Mi piazzo sul banco dei giornalisti in una Sala Rossa ancora deserta, e aspetto: alle 13,30 in punto il vicepresidente Garcea dichiara aperta la seduta, ma in aula c'è soltanto l'interpellante; aspettiamo, arriva l'interpellata - nella fattispecie il vicesindaco Favaro - e si può partire. In aula, oltre ai funzionari in servizio, siamo in cinque: io, Russi e un altro consigliere d'opposizione, Favaro e Garcea.
E qui salta fuori l'imprevisto: Favaro fa notare a Garcea che "la discussione dell'interpellanza dovrebbe essere secretata, a porte chiuse". Breve consultazione: Russi conviene sul punto, Garcea pure. Io sto seduto al mio posto, in fondo all'aula.
Garcea invita tutti a uscire. I funzionari escono. Io sto seduto al mio posto, in fondo all'aula.
Garcea mi guata da lontano. "Questo vale anche per lei", scandisce. Io sto seduto al mio posto, in fondo all'aula.
"Lei chi è? Che cosa fa?", indaga Garcea, che in effetti non mi conosce, come io non conosco personalmente lui.
Acconsento di buon grado alle presentazioni: "Mi chiamo Gabriele Ferraris, faccio il giornalista e vorrei sapere perché la seduta è secretata".
Interviene Russi che urbanamente mi spiega che una parte dell'interpellanza tocca dati sensibili di una persona. Annuisco - la privacy prima di tutto - e dichiaro che volentieri uscirò. Esprimo anche l'auspicio che, al termine del segreto conclave, "i due protagonisti" vogliano illustrarmi le parti della discussione che non toccano dati sensibili. I due assentono, ma il vicepresidente Garcea s'inalbera: "I due protagonisti chi?", domanda piccato. "I due protagonisti, il consigliere e la vicesindaca", rispondo sereno. Garcea insorge: "La pregherei di rivolgersi con rispetto alla vicesindaca".
Casco dalle nuvole. Cosa c'è di irrispettoso nel definire "i due protagonisti" i due protagonisti di un'interpellanza? E soprattutto, nella denegata ipotesi di essere irrispettoso, perché dovrei rivolgermi con rispetto alla vicesindaca e non al consigliere?
Le mie perplessità esasperano il vicepresidente Garcea, che se ne esce con la frase - l'unica al mondo - ancora in grado di mandarmi ai matti: "Non devo dare spiegazioni a nessuno". Al che, con tono calmo ma fermo, ricordo al vicepresidente Garcea che proprio il suo ruolo gli impone di dare spiegazioni, sempre, a chi in quel ruolo lo ha collocato e lo mantiene. Quindi esco con dignitoso curruccio.
Il segreto conclave si consuma. Rientro in aula; con il vicepresidente Garcea completiamo educatamente le presentazioni con relativa stretta di mano; e infine, dalla viva voce dei due protagonisti, apprendo i particolari non secretati della discussione. Che, a dirsela tutta, è di ben poco momento.
Riassumiano. In pratica, l'interpellanza è divisa in due parti: una riguarda l'assunzione di un avvocato, tale Miele, come staffista dell'assessore Nardelli (lavoro part time, 30 ore settimanali, impegno di spesa 104 mila euro in tre anni. Nota bene: in TRE anni, non all’anno come avevo erroneamente scritto, tratto in inganno dal testo dell’interpellanza; errore mio di cui mi scuso con gli interessati e con i lettori). Russi domanda se in tale decisione, e sulla base di alcune norme dell'Ordine degli Avvocati, non si ravvisino profili di illegittimità. Tutto questo sta scritto nel testo dell'interpellanza, pubblico e disponibile a questo link. Ed è la risposta su questo punto ad essere secretata, in quanto toccherebbe "temi sensibili". Tuttavia, a me di questa faccenda non potrebbe fregarmene di meno.
