Ripubblico qui l'articolo uscito ieri sul Corriere e non disponibile on line:
“Come il Conde di Montecristo, sono tornato ricco e spietato”. Ci sta, trattandosi di storie di cinema, citare il grande Nino Manfredi di “Straziami ma di baci saziami”. Non so se ricchi, spietati senz'altro no: ma Steve Della Casa e Alberto Barbera ritornano a Torino. E, per una curiosa congiunzione astrale, i due Gemelli del Cinema ritornano nello stesso momento.
Steve Della Casa - congedato pochi mesi fa dal Torino Film Festival con tanti complimenti in alcuni casi pelosi - l'altra sera è stato nominato direttore ("conservatore") della Cineteca Nazionale di Roma. Il suo quindi è un ritorno virtuale in città: tra i suoi compiti direttoriali rientra infatti anche il coordinamento di tutte le cineteche italiane, compresa quella della Mole nonché l'Archivio del cinema d'impresa che ha sede a Ivrea.
Ironia della sorte (e delle nomine), Della Casa è notoriamente la bestia nera della destra torinese che non ha mai perso occasione di rinfacciargli la remota militanza in Lotta Continua; eppure a chiamarlo al vertice della Cineteca Nazionale – con un mandato triennale - è un CdA espressione dell'attuale destra di governo, ma nel quale siedono Sergio Castellitto (presidente) e Pupi Avati (consigliere). Come dire che la gente di cinema apprezza la gente che sa di cinema; e che a Roma hanno metri di giudizio diversi da quelli di Torino.
Della Casa lasciando il Tff aveva annunciato l'intenzione di ritirarsi in campagna, e ammette che la direzione della Cineteca era l'unico incarico che poteva farlo desistere dai suoi progetti agresti. “Sinceramente non me l'aspettavo. Dirigere la Cineteca era il mio ultimo grande sogno, ma pensavo che ormai non si sarebbe più realizzato. Quando, soltanto poche ore prima della riunione del CdA, mi hanno chiamato per avvisarmi che avevano scelto me, ero per strada e mi sono dovuto sedere su una fioriera: mi tremavano le gambe”. E aggiunge, quasi commosso, che “è un bel riconoscimento alla memoria di Gianni Rondolino vedere oggi due suoi allievi alla direzione di due delle più importanti istituzioni cinematografiche italiane: io alla Cineteca, e Alberto alla Mostra di Venezia”.
Già, Alberto Barbera, l'altro talento torinese che ostinatamente Torino non ha voluto tenersi. Anch'egli torna in città, seppure per un giorno solo: è infatti lui l'ospite che non ti aspetti di Lovers 2024, invitato dal suo amico Luca Poma oggi, sabato 20 alle 18,30, al Massimo per la consegna del premio “Riflessi nel buio”.
Sul serio: mai avrei immaginato di rivedere, nel programma di un festival del Museo del Cinema, il nome di Alberto Barbera, il direttore della Mostra di Venezia che dal 1989 al 1994 ha diretto il Tff e poi il Museo dal 2004 fino al 2016, allorché venne messo sgarbatamente alla porta dalla politica sabauda, bollato con una damnatio memoriae di lunga durata. Sicché, mentre Barbera cacciato da Torino miete successi in Laguna, alla Mole il suo nome resta un'ingombrante pietra di paragone e stimola reazioni infastidite da parte dell'attuale dirigenza che - cito due pubbliche, e alquanto stizzose, dichiarazioni del presidente Ghigo - parla di “numerosi problemi e mancanze generate dalla precedente direzione" e "logiche clientelari che hanno contraddistinto la gestione del Museo nel periodo che ci siamo lasciati alle spalle".
“Come il Conde di Montecristo, sono tornato ricco e spietato”. Ci sta, trattandosi di storie di cinema, citare il grande Nino Manfredi di “Straziami ma di baci saziami”. Non so se ricchi, spietati senz'altro no: ma Steve Della Casa e Alberto Barbera ritornano a Torino. E, per una curiosa congiunzione astrale, i due Gemelli del Cinema ritornano nello stesso momento.
