Utilizzo il blog per trasmettere una nota professionale alla c.a. dell'Ordine dei giornalisti del Piemonte e del presidente Alberto Sinigaglia, nonché per conoscenza a Stefano Tallia, segretario dell'Associazione Stampa Subalpina.
Dagli albanesi assassini di Novi ai rom rubabambini di Borgaro - e sorvolo, per carità di patria, sulle bufale da web riprese in pompa magna dai reporter del copia-incolla - i mastini dell'informazione non perdono occasione per riportare sulle loro gazzette (cartacee o web che siano), senza il minimo spirito critico, le versioni spacciate dai questurini e dai sedicenti protagonisti di episodi quantomeno poco chiari, e pertanto suscettibili di una valutazione professionale approfondita. Salvo poi, l'indomani, scrivere sugli stessi giornali il rituale "contrordine compagni"; senz'ombra di mea culpa e senza scusarsi non dico con le categorie danneggiate dalla "informazione" diffusa avventatamente, ma neppure con i lettori che, in sostanza, hanno pagato per un prodotto avariato.
E poi ci facciamo gran pipponi di convegni per capire come mai l'informazione è in crisi.
Una modesta proposta. Anzi, due
La prima, in positivo: l'Ordine colga l'occasione dei corsi di aggiornamento obbligatori per istruire le masse giornalistiche sul tema - per taluni inesplorato e misterioso - della verifica della notizia. E sulle modalità per riportare correttamente quelli che non sono ancora fatti acclarati. Non rispondetemi che c'è già il corso di deontologia. Qui non si tratta neppure di deontologia, ma di semplice funzionamento dei neuroni, sempre che siano presenti e attivi. Insomma, urge un ciclo di lezioni del tipo "Come smettere di bersele tutte". Capisco bene che si tratta di un vasto e ambizioso programma. Ma almeno provateci...
Seconda proposta. So bene che chi non fa non falla. E tutti, nella nostra vita professionale, abbiamo preso qualche cantonata. Ma chi regolarmente fa alla carlona, chi tocca la tastiera senza prima aver acceso il cervello, chi - tra i capi - pretende la notizia a sensazione senza se e senza ma, chi insomma butta giù con lieta noncuranza qualsiasi mappazzone, non solo danneggia la propria credibilità e quella del suo giornale: arreca in primis un vulnus grave alla professione. E io, se permettete, sono stufo marcio di essere assimilato a certi sanfasonnisti. Ma nemmeno posso continuare a dire in giro che suono il pianoforte in un casino, pur di non ammettere di essere (o essere stato) un giornalista. Quindi, sarebbe auspicabile che in certi casi limite l'Ordine intervenisse con un'accurata e onesta inchiesta che accerti se esistano gli estremi di leggerezza professionale, imperizia o (dio non voglia) dolosa volontà di mendacio. E se si dovessero accertare abusi o negligenze gravi, si proceda a irrogare (non "comminare": cerchiamo anche di spiegare una volta per tutte a questi "giornalisti" che "comminare" significa "minacciare", e non è sinonimo di "irrogare" o "infliggere"), si proceda a irrogare, dicevo, una sanzione logica, proporzionata, non eccessivamente afflittiva ma neppure all'acqua di rose. Due ore nell'angolo dell'asino, eventualmente (nei casi peggiori) in ginocchio sui ceci, potrebbero indurre il reprobo a comportarsi in futuro con maggiore avvedutezza.
Un'ultima nota. Questa non è una boutade. E' una seria richiesta all'Ordine dei giornalisti. In qualità di iscritto, è mio diritto farla. Ed è anche mio diritto ricevere una risposta. Con contese sollecitudine, grazie.
DUE MODESTE PROPOSTE
Ogni volta i "giornalisti" ci cascano, da perfetti boccaloni.Dagli albanesi assassini di Novi ai rom rubabambini di Borgaro - e sorvolo, per carità di patria, sulle bufale da web riprese in pompa magna dai reporter del copia-incolla - i mastini dell'informazione non perdono occasione per riportare sulle loro gazzette (cartacee o web che siano), senza il minimo spirito critico, le versioni spacciate dai questurini e dai sedicenti protagonisti di episodi quantomeno poco chiari, e pertanto suscettibili di una valutazione professionale approfondita. Salvo poi, l'indomani, scrivere sugli stessi giornali il rituale "contrordine compagni"; senz'ombra di mea culpa e senza scusarsi non dico con le categorie danneggiate dalla "informazione" diffusa avventatamente, ma neppure con i lettori che, in sostanza, hanno pagato per un prodotto avariato.
E poi ci facciamo gran pipponi di convegni per capire come mai l'informazione è in crisi.
Una modesta proposta. Anzi, due
La prima, in positivo: l'Ordine colga l'occasione dei corsi di aggiornamento obbligatori per istruire le masse giornalistiche sul tema - per taluni inesplorato e misterioso - della verifica della notizia. E sulle modalità per riportare correttamente quelli che non sono ancora fatti acclarati. Non rispondetemi che c'è già il corso di deontologia. Qui non si tratta neppure di deontologia, ma di semplice funzionamento dei neuroni, sempre che siano presenti e attivi. Insomma, urge un ciclo di lezioni del tipo "Come smettere di bersele tutte". Capisco bene che si tratta di un vasto e ambizioso programma. Ma almeno provateci...
Seconda proposta. So bene che chi non fa non falla. E tutti, nella nostra vita professionale, abbiamo preso qualche cantonata. Ma chi regolarmente fa alla carlona, chi tocca la tastiera senza prima aver acceso il cervello, chi - tra i capi - pretende la notizia a sensazione senza se e senza ma, chi insomma butta giù con lieta noncuranza qualsiasi mappazzone, non solo danneggia la propria credibilità e quella del suo giornale: arreca in primis un vulnus grave alla professione. E io, se permettete, sono stufo marcio di essere assimilato a certi sanfasonnisti. Ma nemmeno posso continuare a dire in giro che suono il pianoforte in un casino, pur di non ammettere di essere (o essere stato) un giornalista. Quindi, sarebbe auspicabile che in certi casi limite l'Ordine intervenisse con un'accurata e onesta inchiesta che accerti se esistano gli estremi di leggerezza professionale, imperizia o (dio non voglia) dolosa volontà di mendacio. E se si dovessero accertare abusi o negligenze gravi, si proceda a irrogare (non "comminare": cerchiamo anche di spiegare una volta per tutte a questi "giornalisti" che "comminare" significa "minacciare", e non è sinonimo di "irrogare" o "infliggere"), si proceda a irrogare, dicevo, una sanzione logica, proporzionata, non eccessivamente afflittiva ma neppure all'acqua di rose. Due ore nell'angolo dell'asino, eventualmente (nei casi peggiori) in ginocchio sui ceci, potrebbero indurre il reprobo a comportarsi in futuro con maggiore avvedutezza.
Un'ultima nota. Questa non è una boutade. E' una seria richiesta all'Ordine dei giornalisti. In qualità di iscritto, è mio diritto farla. Ed è anche mio diritto ricevere una risposta. Con contese sollecitudine, grazie.
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