Io sono qui per la prima parte dell'interpellanza di Russi, che invece mi interessa eccome: la parte Russi in cui sfrucuglia la nomina alla presidenza della Fondazione Torino Musei di Massimo Broccio, da dodici anni segretario del Consiglio della Fondazione Crt per l'Arte moderna e contemporanea, carica che scadrà soltanto nel 2024. Dovete sapere che la Fondazione Crt per l'Arte eccetera ha costanti rapporti con la Fondazione Torino Musei: ad esempio, regolarmente acquista ad Artissima (di cui Torino Musei è socio unico) opere che vanno ad arricchire il patrimonio espositivo del Castello di Rivoli e della Gam (e quest'ultima dipende dalla Fondazione Torino Musei). Russi quindi domanda se "pur essendo legittima sul piano della formalità giuridica la nomina del dottor Massimo Broccio a presidente della Fondazione Torino Musei, non si ravvisi una grave inopportunità nel mantenimento dell’incarico di segretario del Consiglio della Fondazione per l’Arte".
In effetti la questione, seppur capziosa, ci sta. Capziosa perché non si tratta, fra Fondazione per l'Arte e Torino Musei, di un rapporto controllore-controllato; semmai benefattore e beneficiato; e all'atto pratico non riesco a immaginare come Fondazione per l'Arte potrebbe, tanto più per impulso del suo segretario del Consiglio (carica puramente organizzativa e non decisoria), favorire in futuro la Fondazione Musei più di quanto oggi e in passato già faccia e abbia fatto.
Ma vabbè, sul piano formale l'interpellanza ci sta, Russi è un mastino che sul tema delle nomine non dà tregua a Lo Russo & Co, ed è un bene che l'opposizione controlli con il lanternino cosa combinano quelli della maggioranza. Li paghiamo per questo, no?
I due protagonisti, interpellante e interpellata, mi espongono civilmente le loro rispettive ragioni: Favaro dice che la questione è stata valutata dagli uffici legali, che non hanno trovato nulla da ridire; per buona misura, comunque, Broccio si asterrà dalle sedute del Consiglio di Fondazione Crt per l'Arte quando si discutessero provvedimenti riguardanti Fondazione Musei. La stessa linea mi sarà in seguito confermata dalla presidente della Fondazione Crt per l'Arte, Luisa Papotti.
Russi prende atto della risposta, conferma le sue riserve sull'opportunità della nomina pur non contestandone la legittimità, e concorda sul valore professionale del nominato. Bon, finito.
Domanda mia, da ignorante. Ma se al momento della discussione in aula c'erano soltanto l'interpellante, l'interpellata e il vicepresidente del Consiglio comunale (e forse un altro consigliere, ma non ci giurerei), qualcuno mi spiega a che cosa serve l'interpellanza? Voglio dire: ho sempre pensato che ci sia un Consiglio comunale dove si discute dell'amministrazione della cosa pubblica affinché sia pubblico anche il dibattito, ovvero i cittadini sappiano il come e il perché delle decisioni prese. Ora, capisco - fino a un certo punto - la delicatezza e la bontà d'animo che induce a non mettere in piazza dati sensibili - stipendi e altro - di un cristo: ma se, nel caso specifico, lo stipendio è già in piazza nel testo dell'interpellanza (che è pubblico) cosa lo tuteli a fare?
E poi si tratta pur sempre di assunzioni di personale pubblico, con stipendi pagati con denaro pubblico, quindi anche mio; e io avrò ben diritto di sapere chi assumo e perché lo assumo e come si spendono i miei soldi: o no?
Punto terzo: ammesso e non concesso che la discussione vada secretata, non registrata né messa a verbale, vi pare il caso di discutere soli soletti barricandovi in Sala Rossa, che fino a prova contraria è anche casa mia? Ma non c'è un baretto, sotto il Municipio? Andate lì, santocielo, e raccontatevi tutti i vostri segretucci senza abusare della mia ospitalità.
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