La Bella e l'Omone: Steve Della Casa e Pilar Fogliati ieri sul palco del Regio |
Matematico: dici Regio, ed è subito prima. Sfilata c'era-questo-c'era-quella, mondanità - oddìo, mondanità sabauda, se capite cosa voglio dire -, outfit adeguati, ma guarda chi si rivede, hai visto tizio hai visto tizia?, politici direttori presidenti emergenti resilienti colto ed inclita attori cantanti registi caisempronii faccio cose vedo gente m'interesso di cinema letteratura musica teatrodistrada giornalisti uffici stampa affannati e affannati fotografi (evito ǝ / * a tutela della lingua e del buonsenso) e red carpet senza tappeto rosso ma photocall e flash per tutti i photocallabili e flashabili davanti e dentro il Regio. E inevitabili poltrone vuote di quelli che non possono non esserci però ottenuto l'invito non vengono perché mi notano di più se non vengo... Tutta quella roba lì, insomma. Temperata però, controbilanciata e disinnescata dall'imponente presenza sul palco, a diriger le danze, dell'Omone scasciato e stropicciato pur quando si mette in ghingheri per onorare la circostanza, uno Steve Mangiafuoco il cui primo atto direttoriale in apertura del suo Torino Film Festival consiste nel far rimbombare tra i rossi velluti del Regio un tonitruante "Sedetevi!" che non ammette repliche, all'indirizzo del pubblico che ancora vaga in platea, ciarlante e publicrelazionante e sordo ai sommessi appelli dell'avvenente madrina Pilar Fogliati, mentre incombe per le sette in punto la diretta di "Hollywood Party".
Domata la piazza, la Bella e l'Omone danno il via alla più divertente inaugurazione del Festival dai tempi de Virzì, se mi è consentita la semicitazione benigniana dalla sigla di "Hollywood Party" ("La più grande trasmissione della radio dai tempi de Marconi").
Vabbè, all'inizio scontiamo l'inevitabile partenza con gli interventi - brevi: dio gliene rimeriti - di Ghigo e De Gaetano per il Museo del Cinema e di Cirio e Lo Russo per le istituzioni paganti. E qui voglio rendere onore a Cirio che, quando cita la legge regionale sulle sale cinematografiche, sottolinea che è farina del sacco del suo predecessore Chiamparino: è un dato di fatto, ma riconoscerlo è un dato di educazione e onestà intellettuale proprio dei galantuomini e rarissimo in politica.
Esaurita la pratica oratoria, parte la diretta su Rai Radio3, e l'Omone (con il fido pard Efisio Mulas / Claudio De Pasqualis) sciorina la squadra in campo, chiamata a ragionar d'imprese cinematografiche dei Beatles e dei Rolling Stones.
Un nome un applauso, a crescere fino all'ovazione che accoglie le icone assolute Malcolm McDowell e Vincenzo Mollica, e il palesarsi in collegamento video dalla Rai di Roma del grande assente Francesco De Gregori, che si fa perdonare la "sola" con un intervento breve ma sapido e azzeccato.
S'eclissa l'immagine virtuale di De Gregori, e tocca al team in presenza. Vincenzone, povero, non sembra più lui, segnato com'è dall'odiosa malattia: ma non appena apre bocca si trasfigura, e ti par di rivederlo quando imperversava sui teleschermi intervistando la qualunque, dalla superstar internazionale al cantantino sanremese, sempre benevolo e con quella faccetta ilare che era tutto un programma (in ogni senso). Tira fuori, il Vincenzone, storie di Beatles e Rolling Stones a raffica, che ci sarebbe da farci dei libri e intanto fanno scassare dal ridere il pubblico.
Regge benissimo il confronto Malcolm, con i suoi incontri e scontri con McCartney e con l'ex amico Mick Jagger ("prick", lo definisce con voce dal sen fuggita, e non credo intenda il termine nel senso di "puntura").
Dal canto suo l'enciclopedico critico musicale John Vignola snocciola fatti e antefatti e scene e retroscene dell'epopea Beatles-Stones. Gustoso anche il regista David Grieco, che rievoca la sua personale disastrosa esperienza al famoso concerto romano dei Beatles, conclusosi per lui con una tizia del pubblico che gli vomitò addosso. (A proposito dei concerti italiani dei Beatles: per un simpatico gioco del destino, l'ufficio stampa del Tff è affidato a Patrizia Wächter, la figlia del mitico Leo, l'uomo che nel '64 portò i Fab Four a esibirsi nel Bel Paese. Il cerchio si chiude).
Un po' spaesati, tra tanti reduci, i "giovani" Samuel e Noemi (le virgolette sono per Samuel... 😉) che comunque confermano la devozione delle loro generazioni alla santissima dualità Beatles-Stones. Noemi si produce pure in una volonterosa versione "a cappella" di "Let il be".
Bon, il tempo vola quando ci si diverte: alle otto e un quarto finisce la trasmissione, e finisce la più breve cerimonia inaugurale della storia del Festival, e dei festival in generale. Non mi sono annoiato, non bramo il letto, la notte è ancora piena di possibilità e ciascuno può farne ciò che meglio gli aggrada. E intanto il Tff è stato varato in letizia.
Il pubblico è invitato a pigiarsi attorno ai buffet allestiti nel foyer. Io mi astengo dalla pugna e me ne torno a casetta dove m'attende un eccellente minestrone con la zucca proveniente dall'orto dell'agreste direttore Della Casa, che nei giorni scorsi distribuiva con larghezza a chiunque gli passasse a tiro le cucurbitacee annaffiate col suo sudore.
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