitaria) ai cantieri degli architetti che furono vicini all’Accademia negli anni della Restaurazione, dalla Gran Madre di Ferdinando Bonsignore ai progetti di Giuseppe Maria Talucchi; tra questi la “Rotonda” al centro del cortile dell'Accademia, recentemente restaurata con il sostegno della Compagnia di San Paolo.
Allievo di Bonsignore e Talucchi fu Alessandro Antonelli, del quale sono esposti i visionari progetti per una nuova cattedrale che l'Uomo della Mole si proponeva di costruire in piazza Castello, previo abbattimento di Palazzo Madama. Direi che l'abbiamo scampata per un pelo: in ogni epoca il "contemporaneo" infligge - pur con le migliori intenzioni - fenomenali disastri al patrimonio artistico del passato (disastri di cui il Palazzaccio del Passanti di fronte al Duomo è esempio preclaro).
Allievo di Bonsignore e Talucchi fu Alessandro Antonelli, del quale sono esposti i visionari progetti per una nuova cattedrale che l'Uomo della Mole si proponeva di costruire in piazza Castello, previo abbattimento di Palazzo Madama. Direi che l'abbiamo scampata per un pelo: in ogni epoca il "contemporaneo" infligge - pur con le migliori intenzioni - fenomenali disastri al patrimonio artistico del passato (disastri di cui il Palazzaccio del Passanti di fronte al Duomo è esempio preclaro).
Ciò che fa di "Neoclassicismi a Torino" una mostra esemplare è l'uso intelligente degli archivi dell'Accademia Albertina, una miniera inesauribile di documenti e opere da conoscere, studiare, valorizzare. Così come è irrinunciabile la funzione didattica delle mostre che l'Accademia organizza con la concreta partecipazione degli studenti guidati dai loro insegnanti: nel lavoro di allestimento i ragazzi possono così mettere in pratica quanto apprendono a lezione. Spesso, infatti, si dimentica lo status del tutto speciale della Pinacoteca Albertina che, nata come strumento didattico per gli studenti dell'Accademia, con quest'ultima forma tuttora un corpus unico, anche a livello amministrativo: a differenza degli altri musei statali, infatti, non dipende dal ministero della Cultura bensì da quello dell'Università (e ciò, detto per inciso, le preclude l'accesso ai finanziamenti del MiC...).
Le mostre alla Pinacoteca sono quindi, insieme, uno strumento didattico per gli allievi e un'occasione per rivolgersi al grande pubblico facendogli scoprire uno dei tanti tesori misconosciuti della città. "Neoclassicismi a Torino" è una mostra low cost - appena 30-35 mila euro - che vale molto più di quel che costa. E che, come extra bonus non trascurabile, offre anche l'occasione per ammirare la collezione permanente della Pinacoteca, tutt'altro che trascurabile: da Filippo Lippi a Spanzotti e Defendente Ferrari, a Mattia Preti, non mancano i capolavori che da soli giustificano la visita.
Ottimo articolo divulgativo
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