Beh, onore al merito: tanto di cappello a Giulio Base, un'apertura di Tff come quella di ieri non s'era mai vista. Non dico che sembrasse Cannes o Venezia (Roma non so, non ci sono mai andato) ma insomma, al Regio c'è il red carpet con la folla assiepata per vedere i divi, i fotografi impazziti per fotografare i divi, i divi che sfilano e poi si offrono ai fotografi che gridano "guarda di qua, guarda di là!", e i divi sono divi veri, con Sharon Stone - proprio lei - munita di clamoroso strascico rosso spumeggiante, e insomma, nell'insieme a me ricorda almeno il red carpet del Festival di Sanremo, però un Sanremo che ha studiato.
Su, nel foyer del Toro, tartine e bollicine per tutti - paga Intesa San Paolo - senza i superdivi (sempre scortati da impressionanti montagne umane, in gergo bodyguard) ma con una marea di facce da cinema e la Torino che conta o pensa di contare o vorrebbe contare. I signori (quasi tutti) hanno tirato fuori lo smoking e lo portano con dignitosa sobrietà, pur con qualche sfortunata eccezione perché gli smoking colorati tipo matrimonio a Las Vegas anche no. Signore in tiro senza eccedere, tranne Patrizia Sandretto che può permettersi di eccedere scientemente in lungo paillettato tipo stroboscopico.
Il circo tra i rossi velluti, voglio dire la cerimonia, comincia verso le sette di sera, la fila d'onore delle poltrone, la numero dieci, vede schierati Ron Howard, Matthew Broderick e signora Sarah Jessica Parker (applauditissima dal popolo), Sharon Stone (alla sua destra l'invidiato Enzo Ghigo, con la moglie strategicamente piazzata a separarlo dalla Grande Seduttrice, e alla sinistra - absit iniuria... - il mitico Federico Mollicone il quale mi garantisce che la sua famosa esternazione a proposito di Christian Greco è stata largamente "fraintesa", e comunque adesso fa il carinissimo con la riconfermata signora d'Egizio Evelina Christillin seduta al fianco di Mario Turetta, ma questa è un'altra e lunga storia, non divaghiamo) più in là - stavo raccontandovi lo schieramento dei divi, no? - Rosario Downson impalliettata di verde petrolio e infine, dicevo, Giancarlo Giannini per tenere alto l'orgoglio nazionale. Sparsi in sala vari attori e attrici italiani - ricordo così, a memoria, Battiston e Tirabassi ma vi assicuro che nell'insieme fanno il cast del 90 per cento dei film italiani - invitati da Base come amici per sostenerlo nel duro periglio.
Comincia la distribuzione a pioggia di Stelle della Mole. Base, orbato della "madrina" Cristiana Capotondi ai box per influenza, non si perde d'animo e non demerita come Bravo Presentatore. Diciamo che incappa nell'equivoco quando - alla prima battuta del primo premiato Matthew Broderick accolta con un po' di risate in sala - si convince che tutti gli astanti parlino un fluente inglese, e prosegue imperterrito senza tradurre, finché Giannini, convocato sul palco, non lo richiama all'ordine e alla traduzione per non anglofoni. A ogni premiato corrisponde un consegnatore del premio, e tra questi merita una menzione speciale l'assessore regionale alla Cultura Marina Chiarelli: intanto perché offre una rara prova d'esistenza, ma soprattutto per l'azzeccata scelta delle tende del salotto come abito da sera. Sharon Stone viene invece premiato dal neodirettore del Museo del Cinema Carlo Chatrian, assai riverente come si vede nella foto.
Ad ogni modo i divi - temprati da dozzine di consegne di statuette, palme, leoni, orsi e affini - reggono benissimo la prova della stella, applicando l'infallibile manuale del divo premiato, scambio di complimenti racconto di simpatici aneddoti cinematografici battuta divertente sorrisi baci foto con il barbapapà di turno grazie e arrivederci e dove lo metto 'sto coso con tutte 'ste punte?
Un brivido mi scuote allorché il Bravo Presentatore ricorda che Sharon Stone fa parte del Mensa Club, che riunisce i super-intelligenti del pianeta. No, perché anche Giulio Base sta nel Mensa Club, e per una frazione di secondo penso adesso lo dice e precipita nel chi si loda s'imbroda. Infondato timore, lui non aggiunge motto e lei glissa preferendo descrivere i propri impegni umanitari. L'appello di Sharon Stone per un mondo migliore è il momento alto della simpatica cerimonia, ma quello davvero cult è quando Ron Howard ringrazia l'Italia per l'incredibile successo che decretò a "Happy Days" (largamente sottovalutato in patria) e si dice che ancora oggi, dovunque vada nel nostro paese, trova sempre qualcuno che lo chiama Ricky Cunningham.
Bon, verso le nove di sera la festa è finita, comincia il Festival e c'è da vedere giustappunto il nuovo film di Ron Howard "Eden", e dato che Ron Howard resta in sala mi sento in dovere di restare anch'io. Purtroppo il film mi sembra (gusto mio, neh!) di rara noia e bruttezza, ma resisto quasi un'ora prima di decidere che sono troppo vecchio per sprecare così il mio tempo: poi prendo il coraggio a due mani e sgattaiolo via, costretto per mio eterno disdoro a passare giusto giusto davanti a Ron Howard. Spero non si sia offeso troppo. Ti lovvo comunque, Richie Cunningham.
P.S. Sul Corriere di stamattina trovate, oltre ad una "recensione" (a modo mio...) delle "Nozze di Figaro" al Regio, anche le ultime del dibbbattito fra me e Base su divi e cinefilia al Tff.
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