Stamattina sul Corriere racconto una piccola storia divertente che riguarda la Film Commission, la Reggia di Venaria e un inatteso competitor (nella foto). Però dovete leggerla sul Corriere, oppure a questo link. Qui invece ripropongo, per chi se lo fosse perso, l'articolo di ieri a proposito di Exposed, dato che in rete non è disponibile.
Beh, poteva andare peggio. Poteva esserci il mastodontico Photofestival milanese a oscurare, a livello nazionale e internazionale, il nuovo “festival internazionale di fotografia” Exposed, parto inopinato di una Torino che già rigurgita di gallerie, camere, mostre e fiere consacrate alla fotografia. E invece – è notizia della scorsa settimana – quest'anno il Photofestival non si farà, gli organizzatori si sono presi una “pausa di riflessione”. Sicché Exposed parte bene, scansando un paragone tendenzialmente mortificante.
Per il resto, staremo a vedere. Sulla carta, Exposed sembra confezionato secondo la sperimentata tecnica subalpina: inventi un contenitore a tema, ci butti dentro tutto ciò che sul tema prescelto accade in città in un dato periodo, ci aggiungi un tot di iniziative originali chiamando alle armi – per “fare sistema” - ogni istituzione culturale pubblica o privata; poi infiocchetti ben bene il contenitore, e voilà, il festival è servito. A volte funziona, a volte no.
Ma oggi che Exposed scioglie le vele verso orizzonti di gloria vale la pena di ripercorrerne l'avventurosa gestazione. È il 17 novembre 2022 quando giunge come un fulmine a ciel sereno l'annuncio che "è stato firmato il Protocollo d'Intesa per l’organizzazione a Torino della manifestazione Festival internazionale di fotografia”, con relativa "cabina di regia" formata dai soliti noti - Comune, Regione, fondazioni ex bancarie e Intesa - più la Camera di Commercio il cui presidente Dario Gallina pare essere il massimo fomentatore del progetto. Si fantastica di "appuntamento internazionale a cadenza annuale, dalla primavera del 2023", di “grande evento articolato in una serie di momenti... tenendo conto della profonda tradizione culturale e artistica del territorio...", più le consuete supercazzole su "motori di sviluppo e fattori di crescita non solo turistica". Si apprende che il futuro festival avrà un budget di 300 mila euro per il 2023 e di 600 mila euro annui a partire dal 2024.
A marzo del 2023 la cabina di regia nomina alla direzione del nascituro festival l'olandese Menno Liauw affiancato dal direttore artistico Salvatore Vitale, che se non altro, essendo italiano, è padrone della lingua. Intanto il nascituro ha un nome nuovo (ora lo chiamano "Fotografia. Festival Internazionale di Torino") e una data: si farà nel 2024, nel 2023 solo un tour promozionale nei maggiori fotofestival europei. Il budget per il 2024 resta inchiodato a 600 mila euro.
Il 27 giugno 2023 c'è la presentazione ufficiale del nascituro, che nel frattempo ha di nuovo cambiato nome: si chiamerà "Exposed. Torino Foto Festival". Alessandro Isaia di Fondazione Cultura assicura che i 600 mila euro del budget potrebbero salire a 800 mila con gli incassi della biglietteria e con gli eventuali sponsor (figurarsi). Ieri, infine, lo stesso Isaia precisa che il costo finale di Exposed sarà di 680 mila euro e prevede il pareggio vendendo almeno ventimila biglietti. Ragionevole previsione. Però notate: già nel 2018 il budget di "Les Rencontres d'Arles", uno dei massimi fotofestival d'Europa, superava i 7 milioni di euro. Siamo nani fra i giganti.
Ma a garantire solide fondamenta all'operazione c'è il ripetuto richiamo alla "grande tradizione della fotografia a Torino", che fa pensare alle teorie di Hobsbawm sull'invenzione della tradizione. Io piuttosto non sottovaluterei la grande tradizione di naufragi fotografici a Torino: vi sovviene ancora la Fif, la Fondazione Italiana per la Fotografia? La creò nel 1985 Luisella d'Alessandro. Progetto ambizioso: in vent'anni realizzò 170 mostre, 10 edizioni della Biennale Internazionale di Fotografia, 4 edizioni di Fotodiffusione. Raccolse un archivio di 167 mila reperti fotografici e una biblioteca di 5 mila volumi. Funzionò finché i conti non cominciarono a traballare. Seguirono lunga e penosa agonia e nel 2006 il fallimento.
Oggi la collezione della fu Fondazione Italiana per la Fotografia è in deposito alla Gam, dove sono custodite anche altre raccolte di enorme valore, a partire dai fondi Gabinio e Sella. In totale la Gam conserva circa 400 mila immagini, catalogate e in parte digitalizzate. Suona quindi stravagante che la Gam non disponga di una sala dedicata alla fotografia, dove esporre a rotazione quel patrimonio: già che si pon mano alle ristrutturazioni, sarebbe il caso di pensarci, prima di investire sull'effimero di un festival d'incerte prospettive.
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