Steve Della Casa - congedato pochi mesi fa dal Torino Film Festival con tanti complimenti in alcuni casi pelosi - l'altra sera è stato nominato direttore ("conservatore") della Cineteca Nazionale di Roma. Il suo quindi è un ritorno virtuale in città: tra i suoi compiti direttoriali rientra infatti anche il coordinamento di tutte le cineteche italiane, compresa quella della Mole nonché l'Archivio del cinema d'impresa che ha sede a Ivrea.
Ironia della sorte (e delle nomine), Della Casa è notoriamente la bestia nera della destra torinese che non ha mai perso occasione di rinfacciargli la remota militanza in Lotta Continua; eppure a chiamarlo al vertice della Cineteca Nazionale – con un mandato triennale - è un CdA espressione dell'attuale destra di governo, ma nel quale siedono Sergio Castellitto (presidente) e Pupi Avati (consigliere). Come dire che la gente di cinema apprezza la gente che sa di cinema; e che a Roma hanno metri di giudizio diversi da quelli di Torino.
Della Casa lasciando il Tff aveva annunciato l'intenzione di ritirarsi in campagna, e ammette che la direzione della Cineteca era l'unico incarico che poteva farlo desistere dai suoi progetti agresti. “Sinceramente non me l'aspettavo. Dirigere la Cineteca era il mio ultimo grande sogno, ma pensavo che ormai non si sarebbe più realizzato. Quando, soltanto poche ore prima della riunione del CdA, mi hanno chiamato per avvisarmi che avevano scelto me, ero per strada e mi sono dovuto sedere su una fioriera: mi tremavano le gambe”. E aggiunge, quasi commosso, che “è un bel riconoscimento alla memoria di Gianni Rondolino vedere oggi due suoi allievi alla direzione di due delle più importanti istituzioni cinematografiche italiane: io alla Cineteca, e Alberto alla Mostra di Venezia”.
Già, Alberto Barbera, l'altro talento torinese che ostinatamente Torino non ha voluto tenersi. Anch'egli torna in città, seppure per un giorno solo: è infatti lui l'ospite che non ti aspetti di Lovers 2024, invitato dal suo amico Luca Poma oggi, sabato 20 alle 18,30, al Massimo per la consegna del premio “Riflessi nel buio”.
Sul serio: mai avrei immaginato di rivedere, nel programma di un festival del Museo del Cinema, il nome di Alberto Barbera, il direttore della Mostra di Venezia che dal 1989 al 1994 ha diretto il Tff e poi il Museo dal 2004 fino al 2016, allorché venne messo sgarbatamente alla porta dalla politica sabauda, bollato con una damnatio memoriae di lunga durata. Sicché, mentre Barbera cacciato da Torino miete successi in Laguna, alla Mole il suo nome resta un'ingombrante pietra di paragone e stimola reazioni infastidite da parte dell'attuale dirigenza che - cito due pubbliche, e alquanto stizzose, dichiarazioni del presidente Ghigo - parla di “numerosi problemi e mancanze generate dalla precedente direzione" e "logiche clientelari che hanno contraddistinto la gestione del Museo nel periodo che ci siamo lasciati alle spalle".
In compenso, eccezione recente, l'attuale direttore del Tff Giulio Base ha definito Barbera “il più bravo direttore di festival al mondo”.
Barbera non ha mai replicato alle critiche, e manco alle lodi. Non è nel suo stile. Tuttavia credo che, se non fosse per l'amicizia che lo lega a Poma, mai avrebbe accettato di tornare, neppure per un giorno, in quel Museo che ha diretto per dodici anni. Ma soltanto perché un gentiluomo non si impone dove non è benvenuto: non per rancore o spirito di rivalsa. A differenza di Manfredi-Montecristo, Barbera le sue soddisfazioni se le è già prese altrove.
Barbera non ha mai replicato alle critiche, e manco alle lodi. Non è nel suo stile. Tuttavia credo che, se non fosse per l'amicizia che lo lega a Poma, mai avrebbe accettato di tornare, neppure per un giorno, in quel Museo che ha diretto per dodici anni. Ma soltanto perché un gentiluomo non si impone dove non è benvenuto: non per rancore o spirito di rivalsa. A differenza di Manfredi-Montecristo, Barbera le sue soddisfazioni se le è già prese altrove.
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